Una chat privata tra manager di Facebook ha aperto un caso: il controllo delle notizie false sulla piattaforma. Zuckerberg è per la linea morbida, ma in azienda sembra isolato
29 agosto 2016. Mark Zuckerberg, 32 anni, amministratore delegato di Facebook, durante il suo discorso all’università LUISS a Roma aveva detto così rispondendo ad una domanda di uno studente sul ruolo della sua azienda nel panorama dell’informazione: «Facebook è una società di tecnologia, non una media company. Non produciamo e non modifichiamo contenuti. Mettiamo a disposizione gli strumenti per connettervi».
Un messaggio forte. Che gli valse il titolo di buona parte dei giornali in Italia. La tesi di Zuckerberg era che il suo social network integra l’attività dei media tradizionali. Senza cambiarlo, controllarlo o influenzarlo. Una risposta ad una lunga scia di polemiche dei mesi precedenti in relazione alla sua possibilità di influenzare in qualche modo la campagna elettorale americana. Nello specifico, a maggio Facebook fu accusata di penalizzare i post dei conservatori. Quindi Zuckerberg ci ha tenuto a ribadire la missione esclusivamente tecnologica della sua società. Di puro stimolo alla condivisione di opinioni.
Perché l’elezione di Trump ha cambiato tutto
12 novembre 2016. Un po’ in sordina, il New York Times pubblica una notizia in cui fonti vicine all’azienda raccontano di una chat privata tra alti manager di Facebook. Una chat avviata poco dopo aver avuto la certezza che Trump sarebbe stato il nuovo presidente degli Stati Uniti. «Qual è il ruolo che la società ha avuto nel risultato elettorale?» era la domanda che rimpallava tra i manager. La conclusione a cui sono giunti, scrive il NYT, è che bisognava prendere una decisione, e in fretta. Il tema doveva essere discusso nel prossimo incontro trimestrale degli executive.
Il tema c’è ed è centrale. Subito dopo l’elezione di Trump sono state rivolte a Facebook accuse piuttosto dirette sulla sua incapacità di tenere a bada le bufale che sono circolate in rete, che avrebbero favorito il tycoon. Tanto da indurre Zuckerberg a scrivere un post in cui diceva che il «99% dei contenuti su Facebook sono originali», e che l’idea che quelli contenenti notizie false avessero influenzato la campagna elettorale era «folle».
Milioni di condivisioni sul sostegno di Francesco a Trump
Ad esempio, scrive il NYT, su Facebook è stata condivisa «milioni di volte» una notizia falsa che raccontava del sostegno di Papa Francesco a Trump. Cosa mai successa. «E’ ovvio che Facebook ha avuto un impatto notevole sulle elezioni» ha detto al quotidiano Zeynep Tufekci, studioso dell’impatto delle nuove tecnologie sulla società e professore associato alla University.
Adesso si pensa a diventare una media company
Anche se Zuckerberg quindi è assolutamente convinto che Facebook non abbia avuto alcun ruolo, riportando diverse statistiche che spiegavano come sono stati pochissimi a cambiare opinione sui candidati alla Casa Bianca, da quello che è emerso dalla chat dei manager è che Facebook starebbe pensando di cambiare la sua natura. Di comportarsi come una media company. Quello che di fatto già un po’ è. Implementando maggiori e più stringenti strumenti di controllo. E qui si apre un tema enorme. Che farà molto discutere nei prossimi mesi.
La rivolta dei dipendenti: «Tutti sappiamo delle notizie false»
Il punto è: «Come fermare la diffusione virale di informazioni false?». Da quanto risulta al New York Times la questione ha acceso gli entusiasmi di molti dipendenti che hanno cominciato a suggerire metodi per migliorare il «news feed» di Facebook, per fare uno screening più accurato di link, foto e video. Zuckerberg ha ancora una posizione morbida a riguardo, cosa che non gli ha risparmiato critiche interne. Buzzfeed oggi racconta di una «rivolta» degli impiegati di Menlo Park contro la linea di Zuckerberg.
«Non è un’idea folle che contenuti falsi abbiano girato liberamente su Facebook per tutta la campagna elettorale. Qui tutti sanno che è successo». Il terremoto Trump scuote anche per via indiretta. Intanto un primo passo è stato fatto. Facebook ha spiegato che i siti di notizie false e bufale rientreranno nella categoria di siti cui viene impedito di utilizzare Facebook Audience Network per la pubblicità. Niente pubblicità a pagamento per loro. Una notizia che segue quanto già fatto da Google. Sempre dopo l’elezione di Trump.
Arcangelo Rociola