A dirlo è l’Ufficio studi della CGIA che tra Inps, Inail, Ispettorato del Lavoro, Agenzia delle Entrate, Dogane e Monopoli, Guardia di Finanza, ASL, Vigili del Fuoco, Camere di Commercio, Autorità garante della Privacy ha contato 122 controlli potenziali
Se il tempo è denaro, gli imprenditori perdono parecchi soldi a causa di controlli e controllori. Non bastasse il tempo speso per stare dietro gli adempimenti burocratici richiesti dallo Stato, su ogni realtà medio piccola pendono oltre 120 controlli l’anno.
PMI sepolte dalla burocrazia dei controlli
Intendiamoci, nessuno qui sostiene che non si debbano fare i controlli e ispezionare le attività. Resta però da chiedersi se siano davvero necessari 122 controlli possibili in un anno posti in essere da 19 enti pubblici diversi. O se, come spesso accade, non si potrebbe razionalizzare tutto con ispezioni complessive magari anche più severe. A fornire questi numeri è l’Ufficio studi della CGIA di Mestre.
Leggi spesso contraddittorie
“Con un coacervo di norme spesso incomprensibili e in parecchi casi in contraddizione fra loro – ha fatto notare il coordinatore dell’Ufficio studi, Paolo Zabeo – qualsiasi imprenditore, soprattutto se piccolo, corre il pericolo di non essere mai in regola con la legge. Pertanto, l’ipotesi di un controllo viene vissuto dal titolare dell’attività come un incubo che rischia di gettare nel panico chiunque. Per superare questa situazione è auspicabile la riduzione del quadro normativo generale, rendendo altresì più semplici e comprensibili le leggi, i decreti, le ordinanze, le circolari e i regolamenti attuativi. Altrimenti, la forte discrezionalità che tutt’oggi beneficiano coloro che sono chiamati ad eseguire le attività ispettive non verrà mai meno. Dove è possibile, infine, va incrementato il numero dei controlli formali, cioè quelli eseguiti in remoto per via telematica”.
Inseguiti dai controllori
L’area ambiente e sicurezza nei luoghi di lavoro secondo la CGIA è quella in cui si concentra la maggior parte dei controlli. Gli analisti di Mestre ne hanno contati persino 60 e si parla solo di quelli principali in cui una PMI può incorrere durante l’anno. Le voci più a “rischio” riguardano la conformità/mantenimento dell’efficienza degli impianti (elettrici, idrici, gas, etc.), il rispetto delle norme sugli scarichi, sulla corretta gestione dei rifiuti e sulle misure antincendio. In tutte le circostanze sono 6 diversi enti che hanno specifiche competenze in materia di controllo.
Le più coinvolte sono le ASL/ULSS, l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale, i NAS, i NOE e la Polizia Municipale. Altrettanto “impegnative” sono la presenza e il rispetto delle prescrizioni riferite alle emissioni in atmosfera, gli obblighi formativi in materia di sicurezza sul lavoro, i piani di sicurezza e la valutazione dei rischi.
E poi il fisco
Ovviamente, seguono a ruota i controlli in materia fiscale. Nel 2018 sono stati effettuati:
- 520.878 controlli strumentali dalla Guardia di Finanza;
- 404.355 accertamenti ordinari e parziali automatizzati dall’Agenzia delle Entrate;
- ulteriori 106.798 verifiche e controlli dalla Guardia di Finanza;
- ulteriori 31.798 verifiche, controlli e accesso ai documenti da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Oltre a queste iniziative, l’Agenzia delle Entrate ha trasmesso 1.901.138 lettere per l’attivazione della compliance (richieste di chiarimenti su irregolarità riscontrate o potenziali). “Possiamo pertanto affermare – scrivono gli analisti della CGIA – che, salvo sovrapposizioni, i contribuenti “avvicinati” dal fisco sono stati 2,9 milioni e nella stragrande maggioranza dei casi questi soggetti erano titolari di una partita Iva (imprese, artigiani, commercianti, liberi professionisti, etc.).
Leggi anche: FMI: “Debito italiano troppo alto, servono riforme”
In merito all’intervento degli Ispettori del lavoro, dei Carabinieri per la tutela del lavoro e del personale Inps ed Inail, invece, l’anno scorso l’attività di vigilanza ha interessato complessivamente 164.655 aziende. Per quanto riguarda la filiera dell’alimentare, infine, sempre nel 2018 gli interventi dei NAS presso le aziende di questo comparto sono stati 31.479 a cui si aggiunge l’attività ispettiva nel settore della ristorazione (pizzerie, trattorie, bar, gastronomie, fast food, etc.), che ha interessato 11.954 attività.
Difficile per le nostre PMI essere competitive in ambito europeo e internazionale con una simile zavorra burocratica. Cui andrebbe aggiunto, peraltro, il tempo speso davanti agli sportelli. Sempre per la CGIA, rispetto a 20 anni fa, nel 2017 (ultimo dato disponibile), la coda negli uffici pubblici è idealmente aumentata di 19 persone. Se si considera che quasi un italiano su 2 lavora in microimprese (che in Italia sono 4,1 milioni e danno lavoro a quasi 7,6 milioni di persone, il 44,5 per cento del totale) e che nessun imprenditore ha il dono dell’ubiquità, se si è in coda non si può contemporaneamente essere sul posto di lavoro. Tutto tempo sprecato che incide sul fatturato e che pare persino in contrasto con l’articolo 41 della Costituzione sulla libera iniziativa economica, dato che la burocrazia sembra fare di tutto per ostacolarla.