Confcommercio stima che l’ultimo Dpcm provocherà 1,6 miliardi di euro di consumi in meno e 306mila lavoratori costretti a casa
A partire da domani, una parte consistente del Paese, quella cinta dall’Area rossa, tornerà a serrarsi in un lockdown molto simile a quello di marzo. Ma anche le regioni coperte dall’Area arancione e gialla saranno interessate da restrizioni tali da comportare la chiusura di molte attività economiche.
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Secondo i dati di Fipe – Confcommercio, con le novità introdotte nel Dpcm del 3 novembre sospenderanno l’attività di circa 90mila pubblici esercizi, il 27% del totale, con 1,6 miliardi di euro di consumi in meno e 306mila lavoratori costretti a casa. In realtà saranno persino di più, perché questi numeri si riferiscono alle sole Regioni coperti dall’Area rossa, dove verranno applicati i provvedimenti maggiormente restrittivi.
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“Quello che si sta abbattendo sulle imprese della ristorazione è un vero e proprio tsunami – sottolinea la Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi – Come testimoniano i dati del registro delle imprese del settore camerale, infatti, la situazione dei pubblici esercizi era già drammatica prima dell’ultimo provvedimento, con 10mila imprese in meno tra marzo e ottobre 2020, rispetto allo scorso anno. È dunque quanto mai necessario ampliare la dotazione economica del decreto Ristori e far fronte alle ulteriori criticità che si andranno a creare nelle zone rosse e arancioni”.
“Parallelamente – prosegue Fipe-Confcommercio – è indispensabile siglare un patto con il sistema bancario. Oggi le nostre imprese vengono percepite come poco affidabili e questo rischia di compromettere anche le misure di sostegno al credito messe in campo dal governo. Ecco perché non c’è più un minuto da perdere: senza un’iniezione immediata di liquidità, l’ecatombe imprenditoriale e occupazionale rischia di diventare irreversibile”.