Per capire qualcosa in più, abbiamo parlato con uno degli esperti di parte ambientale che segue da anni il mondo dei trasporti in Italia: Anna Donati, deputato e senatore dei Verdi negli anni passati e assessore alla mobilità di diversi enti locali, ruoli che le consentono oggi una visione di scenario di primo piano circa i trasporti italiani. La Donati ci illustrerà le ragioni dei No Tav. La prossima settimana, invece, cercheremo di comprendere quelle della fazione opposta, i Sì Tav.
StartupItalia: Cosa rappresenta il Tav?
Anna Donati: «Bisogna fare un poco di storia. Il Tav parte sul modello francese nei primi anni ’90 ed era solo per i passeggeri veloci di lunga percorrenza. Visto che l’Italia è un paese morfologicamente “stretto e lungo” il Tav poteva avere un senso sia per i passeggeri, sia per le merci. E questo anche per il Tav in Val di Susa, che è il primo cambio di paradigma, come per il Valico, dove il tema dominante diventano le merci. Anche perché, in proporzione, la maggior parte dei cittadini si muove solo su tratte brevi, quelle del pendolarismo e non su quelle lunghe, tanto meno internazionali. E quindi la tratta Tav Torino-Lione viene invocata molto per le merci.
Si: Perché l’Unione europea vuole che venga realizzata l’opera?
AD: «Bruxelles sostiene il progetto perché sia Italia, sia Francia lo hanno proposto e la tesi generale dell’Europa è che i Paesi debbano investire sulle loro reti interne mentre i collegamenti transfrontalieri dove si tende a non investire, necessitano di un aiuto da parte dell’Unione europea, dell’ordine del 35-40%. Ovviamente la Ue ha interesse a connettere l’Europa. Questo è il quadro di riferimento quando si parla della Tav».
SI: Come si arriva da questo scenario alla critica degli ambientalisti?
AD: «Prima di tutto bisogna considerare il fatto che la linea attuale ha ancora delle buone potenzialità, che è stata ammodernata a suo tempo ma che ha bisogno di investimenti ed adeguamenti mentre contestualmente il traffico merci dagli anni novanta è diminuito passando da 8 milioni di tonnellate annue a 3,5 del 2018. In parte è andato su gomma sul valico del Freijus e del Monte Bianco. Ciò è successo perché il cuore del traffico transfrontaliero tra l’Itala e il resto dell’Europa si gioca prima di tutto sul’asse del Gottardo a nord di Milano, inoltre sia gli svizzeri sia gli austriaci hanno fatto un politica rigorosa a favore del trasporto, utile, su ferro. Si tratta di linee che puntano al cuore dell’Europa e sulla cui connessione siamo, come Italia, in ritardo. Oggi dire che la Torino-Lione è una priorità quando su queste direttrici siamo in ritardo francamente mi sembra una cosa anacronistica. Quindi tracciamo la scala delle priorità: Gottardo, Brennero e poi la Torino-Lione. Insomma su quella direttrice, quella dell’Italia, Francia e Spagna non si muove il cuore industriale dell’Europa e sulla linea ferroviaria attuale abbiamo delle ottime potenzialità: ci possono passare il doppio delle merci attuali. Per cui ci chiediamo: che senso ha investire su questa linea dove per i prossimi trenta anni sarà difficile che ci sia sviluppo?»
SI: E c’è altro?
AD: «Si. Bisogna considerare il fatto che il traffico “locale” quello Italia-Francia è ancora più limitato e infatti il progetto della Tav non è invocato per questo motivo, ma per il famoso corridoio 5 Lisbona Kiev, che non ha un riscontro nella realtà visto che poi la cosiddetta Via della Seta va in direzione opposta. Oltre a ciò non bisogna dimenticare il trasporto marittimo che è già attivo e che va incrementato. Devo dire francamente che se i numeri, lo scenario e le condizioni non fossero questi io non sarei contraria per principio alla Tav in se stessa. Inoltre bisogna sottolineare che il ministro dei trasporti del Governo Gentiloni, Graziano Delrio ha fatto una project review di molte grandi opere, Tav compresa, e sulla Torino Lione e nello specifico sul tratto italiano in Val susa (l’opera è divisa in tre tratte, italiana, transfrontaliera e francese. n.d.r.) si è deciso che è possibile migliorare la capacità della linea esistente Torino-Bardonecchia portandola a 180 treni/giorno di cui 150 come treni merci. Quindi se basta intervenire sulla linea esistente italiana e ciò è stato confermato già dalla struttura tecnica di missione dell’allora ministro dei Trasporti Delrio è chiaro che non ci serve un nuovo tunnel di queste proporzioni che andrebbe confrontato con l’adeguamento del valico esistente. Questi sono gli elementi fondamentali per il no e ci aspettiamo che l’analisi costi benefici che il MIT sta svolgendo metta a confronto queste diverse opzioni per mettere il decisore nelle condizioni di decidere con cognizione».
SI: Cosa si dovrebbe fare invece?
AD: «Nell’area ci sono interventi da fare sul ferro, come il traffico pendolari attorno a Torino e quello merci che sono da migliorare. All’epoca del secondo Governo Prodi si fece un osservatorio con i sindaci dell’area ed emerse che era necessario investire partendo dalla linea esistente. In tutta Europa prima di fare un’opera come quella su cui correrà il Tav si efficienta l’esistente, si adottano politiche che favoriscano il trasporto su ferro, poi a mano a mano che il trasporto su ferro cresce si approda a opere importanti come i tunnel. Questo è il caso del Gottardo e del Brennero. In Italia si fa sempre il contrario, sembra che tutto ciò che è “massicciata pesante” abbia più fascino rispetto a una logica di crescita graduale del trasporto ferroviario adeguando le linee esistenti e poi quando si va verso la saturazione si costruiscono nuove linee e valichi».