Matibatu è l’app di 4 studenti d’informatica che in 15 minuti, senza prelievo di sangue, riesce a individuare la malaria anche nello stadio iniziale. Una svolta che potrebbe aiutare le popolazioni rurali dell’Uganda e di altri paesi subsahariani
La malaria, una malattia che in Africa uccide cinquanta persone ogni ora. Un gruppo di intraprendenti studenti ugandesi della facoltà d’informatica e un’idea vincente. Questi gli ingredienti di Matibatu che in lingua swahili vuol dire “centro medico”, un’applicazione per smartphone in grado di diagnosticare la malaria senza ricorrere a prelievi di sangue. Niente più siringhe, insomma, e soprattuto la possibilità di individuare la malattia quando è ancora allo stadio iniziale, prima che si siano manifestati i sintomi. Trovare il modo per rendere veloce e meno invasivo lo screening della malaria è stato per anni il sogno di Brian Gitta, studente 25enne dell’Università Makarere in Uganda. Questo ragazzo la malaria la conosce bene. Da piccolo si è ammalato per la prima volta e poi l’ha contratta di nuovo: ancora aghi sulla pelle e tanta paura. Un trauma che si è portato con sé fino a quando, entrato alla facoltà d’informatica, ha deciso di inventare uno strumento per diagnosticare questa malattia senza l’uso delle siringhe.
Gitta si è messo al lavoro con altri 3 colleghi, Joshua Businge, Simon Lubambo e Josiah Kavuma. Ce l’hanno fatta. Hanno ideato un software di analisi per diagnosticare la malaria. Il funzionamento è il seguente: il paziente inserisce il dito nel “matiscope”, un apparecchio collegato a uno smartphone che penetra sotto la pelle, grazie a una emissione a infrarossi, per esaminare i globuli rossi. La struttura fisica dei globuli rossi infatti cambia dal punto di vista chimico e biomedico nelle persone affette da malaria. In tal modo, con un esame indolore che dura solo 15 minuti, è possibile accertare la presenza o meno della malattia anche nella sua fase iniziale.
Un test attendibile che può essere eseguito ovunque, senza dover andare nei centri medici che spesso distano chilometri dai villaggi dell’Uganda. Dopo la diagnosi della malattia i risultati sono inviati su OneDrive (ex SkyDrive, servizio di stoccaggio nel cloud di Microsoft) così che il medico e il paziente possano prenderne visione. Matibatu potrebbe segnare una svolta nella diagnosi e quindi nella cura della malaria che ancora colpisce milioni di persone nei paesi sottosviluppati. La diagnosi non costa nulla in quanto l’app è gratuita, ci vogliono invece tra i 20 e i 35 dollari per comprare il “matiscope” a raggi infrarossi. Un costo esiguo se si pensa ai benefici che le popolazioni rurali del Nord Uganda potrebbero trarre da una diagnosi precoce della malaria. Ancora oggi infatti molte persone si accorgono di essere malate quando i sintomi sono già irriversibili. A pagare questi ritardi è la popolazione soprattutto i bambini sotto i 5 anni che, secondo gli ultimi dati Unicef, rappresentano ancora il 78% delle vittime globali dovute a questa malattia. Un’analisi precoce potrebbe portare anche a una netta contrazione del numero di aborti. Le donne incinte sono infatti particolarmente colpite dalla malaria.
Ad oggi Matibabu funziona solo con i sistemi Windows ma il team di Gitta sta lavorando per sviluppare l’applicazione per altri supporti. La fortuna dei giovani inventori è stata anche quella di trovare un forte appoggio dall’Università Makarere che partecipa al ResilientAfrica Network (Ran), un’iniziativa che dà ai giovani talenti un’opportunità per dimostrare le proprie capacità nel campo dell’innovazione scientifica e tecnologica. Il gruppo di Guitta ha presentato il prototipo ad Alex Dehgan, direttore del dipartimento di Scienza e tecnologia dell’Usaid, United States Agency for International Development, che ha accolto con entusiasmo l’invenzione. Per i quattro giovani informatici si sono così aperte le porte dell’Università che ha messo a loro disposizione spazi e strumenti. E il loro sogno è andato avanti fino a diventare realtà.