Mai come in questo periodo è diventato evidente che ci sia la necessità di coniugare la difesa dell’ambiente con una produzione agricola abbondante, sufficiente a sfamare 8 miliardi di persone al mondo. Fra le tecnologie più promettenti c’è la biotecnologia all’RNA interferente (RNAi). Ecco come funziona.
Le piante, così come le persone, si ammalano e possono essere attaccate da parassiti. Secondo stime recenti della FAO, la perdita di cibo a livello mondiale a causa di patogeni e parassiti è del 40%. Fino a qualche decennio fa sembrava naturale difendere le coltivazioni agricole utilizzando prodotti chimici. Oggi l’esigenza è quella di coniugare la tutela dell’ambiente, tramite un taglio deciso dei cosiddetti pesticidi (più correttamente agrofarmaci), con la necessità di sfamare una popolazione di quasi 8 miliardi di persone. Un bel dilemma, ma la soluzione potrebbe essere più vicina di quanto si pensi: fra le tecnologie green emergenti, infatti, c’è la tecnica del silenziamento genico con l’impiego di molecole RNA interferenti (RNAi). Si tratta di una biotecnologia che offre diversi vantaggi in termini di sostenibilità. Le RNAi sono molecole naturali, ad azione specifica, che possono bloccare gli attacchi alle piante da parte di moltissimi patogeni e parassiti.
Il dilemma: ambiente o cibo?
La strategia europea Farm to Fork chiede ai Paesi UE entro il 2030 di ridurre del 50% l’uso di prodotti fitosanitari e contemporaneamente di abbassare del 20% l’uso dei fertilizzanti (azoto e fosforo), in nome della transizione ecologica. Un recente studio dell’Università di Wageningen ha stimato l’effetto dell’applicazione della strategia sulla produzione di cibo in Europa, con gli attuali mezzi tecnici a disposizione: la produzione dovrebbe diminuire del 10-20% a seconda delle colture mentre i prezzi subiranno un’impennata, con punte che superano il 40%. Le importazioni di prodotti sono previste in aumento di pari passo. Nel frattempo la guerra fra Russia e Ucraina ha reso evidente che la sicurezza alimentare non può più essere data per scontata, neanche in Europa.
La biotecnologia a base di RNA interferente (RNAi)
La tecnologia a base di RNAi può dare un contributo alla difesa dei raccolti, preservando contemporaneamente l’ambiente. Se il DNA, come un libro, detiene l’informazione genetica, l’RNA ha il compito di codificarla e di trasferirla. Lo fa tramite l’RNA messaggero. “Per un processo naturale che si trova comunemente negli organismi, piante e animali, ad eccezione dei batteri, quando c’è un’eccessiva presenza di RNA (Ndr. prodotto dall’organismo come meccanismo di difesa in seguito a un attacco), questo viene tagliato. Quello che otteniamo è RNA interferente (RNAi), che è in grado cioè di interferire con l’RNA messaggero. In questo modo viene bloccata l’espressione di alcuni geni, li silenzia. Frammenti di RNAi possono oggi essere sintetizzati per andare a silenziare i geni che interessano”, ci ha raccontato Bruno Mezzetti, professore di Arboricoltura all’Università Politecnica delle Marche e genetista di fama internazionale.
Il lato positivo e sconosciuto della pandemia
Il meccanismo alla base dell’RNAi è conosciuto da più di 20 anni ma è solo dopo l’emergenza COVID che è stato trovato il metodo per rendere questa biotecnologia economicamente sostenibile. La necessità di produrre vaccini mRNA in grande quantità ha spinto la ricerca a trovare un modo per produrre queste molecole naturali velocemente e a basso costo. Se nell’uomo si attivano geni del sistema immunitario, per quanto riguarda piante, patogeni e parassiti, il meccanismo è quello del silenziamento genico. L’RNAi è potenzialmente in grado di bloccare il proliferare di patogeni e insetti che attaccano le piante. “L’RNAi è di fatto una molecola naturale disegnata con bersaglio specifico per bloccare i geni di interesse dell’organismo target, un fungo, un virus, un insetto. Lo fa in modo altamente selettivo, senza rischi per altri organismi, come uomo o insetti utili e offrendo un’elevata garanzia di biosicurezza”, ha puntualizzato Bruno Mezzetti.
L’RNAi per la difesa delle piante
Perché la molecola di RNAi possa essere utilizzata per difendere le piante ci sono diversi modi: da un lato si possono sviluppare biopesticidi che, una volta formulati e autorizzati, possono essere spruzzati sulle piante, esattamente come si fa tradizionalmente con i prodotti fitosanitari, dall’altro è possibile indurre la pianta a produrre lei stessa la molecola di RNAi che blocca l’attacco da parte di un determinato patogeno o insetto. La pianta diventa così stabilmente resistente. In quest’ultimo caso però si trasforma la pianta, modificandone il DNA. Nonostante si utilizzino nuove biotecnologie (NBT anche dette TEA) che introducono solo geni intraspecifici, ovvero all’interno della stessa specie, si ricade comunque nella normativa europea che regolamenta l’uso di OGM. Un’alternativa alla trasformazione della varietà, sempre tramite biotecnologia, è la modifica del portinnesto, un approccio che può essere applicato a piante da frutto, orticole e pomodori.
