L’iniziativa, organizzata da Future Food Institute nell’ambito della EU Agrifood Week, è stata l’occasione per parlare di cibo, cultura, innovazione e tutela della biodiversità, mantenendo un occhio di riguardo alle misure strategiche per il settore agroalimentare e al ruolo dell’Europa e dell’Italia
Tradizione, innovazione, sostenibilità. Far intersecare questi tre elementi è uno dei compiti a cui è chiamato l’agroalimentare italiano. In altre parole, trovare un modello di sviluppo che attraverso soluzioni innovative risponda agli obiettivi posti dalla strategia europea Farm to Fork e dal Green Deal, rinsaldando allo stesso tempo il legame con il nostro immenso patrimonio culturale ed enogastronomico.
Di questo e di molto altro si è parlato a Pollica (provincia di Salerno) durante RegenerAction: quattro giorni di workshop sul campo e di incontri con decision makers, agricoltori e startup, per discutere delle sfide cruciali dell’agrifood. L’evento fa parate della EU Agrifood Week, iniziativa di dieci giorni (fino al 29 maggio) lanciata da Future Food Institute che toccherà diverse località in Campania.
La location non è affatto casuale: Pollica infatti, insieme al Cilento, è una delle sette comunità emblematiche della Dieta Mediterranea, dichiarata nel 2010 Patrimonio immateriale dell’Umanità dall’Unesco. In questo suggestivo borgo è stato fondato un anno fa, precisamente il 22 maggio (giornata mondiale della biodiversità), grazie alla collaborazione tra Future Food Institute, Comune di Pollica e Centro Studi Dieta Mediterranea “Angelo Vassallo”, il Paideia Campus.
Paideia Campus che ufficialmente è un polo internazionale per la formazione e la ricerca sul tema dell’ecologia integrale, ma che simbolicamente ospita – per usare le parole di Sara Roversi, presidente e fondatrice del Future Food Institute – “la casa dove connettere il mondo dell’innovazione e dell’agrifood con quelle che sono le nostre radici più profonde”.
“Forse dobbiamo riguardare un po’ alle nostre spalle, a chi ci ha preceduto, che già qui in Cilento, da 2500 anni, adottava un modello, uno stile di vita, un approccio, che aveva messo al centro l’equilibrio tra l’uomo e la natura, la tutela delle risorse e del paesaggio”, aggiunge Sara Roversi. “Uno stile di vita, la dieta mediterranea, che è diventato uno degli stili di vita sicuramente più sostenibili e più sani”.
Rigenerazione, una questione culturale
La crisi economica dovuta alla pandemia, a cui si sono recentemente aggiunte le crescenti tensioni geopolitiche legate al conflitto tra Russia e Ucraina, hanno posto il settore agroalimentare di fronte a una domanda: da dove si può e si deve ripartire? Una delle parole chiave è rigenerazione. Dei suoli, dei territori, delle comunità, ma anche dei valori morali.
La ripresa tanto agognata dai leader mondiali non può che avvenire nel nome della sostenibilità, del rispetto per l’ambiente e della giustizia intergenerazionale. Quest’ultimo punto, in particolare, è stato al centro dell’intervento di Anthony Bennett, Ceo e co-fondatore di Reboot the Future, organizzazione no profit con sede a Londra impegnata a promuovere la conoscenza dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’agenda Onu 2030 (i famosi SDGs).
L’attività dell’ong si poggia su quella che viene definita dai suoi fondatori Golden Rule, ovvero la regola d’oro: “tratta gli altri, e il pianeta, come vorresti essere trattato tu”. In altre parole, l’obiettivo è quello di riavviare (to reboot in inglese) il nostro sistema di valori morali, culturali e spirituali, proprio come se fosse un computer che si è impallato, al fine di consegnare alle future generazioni una società più equa e più sostenibile.
Anche il valore che diamo al cibo che mangiamo diventa quindi un elemento fondamentale. “Non c’è sostenibilità senza consapevolezza“, sottolinea Anthony Bennett. “Forse qui in Italia le cose vanno un po’ meglio e siete più attenti alla qualità del cibo, alla sua provenienza e a come viene prodotto. Ma vi assicuro che nel Regno Unito bisogna spiegare ai bambini perfino come crescono i pomodori“. A conferma del fatto che, per migliorare il sistema alimentare a livello globale, non possono mancare questi due ingredienti: innovazione ed educazione.