Secondo una ricerca, la lettura sviluppa una grande abilità nel connettersi alle emozioni altrui. Soprattutto se si legge narrativa
La lettura fa bene. Non è solo una frase fatta, uno di quei modi di dire popolari. Ora è la scienza a confermarlo: chi legge diventa più sensibile, sviluppa più empatia, riempie l’io di buoni valori da spendere con gli altri. Ad affermarlo è Raymond Mar, psicologo alla York University in Canada e Keith Oatley, docente di psicologia cognitiva all’Università di Toronto che hanno condotto degli studi secondo i quali chi prende in mano un libro ha una spiccata abilità nel connettersi alle emozioni altrui. Non solo. I due ricercatori americani hanno osservato che sono soprattutto i libri di narrativa a far nascere negli individui questa sensibilità e capacità a connettersi alle emozioni altrui. Il motivo è presto detto: chi legge compie uno sforzo cognitivo entrando nella psiche dei personaggi che animano il testo. Chi di noi, infatti, sentendosi leggere “Pinocchio” da piccolo non ha provato ad immaginare un dialogo con quel burattino di legno?
Quando si inizia a leggere un libro si apre anche la porta della propria testa, si fanno entrare i personaggi, si interagisce con loro, ci si immagina parte di quella storia. In questo modo, spiegano gli psicologi, si sviluppa una spiccata abilità nel relazionarsi con chi ci sta attorno. Basta pensare che Giovanni Falcone da piccolo era un appassionato lettore dei “Tre moschettieri” per comprendere la tesi degli scienziati americani. Un altro dato sul quale riflettere è questo: è la lettura sulla carta e non sul web a creare una maggiore interazione. La soglia di concentrazione, a detta della ricerca, è minore per chi legge un libro online piuttosto che sulla carta. Quest’ultima svilupperebbe precise aree del cervello che ti permettono di immaginare una determinata scena dove si entra in gioco.
Va detto, tuttavia, che la realtà è un’altra: secondo uno studio condotto dalla Gran Bretagna National Literacy Trust, su 34.910 giovani tra gli 8 e i 16 anni, il 39% dei ragazzi legge su dispositivi elettronici mentre soltanto il 28% legge libri cartacei. Il vero problema resta quello di stimolare la lettura. Chi conosce i bambini sa che il verbo leggere non andrebbe mai declinato all’imperativo come ci ricordava Gianni Rodari.
Il compito di un buon insegnante ma anche di un padre o di una madre che hanno a cuore l’educazione dei propri figli è quello di stimolare la loro curiosità, di avvicinarli al libro senza imposizioni.
Serve attrarli, interessarli tenendo conto delle varie fasce d’età e scegliendo il libro giusto per ogni bambino. Certo è che va creato il contesto: una classe senza un libro in aula non potrà mai aiutare nessun bambino ad avvicinarsi alla lettura solo attraverso il sussidiario così come una casa senza una libreria o un paese senza una biblioteca che apra le porte ai lettori più giovani promuovendo iniziative che li coinvolgano. Rilanciare la lettura può servire a tutti, per migliorare le nostre relazioni, per alfabetizzare i sentimenti dei ragazzi. Un buon libro aiuta la mente e il cuore.