Quali sono le linee guida a cui attenersi per produrre mascherine chirurgiche? Il Tecnopolo di Mirandola lo spiega in un tutorial su YouTube
Mascherine. Dispositivi di protezione adesso introvabili o, spesso, venduti “a peso d’oro”. Dispositivi che, prima di giungere al consumatore finale (che sia un cittadino, un operatore sanitario o chiunque altro), devono superare una serie di test che il produttore deve comprovare ancora prima di avviarne la fabbricazione.
Come previsto dal decreto-legge n.18 del 17 marzo, più noto come “Cura Italia“, prima di tutto, l’azienda produttrice deve essere in possesso della certificazione. Una volta pronta, questa va inviata all’Istituto Superiore di Sanità, dichiarando le caratteristiche tecniche delle mascherine e il rispetto dei requisiti minimi richiesti dalla norma europea 14.683 del 2019 e dei requisiti di biocompatibilità applicati ai dispositivi medici che rispondono alla norma europea UNI EN ISO 10993-1 del 2018.
Per agevolare questo lavoro e aiutare le tante imprese italiane che, di punto in bianco, hanno riconvertito la propria produzione per sostenere il Paese durante l’emergenza, il Tecnopolo di Mirandola (in provincia di Modena) lavora come consulente e tester H24. E non solo fisicamente, ma anche virtualmente, con dei videotutorial che ha reso disponibili a tutti, gratuitamente, sulla piattaforma Youtube.
“In questo tutorial indichiamo alle aziende quali sono i passi da compiere affinché un’eventuale futura produzione sia conforme alle linee guida fissate dall’Istituto Superiore di Sanità“, afferma Laura Aldovrandi, responsabile del comparto dedicato alla Finanza agevolata e alle Opportunità per l’Innovazione del Tecnopolo dedicato a Mario Veronesi.
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Come il Tecnopolo aiuta le aziende
Il Tecnopolo di Mirandola è divenuto un punto di riferimento per le certificazioni non solo in Emilia Romagna, ma in tutta Italia, accogliendo richieste e vagliando prodotti che, in questo momento, arrivano da tutto il Paese. “Sinora abbiamo avuto contatti con circa 250 aziende che richiedevano feedback e consulenza sui materiali con cui produrre le mascherine. Per l’80% si tratta di imprese del comparto tessile che chiedono se i tessuti che hanno a disposizione possono andare bene per produrre i dispositivi chirurgici di protezione individuale”, racconta a StartupItalia la dottoressa Aldovrandi.
Per ottenere la certificazione, si valutano diversi aspetti. Tra questi: l’identificazione e la tracciabilità dei materiali; il progetto; la realizzazione del prototipo; il test, realizzato dal Tecnopolo con la collaborazione di alcuni laboratori del territorio. Nel test vengono valutati: il carico biologico; la traspirabilità; la capacità filtrante e di protezione dagli schizzi; la citotossicità e l’irritabilità al contatto con la pelle. Infine, il produttore deve garantire anche un sistema di gestione della qualità del prodotto.
In questa prima fase di valutazione, il Tecnopolo di Mirandola supporta sia in qualità di consulente che di tester tutte le attività necessarie alla validazione.
Una volta superato questo primo step, qualora l’esito sia positivo, il “candidato-produttore” invia l’autocertificazione all’Istituto Superiore di Sanità. Nei 3 giorni successivi dovrà far recapitare all’ISS anche un dossier tecnico con tutte le informazioni utili alla validazione delle mascherine. Entro due giorni, l’Istituto si pronuncerà sull’esito. Qualora questo fosse negativo, l’azienda non potrà avviare la produzione o viceversa.
Come si lavora al Tecnopolo
“In questo periodo lavoriamo 7 giorni su 7, su turni per ridurre al minimo le occasioni di contatto – spiega la dottoressa Aldovrandi – Tra il 70% e l’80% delle richieste si trasformano, poi, in preventivi. Al momento, abbiamo una quarantina di mascherine in fase di testing in laboratorio. Il nostro compito, oltre a quello di vagliare, in un primo momento, il prodotto proposto, consiste anche nel garantire una consulenza telefonica. In questo modo, elaboriamo già uno screening a distanza, prima di effettuare i successivi test di efficacia, sicurezza e compatibilità dermatologica”.
Un impegno notevole ma necessario soprattutto in questo difficile momento storico, al fine di evitare che vengano immessi in circolazione dispositivi di protezione non idonei o non conformi alle normative vigenti.