Immersi in una crisi epocale, il mondo del lavoro sta disegnando nuovi orizzonti e nuovi confini. Cosa fare per non trovarsi impreparati?
La pandemia ha cambiato tutto: abitudini, stili di vita, spazi e, in primis, il lavoro. Lo smartworking ha vissuto una crescita esponenziale portando con se vantaggi e svantaggi del lavorare tra le mura domestiche, all’interno di spazi condivisi, assieme alla famiglia. «L’emergenza sanitaria ha completamente ribaltato il paradigma del modo di lavorare, richiedendo nuove competenze – ha affermato Silvia Zanella, manager e autrice, durante l’evento “Il Futuro del Lavoro” alla Milano Digital Week – Si investirà sempre di più in quelle che vengono definite “soft skills“, nel lavoro agile e nell’intelligenza artificiale». Che cosa è cambiato, dunque, e che cosa cambierà?
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Immersi in un tempo e uno spazio che cambia
A cambiare non sono stati soltanto gli spazi, ma la stessa concezione del tempo, degli orari di lavoro. «Il tempo è l’unica risorsa scarsa che abbiamo – spiega Chiara Bisconti, presidente di Milanosport – Finora i ritmi venivano scanditi dagli orari di lavoro, dalla stessa società. Con lo smartworking anche questa nozione è stata messa in discussione. All’interno di quello che viene definito “lavoro agile”, il tempo è concepito in modo individuale. E questo implica un vantaggio se guardiamo al fatto che adesso scandiamo le giornate sulla base delle nostre esigenze. Anche se lo smartworking, ora, fa un po’ paura perché si è andato affermando drasticamente all’interno della nostra quotidianità, in realtà dovremmo pensarlo come un’evoluzione. Ci troviamo dinanzi ad una crisi epocale che, come tutte le grandi crisi, impone dei notevoli cambiamenti».
All’interno delle nostre quattro mura che, oggi, viviamo come prigione e rifugio, cosa ne sarà del ritorno in ufficio? E come avverrà? “L’idea di tornare a condividere uno spazio chiuso con il nostro team di lavoro da un lato ci preoccupa ma, dall’altro, ci appare come un ritorno a quella che era la nostra normalità prima del Covid – ha affermato Arianna Visentini, CEO di Variazioni – Secondo la mia opinione, la consapevolezza è il motore che deve insegnarci a gestire le nostre libertà”.
L’intelligenza artificiale non ruberà il lavoro
Un altro tra i tanti interrogativi al centro del dibattito di oggi è quello sul rapporto uomo-tecnologia. Una tecnologia che, alla velocità della luce, ha cambiato i rapporti umani, sociali, in un modo che viene definito “disruptive” e che ci ha permesso di continuare a lavorare, vederci anche se a distanza, rimanere in contatto. “Il binomio uomo-macchina è sempre più improntato alla collaborazione – ha detto Emanuela Girardi, founder di POP Ai – L’intelligenza artificiale non ruberà posti di lavoro, anzi ci saranno nuove opportunità e ci sarà bisogno, sempre più, di nuove competenze digitali. Pensiamo, ad esempio, alla figura del social media manager: 30 anni fa non esisteva”.
Le competenze del lavoro del futuro
«I nuovi lavori saranno sempre più incentrati su quelle che vengono chiamate “soft skills“, che diverranno le competenze del futuro», afferma la founder di POP Ai. Ma cosa si intende esattamente con questo termine? «Le “soft skills” includono la capacità di risolvere i problemi, la volontà di essere sempre pronti a imparare qualcosa di nuovo, lo spirito di iniziativa – continua Girardi – Saper gestire e utilizzare le nuove tecnologie ed essere in grado di automatizzare certi processi faranno la differenza».
“Sapere di non sapere“, continuare a imparare, con la consapevolezza che stiamo vivendo in un mondo che è in continua evoluzione sembrano essere le chiavi per affermarsi nel lavoro. Una continua evoluzione a cui, però, segue un sistema che, per certi aspetti, ancora non è pronto. “Si dovrà investire sempre di più in formazione, intesa come sviluppo di nuove qualifiche e formazione continua; in informazione sulle nuove figure professionali richieste e sui nuovi diritti dei lavoratori perché è certezza che alcuni posti di lavoro si sono persi; in mobilità, con uno sguardo al mercato internazionale e ai nuovi assetti globali che si stanno affermando – afferma Lucia Valente, professore di Diritto del Lavoro dell’Università La Sapienza – Essere a conoscenza dell’evoluzione dei mercati, di opportunità e prospettive nel contesto europeo sarà una prerogativa imprescindibile per i lavoratori del domani”.
Nuove politiche governative all’ordine del giorno
In tutto questo grande cambiamento, anche le politiche del lavoro andranno ridefinendosi e tratteggeranno nuovi confini. “Si deve pensare ad un unione di forze in un momento molto complesso – conclude Silvia Zanella – Oggi la soglia di povertà è aumentata del 2% in Italia. Essere consapevoli del mondo che cambia, del fatto che la ricerca del lavoro e le posizioni lavorative ricoperte già oggi sono completamente differenti rispetto a quelle dei nostri genitori è un passo in avanti. E’, dunque, necessario sia un cambio di approccio e mentalità che nuove politiche governative a supporto di questo grande cambiamento”.
Una nuova organizzazione sarà necessaria. “Dovremmo dotarci di nuovi strumenti di Welfare, soprattutto in sostegno alle donne, che oggi stanno pagando un prezzo altissimo per questa crisi”, dice Arianna Visentini. Un esempio di buon Governo è quello finlandese, ad esempio, che, non a caso, è stato eletto dal United Nations Sustainable Development Solutions Network, per il terzo anno consecutivo, il Paese più felice del mondo. “In Finlandia si insegnano ad utilizzare strumenti digitali a tutti i cittadini, migliorandone le competenze“, afferma Emanuela Girardi.
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Nuove politiche, meno burocrazia, consapevolezza e investimenti in digitale e competenze tecnologiche saranno, dunque, gli elementi centrali in quel mondo del lavoro del futuro che già oggi sta disegnando nuovi orizzonti.