Il progetto nato in seno a Impact Hub Bari torna ad accelerare il programma di formazione Impresa in Azione
In principio c’erano le startup e gli incubatori, i programmi di accelerazione e le buone idee da finanziare e far crescere. Ma il sistema economico evolve sempre più rapidamente e i programmi di incubazione non bastano più, le idee da sole non si sviluppano e, pian piano si è arrivati alla consapevolezza di dover lavorare non tanto sui business plan quanto sulle persone. E da qui che secondo Diego Antonacci, co-founder di Impact Hub Bari, bisogna ricominciare.
Antonacci e i suoi colleghi co-founder del co-working puglise, Monica Del Vecchio e Giusy Ottonelli, hanno così dato vita al progetto Sprint che, dopo una prima edizione di test, anche per il 2019 avrà il suo ruolo nel progetto Impresa in Azione, il più diffuso programma di educazione imprenditoriale nella scuola superiore inserito tra le esperienze di Alternanza Scuola-Lavoro riconosciute dal MIUR e sviluppato in tutta Italia da 15 anni da Junior Achievement Italia.
“Sprint è frutto dell’esperienza fatta in Impact Hub – spiega Antonacci -. Dallo scenario osservato attraverso la nostra iniziativa abbiamo capito cosa serve al territorio e abbiamo messo insieme tre pezzi di questo mondo, che dovrebbero essere allineati ma non lo sono: imprese, mondo del lavoro e formazione”.
Formatosi presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Bari, Antonacci vede Sprint come un ponte. “Nella nostra idea, vuole diventare un luogo dove coltivare talenti, conoscenze e professionalità. In questo modo potremo fornire personale altamente qualificato e quindi in linea con quello che serve alle aziende”.
Secondo il co-fondatore di Impact Hub Bari il problema è che non bisogna più dare solo importanza alle startup perché nel futuro non ci saranno solo imprese: qualcuno ci dovrà lavorare. Per questo è importante iniziare a formare i futuri lavoratori, imprenditori e professionisti sin dalla più tenera età.
A chi si rivolge Sprint
Sprint si rivolge agli studenti delle elementari per arrivare fino ai professionisti, passando per scuole medie, superiori e università. L’obiettivo: sviluppare un approccio positivo al digitale e la competenza necessaria nel mercato futuro del lavoro.
Gli studenti possono apprendere i primi concetti sulla computazione e robotica, oppure – orientati al programma alternanza scuola lavoro – si lavora insieme ai docenti formati per il programma, a prototitpazione di idee di impresa.
Obiettivo: sviluppo hard e soft skill
“Si elabora un business concept: gli ottanta progetti presentati vengono valutati durante una fiera di settore regionale da giudici scelti tra imprenditori, manager e professionisti. Dieci di questi vengono scelti per un pitch e alla fine ci sono solo due vincitori, che si sfidano a livello nazionale”.
“È una forma diversa di alternanza scuola-lavoro: questi progetti sviluppano hard skill, ma soprattutto soft skills, cruciali nel mercato del lavoro”.
L’impegno di Sprint è trasversale e offre un ampio ventaglio di occasioni di formazione a cui tutti possono accedere. Ad esempio, agli studenti universitari è dedicato il master in digital marketing (“aumenteremo l’offerta di master full immersion alternativi ai percorsi universitari tradizionali, – promette Antonacci – offrendo formazione allineata al mondo del lavoro”).
Tra le iniziative è da ricordare anche Hackathon, una maratona riservata agli hacker, e Startup Weekend, “entrambi eventi pensati per sviluppare soft skills in professionisti e studenti. Quest’anno avremo sul palco anche un ragazzo di 13 anni nel team che ha vinto l’edizione 2018, un vero genio”.
I ragazzi incontrati grazie a Sprint 2018 sfatano un mito senza tempo: quello dei giovani sempre più stupidi e nullafacenti. Secondo Antonacci il merito è anche dei docenti che seguono queste iniziative, si fanno formare e partecipano attivamente. “I docenti che lo fanno tanto per fare, ottengono risultati in linea con questo tipo di impegno. Ho visto ragazzi molto smart, con soft skill già sviluppate e che hanno sfruttato questa iniziativa per emergere”, sottolinea Antonacci.
Come funziona Sprint in Impresa in Azione
Sprint, che resta un progetto indipendente da Impact Hub Bari, prende parte al programma Impresa in Azione, organizzando l’adesione delle scuole, formando i docenti nella loro struttura. “Qui spieghiamo cosa fare durante l’anno, li formiamo sugli strumenti da utilizzare”.
Poi iniziano gli incontri con i ragazzi: “gli spieghiamo concetti come funziona il business model canva. Gli facciamo incontrare ragazzi che fanno già startup e che possono insegnargli come superare determinate difficoltà”. Sprint offre anche supporto da remoto a scuola e affianca alle classi dei dream coach, professionisti volontari che accompagnano i docenti e le classi in questi lavori.
Un esempio di sostenibilità anche questo, secondo Antonacci: le aziende del futuro infatti non dovranno solo rispettare il pianeta e lavorare per rimediare ai danni fatti in precedenza. È necessario anche agire sul give back verso il territorio, dove le aziende ricambiano l’impegno dei lavoratori con formazione e sviluppo interni ed esterni. “Come un albero, l’azienda ha delle radici: se curi bene il terreno, l’albero continua a crescere meglio”.
Imprese e scuole: cosa non funziona
La scuola resta il luogo più importante in cui formarsi, ma sembra non riuscire mai ad allinearsi alle imprese. “La lentezza è fisiologica – spiega Antonacci – si tratta di una struttura pesante, burocratica. Le realtà come Sprint affiancano questi percorsi. Grazie alle nostre attività possiamo avere una visione sul mondo più ampia e innovativa, soprattutto con uno sviluppo delle soft skill più accentuato”.
Da piccolo Diego Antonacci ha imparato a giocare a scacchi grazie un corso a scuola. Secondo lui corsi come questi sono un toccasana per le soft skill. “Si sviluppano e rafforzano con iniziative legate all’esperienza: bisogna cominciare a superare l’idea di formazione legata al libro, banco e studio. Non è più solo quello”.
Acceleratori d’impresa: cosa va cambiato
Il percorso dai banchi di scuola alle startup non è così lungo come sembra, ma col tempo il modello del rapporto tra imprese e acceleratori ha mostrato qualche criticità. “Uno dei problemi come ecosistema italiano, soprattutto in Puglia e nel Sud Italia, abbiamo è la carenza di fondi d’investimento – sottolinea Antonacci –. È un modello che va ripensato e rivisto: non possiamo scimmiottare l’idea di startup americana in Italia”.
“Dobbiamo ampliare l’orizzonte – spiega Antonacci -: non focalizzarci solo sull’accelerazione dell’impresa, ma sullo sviluppo delle persone. Cambiando la prospettiva e guardando a chi fonda le startup, a chi ci andrà a lavorare o a chi avvierà imprese private di consulenza”.
Incubatori di persone
Osservando le startup contemporanee, secondo Antonacci ciò su cui bisogna agire è la competenza, la competitività e l’affiatamento del team. “Per questo bisogna agire sulle persone e noi abbiamo deciso di partire dai più piccoli. Ci aspettiamo che i ragazzi che hanno fatto il digital camp 2018 seguano i nostri appuntamenti. Non bisogna più incubare le startup: bisogna passare all’incubazione delle persone”.