La spesa è dovuta ai commissari esterni e ai presidenti. Sul tavolo del Miur la proposta di un cambiamento per un esame meno dispendioso
Stressante, caro, inutile. E’ l’esame della maturità. Per molti è un necessario rito di passaggio all’età adulta. Per altri una prova necessaria per fare un filtro per l’accesso all’Università. L’unica certezza è che alle casse dello Stato costa oltre 170 milioni di euro. Una spesa messa in bilancio ogni anno per le commissioni d’esame. A questa va aggiunto il costo organizzativo e quello della cancelleria. Un bottino che potrebbe essere risparmiato se si decidesse di nominare solo commissioni composte da docenti interni alla scuola. Se andiamo ad esaminare il bilancio relativo alla prova di Stato scopriamo che 147 milioni di euro sono quelli destinati a pagare i professori che vengono da fuori sede e altri 27 milioni di euro servono per i presidenti. Ma quanto guadagnano, singolarmente, quei professori che nei prossimi giorni siederanno al “quel” tavolo per interrogare i 489.962 maturandi di quest’anno?
Al presidente vanno 1.249 euro. Al commissario esterno, 911 euro e a quello interno 399 euro. A queste cifre si devono aggiungere quelle correlate alla distanza dal luogo di residenza o dal luogo di servizio, rispetto alla sede d’esame. Una complicata tabella, allegata al decreto del 24 maggio 2007 stabilisce i compensi, fissa in maniera analitica il tutto. I professori nominati fuori dal Comune dove abitano o dove insegnano, che per raggiungere la scuola dove sono impegnati per la maturità, hanno da percorrere non più di trenta minuti con i mezzi di linea extraurbani più veloci, percepiscono 171 euro.
568 euro vanno a quegli insegnanti che hanno un tempo di percorrenza tra i 31 e i 60 minuti. Saliamo a 908 euro se il docente deve restare sul bus o sul treno tra 61 e 100 minuti e arriviamo persino a un compenso di 2.270 euro se si superano i 100 minuti. Siamo di fronte ad un’operazione palesemente complessa che tra l’altro richiede un grande sforzo da parte degli uffici ministeriali che ogni anno sono costretti a calcolare e verificare i dati di ogni singolo commissario esterno. Una macchina da guerra che quest’anno ha messo in moto 12.005 commissioni che stanno incontrando 24.189 classi. Una mole di lavoro enorme, chilogrammi e chilogrammi di fogli protocollo, ore ed ore di correzioni, ricorsi al Tar che ogni anno si verificano per quell’1% di bocciati. Sì, perché la cifra di coloro che non passano l’esame di Stato dal 2011 è sempre la stessa. Anzi nel 2014 è scesa allo 0,8%.
Al ministero è in atto un dibattito, lo ha ammesso nei giorni scorsi lo stesso sottosegretario all’Istruzione, Gabriele Toccafondi. Sono in molti a pensare che questa prova debba essere rivoluzionata, diventare più innovativa, anche grazie alle tecnologie digitali. In quest’ultimi anni ha più volte cambiato“volto”: nel 1994 con Francesco d’Onofrio, per limitare la spesa, i commissari e i presidenti esterni, dovevano essere selezionati tra quelli disponibili nello stesso comune della commissione; nel 2001 ci pensò Letizia Moratti a scegliere solo membri interni ma nel 2007 il ministro Giuseppe Fioroni reintrodusse il criterio misto che è quello tuttora in vigore.