Alla fine la proverbiale goccia che ha fatto traboccare il vaso sembra essere stata la «Big, beautiful bill» come l’ha chiamata Donald Trump, ovvero la legge di Bilancio, che per Elon Musk «compromette» invece il suo lavoro svolto fin qui come capo del neonato Dipartimento per l’Efficienza Governativa (DOGE), portato avanti licenziando migliaia e migliaia di persone, recidendo norme ritenute inutilmente dispendiose e chiudendo interi uffici e dipartimenti.
Perché Musk lascia il DOGE?
Ma nella realtà dei fatti Musk e Trump erano ormai separati in casa (Bianca) da parecchio tempo: i primi dissidi avevano riguardato i dazi, con l’ex startupper che aveva più volte ribadito la propria contrarietà a una misura che, inutile dirlo, colpiva anzitutto i suoi affari (la principale fabbrica Tesla è in Cina, a Shanghai).

Gli ultimi, in ordine di tempo, che hanno fatto battibeccare i due si innestano invece sulla decisione del presidente Usa di bloccare l’iter di ammissione di studenti stranieri nelle università americane, anche questa criticata pubblicamente dall’imprenditore divenuto via via sempre più ingombrante per il tycoon. Non a caso proprio Trump aveva rassicurato i suoi già due mesi fa dicendo che Musk se ne sarebbe «andato presto».

Oltre agli screzi con Trump, le sbandate di Tesla
E i pessimi conti di Tesla (che nel 2024 ha visto i ricavi flettersi del 6% rispetto agli 82,4 miliardi registrati nel 2023, l’utile netto attribuibile agli azionisti scendere a 8,4 miliardi, con un calo del 23% rispetto ai 10,8 miliardi dell’anno precedente mentre le spese operative sono aumentate a 10,3 miliardi di dollari, per un +18%) sembrano aver fatto il resto.
Azionisti e CdA avevano richiamato Musk a gestire con maggiore responsabilità l’azienda, in discesa libera pure sui mercati e una cedola che all’inizio del 2025 era già dimagrita di circa il 45% sull’anno precedente. E l’ex startupper non aveva potuto sottrarsi: «Probabilmente il mese prossimo – aveva detto il 23 aprile – il tempo che dedicherò al Doge diminuirà significativamente», la sua promessa/rassicurazione rivolta al mercato. Ma con ogni probabilità nemmeno lui si aspettava l’addio maturato nel frattempo e arrivato infine quest’oggi, ovviamente tramite il suo account sulla sua piattaforma social X.
E c’è chi è pronto a scommettere che quando aprirà la Borsa statunitense il titolo dell’auto elettrica texana sarà il primo a scattare in territorio ampiamente positivo.

La strana coppia è davvero al capolinea? Forse no
Certo, per Musk sarà più difficile ora provare a controllare Trump a proprio vantaggio (suo e delle sue innumerevoli aziende). Ma l’uomo più ricco del mondo resta comunque il contribuente più generoso della campagna elettorale di Trump (c’è chi è arrivato a contare l’astronomica cifra di 250 milioni di dollari). Sarà dunque difficile per il tycoon ignorare completamente le istanze dell’ex coinquilino alla Casa Bianca. E molti rapporti, si sa, rifioriscono grazie alla lontananza. O ai soldi.