In serio pericolo 12 mila dipendenti, oltre 17 mila risparmiatori e la società stessa. Cosa farà il governo?
Le sorti di Atlantia e ASPI non sono mai state tanto in bilico come oggi, con il governo chiamato finalmente a esprimersi sulla revoca della concessione. Le parole del premier di ieri lascerebbero intendere che la decisione sia stata già presa, ma il dossier Autostrade ha insegnato ad attenderci colpi di scena quando meno ce lo aspettiamo, perciò la partita potrebbe ancora essere aperta o riservare sorprese d’altro tipo…
Cosa ha detto Conte
“Sarebbe davvero paradossale – ha detto ieri Conte – se lo Stato entrasse in società con i Benetton. Non per questioni personali, che non esistono, ma per le gravi responsabilità accumulate dal management scelto e sostenuto dai Benetton nel corso degli anni fino al crollo del Morandi e anche dopo”. Parole che sono bastate a far precipitare il titolo in Borsa, provocando il fuggi-fuggi degli azionisti.
La proposta di Autostrade
Sabato ASPI, vedendo concretizzarsi il rischio della revoca, aveva inviato al Ministero delle Infrastrutture una nuova offerta in cui sostanzialmente accetta tutte le richieste dell’esecutivo: scongelati gli investimenti (13,2 miliardi), varato un piano da 7 miliardi in manutenzione, destinati 3,4 miliardi a titolo di risarcimento a Genova, accettato di tagliare i pedaggi del 5% per i prossimi 5 anni e di far scendere i Benetton dall’88 al 49% così da rendere possibile, per mezzo di un aumento di capitale, l’ingresso dello Stato. I 5 Stelle però non amano l’idea di entrare nel capitale sociale assieme ad Atlantia, diventare cioè “soci dei Benetton” e continuano a insistere sulla revoca. Ma la revoca presenta incognite tanto per il Gruppo quanto per il governo: in caso di battaglia giudiziaria dall’esito assai incerto, entrambi gli attori potrebbero essere condannati a sborsare miliardi a titolo di risarcimento a favore della controparte.
Conte: “Offerta imbarazzante”
Ma la proposta di ASPI è stata bollata dal presidente del Consiglio come “imbarazzante”: “Sabato – ha spiegato Conte al Fatto Quotidiano – è arrivata una risposta ampiamente insoddisfacente, per non dire imbarazzante: tutto meno che un’accettazione piena e incondizionata delle richieste del governo”. Il presidente del Consiglio dovrà però motivare perché l’offerta di Atlantia non è all’altezza delle aspettative dato che ha accolto tutti i punti cardine fissati dal suo stesso esecutivo, senza eccezioni.
Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte
Rischio default da 19 miliardi
Ammonterebbe a circa 19 miliardi l’effetto default che l’eventuale revoca della concessione di autostrade potrebbe provocare: circa 10 miliardi sono i debiti che la mancanza di risorse dovuta alla riduzione della penale prevista dal Milleproroghe avrebbe su Autostrade per l’Italia mentre 9 miliardi sarebbe l’impatto a cascata su Atlantia. Si tratta di importi in gran parte detenuti da investitori istituzionali e grandi istituzioni finanziarie italiane ed europee. Ma ci sono almeno 750 milioni facenti capo a un prestito obbligazionario retail ASPI che è detenuto da 17.000 piccoli risparmiatori. Conte ha detto e ripetuto che non intende fare alleanze con chi prende in giro gli italiani e che la proposta di ASPI gli è parsa uno “scherzo”, ma anche la decisione sulla revoca non dovrà essere intesa dall’esecutivo come uno scherzo: tra azionisti e lavoratori c’è una platea di 40mila persone che rischia di andarci economicamente di mezzo.
La slavina cui potremmo andare incontro
Come paventato dallo stesso amministratore delegato di Atlantia, Carlo Bertazzo, in una intervista a Repubblica, l’articolo 35 del decreto Milleproroghe avrebbe un impatto di default perché mancherebbero le risorse per il pagamento di quasi 10 miliardi di debito complessivo. A cascata resterebbero scoperti 9 miliardi di debito di Atlantia (che controlla l’88% del capitale di Autostrade per l’Italia ed è garante inoltre di circa 5 miliardi di debito della controllata). L’ammontare di debito complessivo in default (oltre 19 miliardi) avrebbe serie conseguenze sui mercati obbligazionari e bancari: la maggior parte del debito è nel portafoglio di istituzioni europee come la Banca Europea per gli Investimenti e italiane come Cassa Depositi e Prestiti, Banca Intesa, ma anche banche, come Unicredit. Insomma, oggi il governo potrebbe iniziare senza accorgersene a fare rotolare quei proverbiali sassolini capaci di diventare valanghe dalla portata ignota…