In collaborazione con |
Coltura chiave per il Made in Italy, fornisce il mangime a mucche e maiali da cui si ricavano le principali Dop italiane. Negli anni gli investimenti in ricerca e sviluppo hanno reso possibile una coltivazione sempre più tecnologica che mira alla produttività e alla sostenibilità
Per la maggior parte degli italiani il mais è quello che si mangia nell’insalata o che viene utilizzato per preparare la polenta. Eppure solo una minima parte del granturco coltivato ha questa destinazione. La maggior parte invece viene utilizzata per produrre mangimi destinati agli allevamenti di mucche e maiali, che sono alla base delle principali Dop italiane.
Sino a pochi anni fa l’Italia era una superpotenza in fatto di mais e gli agricoltori nostrani riuscivano a coprire l’intero fabbisogno nazionale. Una risorsa strategica per il Made in Italy che così si poteva rifornire internamente delle materie prime necessarie senza doversi rivolgere all’estro, con tutti i problemi che questo comporta.
Negli ultimi 20 anni però la superficie coltivata si è quasi dimezzata, arrivando nel 2021 a 590 mila ettari. Un crollo di quasi il 50% dovuto principalmente ai cambiamenti climatici, che hanno reso la Pianura padana un ambiente meno favorevole alla coltivazione. Basta guardare alla perdurante siccità di questo 2022 per capire quanto il surriscaldamento globale abbia influito negativamente sul comparto.
L’Italia non può tuttavia rinunciare al mais e dunque negli anni sono stati ingenti gli investimenti per lo sviluppo di tutti quegli strumenti che possono mettere gli agricoltori nelle condizioni di tornare a produrre mais.
L’importanza della ricerca
Proprio nel cuore della Pianura Padana, in provincia di Cremona, è situato il sito di Casalmorano, una delle realtà più importanti in Italia e nel bacino del Mediterraneo per Syngenta, uno dei principali gruppi dell’agribusiness a livello globale. La struttura vanta una lunga tradizione di ricerca, sviluppo e produzione di ibridi di mais per i mercati di tutto il sud Europa, il nord Africa e non solo.
“Il sito produttivo e centro di ricerca di Casalmorano, che ha alle spalle una storia di oltre 60 anni, copre oltre 30mila metri quadri, comprendendo 1.600 ettari di terreno seminato e occupando circa 120 dipendenti l’anno compresi gli stagionali”, ci racconta Alessandra Lazzari, giovane ingegnere responsabile dal 2021 del sito produttivo di Syngenta.
“Il plant si è da sempre distinto per l’eccellenza delle attività di R&D e produzione sementi, rappresentando un esempio di come attività di ricerca, commerciali, ambientali e sociali possano integrarsi con successo a beneficio del territorio in cui Syngenta opera. Grazie infatti all’elevata tecnicità sementiera della nostra azienda e alla sua dotazione di un’attrezzatura moderna e specifica per rispondere a tutte le esigenze della coltivazione, da anni siamo impegnati nel sostegno della maiscoltura italiana per supportare i produttori nell’ottenimento di una profittabilità per una delle colture più strategiche del Made in Italy agroalimentare”.
Foto di muhammad aamir akhter da Pixabay
La genetica del mais, la migliore tecnologia
Se mettiamo a confronto una spiga di mais (la cosiddetta pannocchia) selvatica e quella di una moderna varietà le differenze sono abissali. Gli attuali ibridi di mais hanno infatti potenzialità produttive elevatissime e forniscono semi di qualità e sanità elevati indispensabili per sostenere l’industria mangimistica.
Oggi tuttavia questa coltura si trova a dover far fare i conti con i cambiamenti climatici. Questo significa meno acqua e temperature molto elevate. Un’accoppiata che in questo 2022 ha fatto crollare le produzioni in tutta la Pianura Padana. L’esigenza è dunque quella di selezionare nuove varietà che siano resilienti al climate change e i team di ricercatori sono già al lavoro per poter rispondere al meglio anche a questa sfida.
“Per quanto riguarda la ricerca e il miglioramento genetico del mais, questi ultimi anni sono incredibili e interessantissimi per l’enorme sviluppo, tecnologico e scientifico, che si è verificato. Alla ricerca di nuovi ibridi concorrono breeders, agronomi, patologi, data scientists, esperti in intelligenza artificiale e computer vision, statistici, esperti di laboratorio e preditions”, racconta Giovanni Della Porta, responsabile del breeding per il Sud Europa di Syngenta.
“Attualmente il nostro lavoro è diventato veramente di squadra, dove competenze diverse si mettono insieme per servire al meglio e nel modo più sostenibile possibile gli agricoltori. Passiamo ancora moltissime ore in mezzo ai campi, ma oggi siamo aiutati da tantissime tecnologie avanzate che sono diventate fondamentali per poter sviluppare prodotti con sempre più precisione e sempre migliori”.
A sinistra un progenitore del mais moderno. A destra una ‘pannocchia’ frutto del miglioramento genetico.
Fonte foto: Martin Uribelarrea
Sensori e IA al servizio dell’irrigazione
Se da un lato i ricercatori stanno selezionando piante in grado di gestire al meglio la carenza idrica, dall’altro si sta provvedendo anche a sviluppare sistemi di irrigazione di precisione che siano in grado di fornire la giusta quantità di acqua alle piante senza sprecarne nemmeno una goccia.
