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M2d; Bi-Rex; Reset e Photo B-Otic sono quattro delle startup che hanno preso parte a Maker Faire e che partecipano al percorso di accelerazione di Joule
A Maker Faire, tra i più grandi eventi sull’innovazione, la robotica e l’intelligenza artificiale quest’anno accessibile esclusivamente in via telematica, c’era anche Joule, la scuola di Eni per l’impresa. Con percorsi gratuiti di alta formazione finalizzati alla creazione di impresa nel settore dell’economia circolare, della decarbonizzazione e della transizione energetica, Eni ha recentemente lanciato il suo nuovo programma di apprendimento.
Cos’è Joule
Joule rappresenta una grande opportunità per gli imprenditori del futuro nel campo dell’economia circolare ed Eni mette a disposizione la propria expertise al fine di perseguire i valori di integrazione, crescita sostenibile e sviluppo di una leadership consapevole. La mission di Joule è quella di sostenere nel proprio sviluppo chi vuole fare impresa e far crescere I’Italia in maniera sostenibile, con l’obiettivo di incidere positivamente sui processi di transizione energetica ed economia circolare, in linea con quanto portato avanti negli ultimi anni da Eni.
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Con percorsi di apprendimento che integrano esperienze imprenditoriali, competenze accademiche ed esperienze personali dei partecipanti, Joule si articola in due programmi: lo Human Knowledge Program, suddiviso nei percorsi Open, full-distance e accessibile a tutti, e Blended, che prevede lezioni in presenza e a distanza; ed Energizer, l’acceleratore di ecosistemi di Joule che supporta lo sviluppo di imprese sostenibili. Al programma di accelerazione, iniziato in ottobre, stanno partecipando alcune startup che hanno creato realtà nuove, sostenibili e innovative. Tra queste ci sono M2d; Bi-Rex; Reset e Photo B-Otic.
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Cosa prevede lo Human Knowledge Program Blended
Un programma di apprendimento della durata di sei mesi che si sviluppa sia in aula che a distanza, alla luce delle normative anti-Covid. Allo Human Knowledge Program Blended partecipano startupper di età compresa tra i 18 e i 39 anni; i cosiddetti “joulees”, che prendono parte a lezioni in presenza (compatibilmente con le disposiozini sanitarie attualmente in vigore) e da remoto per sviluppare le proprie competenze su temi quali: Context, mega trend, impacts; Idea validation, business model e value proposition; Customer experience, design thinking, prototyping; Economics & legal; Brand & digital marketing; Finance & crowdfunding; People management & collaboration; Strategic management, pm & execution; Communication skills; Digital platform & open innovation.
Il programma è stato sviluppato in collaborazione con l’Università Luiss; la MiP Business School del Politecnico di Milano; la Scuola Superiore Sant’Anna; l’SDA Bocconi; l’Università Federico II; la Fondazione Feltrinelli e Feltrinelli Education e la Fondazione Eni Enrico Mattei.
Chi sono le startup di Joule
Ambizione, innovazione, talento. Riassumendo, sono questi i requisiti delle startup che stanno prendendo parte al percorso di accelerazione di Joule, Energizer. Proiettate verso il futuro, durante i prossimi mesi queste realtà vedranno crescere il proprio business. Tra i team che hanno partecipato a Maker Faire ci sono M2d, la piattaforma innovativa di intelligenza artificiale, made in Sicilia, che aiuta a prevedere i guasti negli impianti fotovoltaici. Un prodotto che, per mezzo di tecniche data driven, permette di conoscere in anticipo quali problemi potrebbero verificarsi negli impianti con l’obiettivo di far risparmiare le aziende e prevenire interventi di manutenzione. La piattaforma è già in uso in paesi come Cile, Perù, Sudafrica e Grecia. Fornendo informazioni su possibili guasti che potrebbero manifestarsi su alcune componenti dell’impianto, si riescono a ottenere recuperi di efficienza che vanno dal 10 al 15%.
Creare cellulosa dai rifiuti è, invece, la mission di Bi-Rex, altra startup selezionata per partecipare al programma di apprendimento di Eni. Greta Colombo Dugoni e Monica Ferro, giovani ricercatrici del Politecnico di Milano e founder di Bi-Rex, producono biopolimeri a partire dagli scarti del riso e dai gusci dei gamberi. Un progetto che vede il riciclo di materiali di scarto come la trebbia dalla birrificazione, gli scarti del riso o i gusci dei gamberi, per ricavarne cellulosa o chitina completamente green e atossiche, pronte all’uso nel settore industriale. Bi-rex è stato progettato nell’ottica dell’economia circolare dando nuova vita agli scarti agricoli e di lavorazione di aziende agroalimentari che, altrimenti, andrebbero inceneriti o smaltiti con un alto costo di gestione, evitando anche processi estrattivi inquinanti, energivori e che utilizzano solventi tossici e pericolosi o reagenti chimici non ecocompatibili.
Reset è una startup laziale, nata nel 2015, che ha sviluppato una tecnologia in grado di produrre bioenergia offrendo un’alternativa rispetto ai tradizionali metodi di gestione di biomasse residuali. Progetta e costruisce impianti di gassificazione e produzione di energia alimentati da biomasse organiche di scarto con SyngaSmart, una tecnologia carbon-negative sviluppata dai componenti del team in grado di produrre bioenergia e immagazzinare CO2.
La mission di Reset è quella di offrire una soluzione innovativa di valorizzazione energetica e smaltimento on-site di biomasse, riducendo gli impatti ambientali e creando valore per gli operatori e la collettività. Sono partiti in 6, adesso sono in 60. Nel team ci sono: saldatori, elettricisti, motoristi, ingegneri. La loro tecnologia è stata oggetto di 3 brevetti e un know-how proprietario che comprende tutti gli aspetti di automazione, informatica, software e controllo remoto. La loro ultima sfida è quella dello smaltimento dei fanghi. Un impegno che porteranno avanti anche con Eni Joule.
Una tecnologia innovativa per far crescere meglio e più rapidamente le microalghe, importanti per molti settori tra cui quello dell’energia. È il progetto di Photo B-Otic che ha attirato l’attenzione di Eni. Startup torinese specializzata in ricerca e sviluppo nel settore delle biotecnologie, Photo B-Otic si occupa della fissazione della CO2 con microalghe e luce artificiale contribuendo alla decarbonizzazione e all’economia circolare dato che la CO2 recuperata viene utilizzata per la produzione di farina algale per mercati alimentari, nutraceutici e di bio‐olio utilizzabile come materia prima nelle bio‐raffinerie. Una giovane società in crescita composta da biologi, biotecnologi e ingegneri, che in collaborazione con il dipartimento DIATI del Politecnico di Torino, porterà avanti il suo progetto anche insieme ad Eni.