Motivazione e formazione. Questo è quanto vogliono i Millennial dal loro posto di lavoro. Se ben motivati, i giovani possono essere una risorsa enorme
Lavoro e Millennial, un tema che le cronache affrontano solo da due punti di vista: le poche possibilità per i 20-30enni, oppure l’offerta di alcune aziende che rimane senza risposta a causa della mancanza di specifiche competenze (il più delle volte tecniche o digitali) o perché le posizioni proposte sono troppo “artigianali” o manifatturiere per i giovani italiani.
C’è un altro aspetto però molto importante e poco trattato: quello delle aziende che non riescono ad attrarre o a mantenere al loro interno giovani talenti. Questi Millennial sono troppo selettivi? Oppure è cambiato qualcosa nell’interpretazione del lavoro? Propendo per la seconda ipotesi.
La distanza tra domanda e offerta
Il perché è semplice: quando si apre una posizione in una delle aziende del mio gruppo siamo invasi da candidature di professionisti che hanno esperienze più mature rispetto a quanto richiesto. Scelgono di avere uno stipendio anche più basso solo per poter avere l’opportunità di lavorare in un’azienda che permette loro di esprimere il proprio talento e mettersi liberamente in gioco. La volontà è quindi quella di uscire da meccanismi di realtà sovrastrutturate o tradizionali in cui imperano procedure rigide che lasciano poco spazio all’espressione di sé.
Da qui due nuovi quesiti: come possono le aziende attirare i talenti Millennial? E come possono i ragazzi capire in tempo i propri talenti su cui puntare e investire?
Partiamo dal secondo. Qui la risposta dovrebbe arrivare dalla scuola, che deve senza dubbio continuare a proporre un’istruzione culturale ma utilizzarla anche per riconoscere e alimentare le attitudini del singolo studente in un’ottica di competenze sul posto di lavoro. Come? Non solo utilizzare i programmi ministeriali per indagare fra le soft skill degli studenti, ma sfruttare l’Alternanza Scuola Lavoro e come viene affrontata e vissuta dal ragazzo, in uno scambio fra professore e tutor aziendale.
Soluzioni pratiche un mondo (del lavoro) migliore
Non amo le ricerche ma ce n’è una di Manageritalia che sottolinea come più di tre quarti degli studenti ritenga che la scuola debba certificare caratteristiche e competenze anche personali degli studenti, per potersi presentare ai colloqui con indicazioni comprovate delle loro soft skill.