“Sono ormai alcuni anni che in azienda utilizziamo l’irrigazione a goccia. Questo sistema ci permette di risparmiare una percentuale importante di acqua rispetto ad una irrigazione tradizionale e soprattutto ci assicura ottime produzioni in quanto il mais ha sempre a disposizione acqua quando ne ha bisogno”, spiega Giampietro Sabbatani, direttore generale della cooperativa Cab Massari di Conselice (Ravenna).
L’irrigazione a goccia prevede infatti di srotolare lungo la fila delle piante delle micro tubazioni in plastica che rilasciano goccia dopo goccia quantità controllate di acqua proprio in corrispondenza delle radici del mais, che così è in grado di assorbirle con grande efficienza. Certo, l’utilizzo di questa tecnologia comporta l’impiego di plastica, che tuttavia viene riciclata per dare vita a nuove tubazioni.
Per sapere quando irrigare ci sono poi in commercio diverse soluzioni che si basano ad esempio sull’utilizzo di sonde nel terreno per monitorare l’umidità del suolo e di algoritmi che sfruttano anche l’intelligenza artificiale e sono in grado di suggerire all’agricoltore il momento migliore per irrigare.
Foto di Albrecht Fietz da Pixabay
La difesa del mais arriva dal cielo
Per difendere le piante di mais da insetti e funghi è indispensabile l’impiego degli agrofarmaci, erroneamente definiti pesticidi. Ma si stanno anche affermando metodi di controllo alternativi, ad esempio attraverso l’impiego di insetti antagonisti.
Il contoterzista cremonese Rossano Remagni Buoli, ad esempio impiega i droni per il rilascio in campo di capsule biodegradabili contenenti uova di Trichogramma brassicae, un imenottero che parassitizza le uova di piralide, una farfalla che può causare seri danni alle piante di mais.
“Il drone sorvola il campo e rilascia in maniera omogenea, secondo un programma di volo prestabilito, le capsule contenenti l’insetto buono”, ci spiega Buoli. “Quando le uova si schiudono fuoriescono gli esemplari di T. brassicae che a loro volta depongono le proprie uova in quelle di piralide, uccidendole”.
Il drone utilizzato per la distribuzione degli insetti buoni – Fonte foto: Rossano Remagni Buoli
Oltre ai danni diretti, causati dalle gallerie scavate nella pianta, la piralide è dannosa anche perché apre la strada a funghi che sviluppandosi sui tessuti danneggiati producono delle tossine pericolose per l’uomo.
Gli agricoltori possono contrastare lo sviluppo di tali funghi grazie all’impiego di varietà geneticamente resistenti, evitando alle piante stress (come la carenza di acqua) e coltivandole in maniera corretta.
Anche su questo fronte il digitale viene in soccorso dell’agricoltore. MicotAP è un progetto (finanziato da Regione Veneto) che prevede lo sviluppo di una app che aiuti l’agricoltore a prendere le decisioni migliori. Inserendo i dati relativi ai propri campi, il sistema suggerisce la gestione ottimale per scongiurare lo sviluppo di funghi.
Il digitale a fianco degli agricoltori
Le piante di mais crescono oltre due metri in altezza e per un agricoltore è quasi impossibile sapere quello che accade all’interno di un campo. Il rischio concreto è che eventuali problemi, come l’attacco di insetti o la carenza di acqua, vengano scoperti quando ormai è troppo tardi.
Per permettere agli agricoltori di sorvegliare i propri campi Syngenta ha sviluppato Cropwise Imagery, un servizio digitale che grazie all’analisi di immagini satellitari permette di elaborare degli indici di vigore che danno una idea all’agricoltore dello stato di salute delle piante. E così se in un’area di campo la mappa digitale segna una zona in difficoltà, l’operatore può andare a colpo sicuro, facendo un sopralluogo.
Fonte foto: Syngenta
A disposizione dei maiscoltori c’è anche Seed Selector, che consente all’agricoltore di identificare il migliore ibrido di mais per il proprio campo. Uno stesso ibrido di mais infatti può comportarsi in maniera molto differente a seconda della tipologia di terreno in cui cresce o al microclima locale. Seed Selector non fa altro che incrociare i dati sulla posizione dell’azienda agricola con i risultati di performance dei diversi ibridi nelle varie condizioni di campo per poi fornire un consiglio di semina.
Il mais sulla strada verso la sostenibilità
Il mais è una coltura strategica a livello globale in quanto è alla base dell’alimentazione umana e animale, ma fornisce anche la materia prima per un gran numero di industrie, come quella dei biocarburanti. La sua coltivazione è dunque una attività strategica e per questo enti pubblici e privati stanno investendo per renderla più produttiva e sostenibile.
Il miglioramento genetico, gli strumenti digitali e le tecniche di coltivazione sono i tre capisaldi su cui sta lavorando l’intero comparto. Perché avere campi sani e produttivi significa ottenere più cibo, sprecando meno risorse. Un obiettivo fondamentale per un Pianeta che nel 2050 conterà circa dieci miliardi di persone.