I ricercatori del progetto Todai Robot Projects hanno realizzato un’intelligenza artificiale che ha ottenuto un punteggio abbastanza alto per passare le dure selezioni dei test nazionali per l’ammissione all’Università di Tokyo per l’anno accademico 2015/2016. Ed entro il 2021 puntano ad eccellere.
Un robot che sta per essere ammesso all’Università di Tokyo. Non ci troviamo in uno dei romanzi di Asimov, ma stiamo parlando dell’ultimo traguardo giapponese per quanto riguarda l’intelligenza artificiale. Il progetto “Todai Robot Projects” è nato nel 2011 dalla volontà dell’Istituto Nazionale di informatica giapponese, per velocizzare gli studi sull’intelligenza artificiale, che erano a un punto morto e privi di obiettivi davvero ambiziosi. I ricercatori che prendono parte al progetto puntano in alto: dopo aver ottenuto un punteggio abbastanza alto ai test nazionali per l’ammissione universitaria per l’anno accademico 2015/2016, mirano ora a eccellere nei test d’ingresso dell’Università di Tokyo per il 2021. L’Università di Tokyo è la migliore del paese, conosciuta per l’alto livello di selezione effettuato in sede di test, che può fregiare ben undici premi Nobel tra gli ex studenti.
Umani vs robot
In alcuni test effettuati nel 2013 e nel 2014 il robot aveva ottenuto punteggi sotto la media. Nelle prove di quest’anno il punteggio del robot è stato di 53,8 punti, contro i 43,8 punti ottenuti in media da una persona. L’AI ha risposto a quesiti concernenti la matematica, la fisica, l’inglese e la storia. I risultati migliori sono stati ottenuti in storia e in matematica, grazie al miglioramento delle capacità di processazione del linguaggio del robot. Caratteristiche non ancora abbastanza forti, però, da garantire al robot un punteggio sufficientemente alto in fisica. Yusuke Miyao, ordinario a capo del progetto, spiega: «Dobbiamo capire che ci sono diversi parametri di difficoltà tra un robot e una persona. Un robot può facilmente diventare il migliore giocatore di shogi (un gioco giapponese) del mondo, perché esistono regole chiare, cosa che per una persona è quasi impossibile. Per un’intelligenza artificiale, invece, è difficile passare i test universitari, perché non esiste una regola chiara e univoca. Se pensiamo al tipo di processazione dell’informazione, il superamento dei test universitari è più semplice per un essere umano».
Che cosa sbagliano le macchine nei test d’ingresso
Miyao, in una recente intervista, ha spiegato come molti dei problemi che per noi potrebbero risultare elementari, per il computer possono essere particolarmente complessi. Un problema elementare come “c’è una fabbrica che ha una capacità produttiva di tre auto al giorno, in quanti giorni realizzerà 12 auto?”, per un computer si rivela particolarmente difficile, perché non è in grado di creare quasi simultaneamente una formula per la risoluzione, come invece saprebbe fare un bambino. L’intelligenza artificiale non è in grado di cogliere i concetti di “fabbrica” e “auto”, relazionandoli nel modo giusto per risolvere un problema; per un robot, insomma, è molto più semplice risolvere degli integrali che un problema nel quale sono presenti concetti di senso comune. Stando a quanto spiegato da Miyao, molte delle difficoltà che i robot possono incontrare durante i test riguardano, ad esempio, le domande sugli studi sociali, per cui si presuppone l’uso della memoria. Il computer, infatti, ha difficoltà a capire se gli elementi presenti nel testo di un problema sono nozioni che già possiede. Un altro limite è posto dalle domande di etica, che presuppongono la conoscenza del senso comune. Inoltre, le domande presenti nei test universitari spesso includono immagini e grafici, elementi che l’intelligenza artificiale non è ancora in grado di riconoscere e utilizzare adeguatamente.
Campioni di formule, ma occhio al linguaggio naturale
I computer sono in grado di eccellere quando i problemi vengono presentati tramite delle formule. Il campo dello scibile, però, non si può esaurire in mere formule e laddove è il linguaggio naturale a predominare, la conoscenza e l’interpretazione umana resta ancora imbattuta. La lettura di un testo, ad esempio, che presuppone una mappatura emotiva e situazionale, è una prova che, ad oggi, può essere superata egregiamente dagli esseri umani, ma non dalle macchine.
Il tema dell’intelligenza artificiale ha da sempre affascinato scrittori, registi e filosofi. Molti, come Ray Kurzweil, direttore del reparto ingegneria di Google, vedono nei robot la determinante di un tenore di vita senza precedenti, dove malattie, problemi esistenziali e la stessa morte saranno eliminati. Di diverso avviso è, ad esempio, il filosofo svedese Nick Bostrom, che afferma come la creazione di una superintelligenza ponga una serie di questioni etiche e delle implicazioni che potrebbero anche sfuggire al nostro controllo. Le evidenze, come indica l’esperimento giapponese, sono che ad oggi esistono settori della conoscenza dove la processazione dell’informazione umana rimane imbattuta. Tra pessimismo e ottimismo, sembrano molto adeguate al contesto, le parole usate da Francesca Rossi, ricercatrice dell’Università di Padova ed esperta di intelligenza artificiale, in un recente articolo: “L’idea di macchine intelligenti può portare alla paura che tali macchine possano agire in modo indipendente dagli esseri umani e uscire dal loro controllo. Dato che le questioni morali ed etiche sono difficili da formalizzare, si ritiene difficile che si possano dotare le macchine intelligenti di regole precise di comportamento che rispettino certi codici etici e morali. Questo porta alla paura che le macchine intelligenti possano danneggiare gli esseri umani sulla base di errori o sbagliate interpretazioni della moralità. Nonostante questo, anche senza rendercene conto, siamo già oggi circondati da macchine intelligenti, che ci supportano in molte attività della nostra giornata, e non siamo tuttavia governati da tali macchine, ma solo aiutati nelle nostre attività”.