All’istituto Japigia1- Verga di Bari la sperimentazione didattica con la robotica è utile anche ad integrare anche i disabili e gli stranieri
La mia maestra non avrebbe mai immaginato che un giorno in classe oltre a lei ci sarebbe stato un robot ad insegnare le tabelline e a scrivere le parole. Eppure all’istituto Japigia1-Verga di Bari in aula oltre all’insegnante entrano anche le macchine. Una rivoluzione che non sostituisce il docente ma che lo aiuta confermando la tesi che la robotica può essere un valido strumento didattico. Anzi, aiuta persino a favorire l’apprendimento dei diversamente abili.
A dare ancor più valore a questo progetto è il fatto che al Japigia a fare i robot sono i ragazzi più grandi che producono macchine che vengono usate da tutta la comunità scolastica a partire dai bambini della scuola materna. La scuola usufruisce di un finanziamento ricevuto direttamente dal ministero della Pubblica Istruzione per la realizzazione del progetto, “La robotica a scuola”, che vede impegnate alcune docenti e il dirigente in una formazione, in presenza e on line, per l’utilizzo della robotica educativa nella didattica. Le competenze hanno ricadute interne, su tutti gli alunni e sulle altre docenti.
“La robotica – spiegano i promotori del progetto – è una scienza emergente, che sta nascendo dalla fusione di molte discipline tradizionali, appartenenti sia al campo delle scienze naturali che umane. È un potentissimo strumento per studiare e comprendere meglio non solo l’universo che ci circonda – lo spazio, gli oceani, il nostro corpo – ma anche la nostra stessa mente. Questo è il motivo per cui la robotica potrà condurre ad una convergenza delle due culture, quella umanistica e quella tecnologica, verso quello che molti sognatori chiamano un “nuovo umanesimo delle macchine”
Nel rivoluzionario istituto barese hanno sperimentato che studiare e applicare la robotica non è importante soltanto per imparare a costruire o a usare i robot, ma anche per imparare un metodo di ragionamento e sperimentazione del mondo. Il profilo particolare di questa nuova scienza promuove le attitudini creative negli studenti, nonché la loro capacità di comunicazione, cooperazione e lavoro di gruppo. Lo studio e l’applicazione della robotica, favoriscono negli studenti un atteggiamento di interesse e di apertura anche verso le tradizionali discipline di base.
“Ovviamente – precisano i docenti – non si propone di introdurre una nuova materia ma di creare moduli applicativi interdisciplinari nei programmi delle materie esistenti, sfruttando attivamente le tecnologie di comunicazione”.
La creatività non manca in questa scuola: sono persino riusciti a portare i robot sul palcoscenico e ad usare la robotica nelle arti. Hanno travestito le macchine, hanno messo loro dei vestiti e delle maschere e li hanno programmati per calcare il palcoscenico nei panni di ballerini o attori.
Un bel passo in avanti per la Scuola che nei prossimi anni dovrà sempre più innovarsi, senza avere timori, senza pensare che i robot possano salire in cattedra e sostituirsi al docente. Semmai possono solo facilitare il suo lavoro, aiutandolo ad affascinare i ragazzi con strumenti che sono più vicini al loro linguaggio.