Il portinnesto è la radice della pianta sulla quale viene innestata la varietà d’interesse. “Possiamo modificare il portinnesto – ha continuato ancora il prof. Mezzetti – in modo che produca stabilmente la molecola di RNAi specifica per patogeno/parassia target conferendo la resistenza all’intera pianta ed ai suoi frutti. In questo modo le radici saranno OGM ma non fiore, polline e frutto. Non c’è quindi rischio alimentare e, dal punto di vista ambientale, non c’è possibilità che il polline contamini campi attigui”. Da notare che, con quest’ultimo metodo, non ci sarebbe la necessità di continuare a produrre la molecola di RNAi per spruzzarla in campo al momento giusto, risparmiando emissioni di CO2 sia in fase di produzione sia in fase di distribuzione.
Foto di Michal Jarmoluk da Pixabay
RNAi, un alleato decisamente verde
Dal punto di vista ambientale, sono molti i vantaggi che rendono la biotecnologia a base di RNAi l’alleato perfetto per la transizione ecologica invocata da Bruxelles. Oltre all’alta selettività, già sottolineata da Bruno Mezzetti, che impedisce che vengano presi di mira organismi al di fuori di quelli che si volevano colpire, c’è da considerare la sua bassa mobilità nel suolo. Una bassa mobilità implica che l’RNAi non si disperde nell’ambiente. In più non è tossico e si degrada rapidamente, ha quindi una bassa persistenza eliminando così il rischio di residui in ambiente ed in particolare sul cibo.
I nemici di pesche e pere hanno le ore contate
Sono diversi i nemici dei raccolti che potrebbero essere combattuti, in futuro, utilizzando l’RNA interferente. Alcuni di questi sono particolarmente temuti dagli agricoltori italiani e negli ultimi anni hanno causato danni talmente elevati che diversi frutticoltori hanno preferito espiantare piuttosto che continuare a produrre in perdita. Espiantare significa abbattere alberi da frutto con tutto ciò che ne consegue dal punto di vista della stoccaggio di carbonio come azione di mitigazione del cambiamento climatico.
È emblematico il caso di pesche e nettarine. I peschi sono stati duramente colpiti dalla sharka, una malattia virale. Guardando i dati riportati anno dopo anno dalla CIA dell’Emilia Romagna si scopre che in provincia di Ravenna, cuore della produzione di pesche e nettarine, si è passati da 8.759 ettari coltivati nel 2015 a 4.760 ettari nel 2021, un calo di quasi il 50%. Non tutta colpa della sharka probabilmente ma il virus ha dato di certo il suo contributo e non è un caso che proprio il prof. Bruno Mezzetti, nell’ambito del progetto europeo iPLANTA e del nuovo PON-RESO, stia lavorando per combattere la sharka con l’RNA interferente.
Un’avversità che non si riesce a controllare, neanche con l’utilizzo della chimica, è la maculatura bruna del pero, malattia fungina causata dall’agente Stemphylium vesicarium. La maculatura, assieme ad altre concause, sta portando al tracollo del settore pericolo in Italia. In 15 anni, in Emilia Romagna, dove si concentra il 70% della produzione di pere italiane, si è passati da 23.000 ettari coltivati a 17.000. Per cercare di salvare il settore è stato messo in piedi il progetto ‘Sviluppo di protocolli per l’induzione di resistenza/tolleranza a Stemphylium vesicarium in pero tramite strategie di silenziamento genico’, la tecnica basata sulla biotecnologia all’RNAi appunto.
Il progetto italiano di difesa delle pere
“Per quanto riguarda la possibilità di applicare uno spray a base di RNAi – ci ha raccontato Luca Casoli, direttore dei Consorzi Fitosanitari provinciali di Modena e Reggio Emilia e coordinatore del progetto che vede come ente finanziatore la Regione Emilia Romagna – abbiamo lavorato con l’Università di Bologna e individuando alcune molecole RNAi potenzialmente interessanti. Sono attualmente in fase di valutazione in vivo e in vitro. I primi risultati sono incoraggianti. Per quanto riguarda invece il silenziamento genico indotto stabilmente in pianta, su cui sta lavorando in laboratorio l’Università Politecnica delle Marche, abbiamo i primi germogli della varietà di pera Abate trasformata con introgressione del rispondente costrutto genico. In grado quindi di produrre autonomamente l’RNAi che combatte la maculatura bruna”.
L’accordo dell’Emilia Romagna con l’americana GreenLight
È proprio grazie al progetto sulla maculatura bruna e al prof. Mezzetti che la Regione Emilia Romagna, la società di ricerca Ri.Nova, i produttori di UnaPera e CSO Italy sono venuti in contatto con l’azienda americana GreenLight Bioscience, leader nella ricerca e produzione di biotecnologie a base di RNA per l’applicazione in campo agricolo e sanitario. Le parti si sono incontrate nel giugno 2022 a New York, un meeting che ha rappresentato un importante momento di confronto per l’applicazione della tecnica RNA interferente. È stato sottoscritto in quell’occasione un memorandum per una possibile collaborazione nello sviluppo di questa tecnologia applicata alla difesa delle colture. E l’accordo ha al centro le parole sostenibilità e sicurezza alimentare.
RNAi, sterzata per la difesa delle piante
La tecnologia all’RNAi non ha ancora un quadro normativo definito, l’EFSA, Autorità europea per la sicurezza alimentare, dovrebbe a breve pronunciarsi sul protocollo da seguire per registrare un prodotto a base di RNAi. La valutazione riguarda la possibilità di seguire un iter meno gravoso rispetto a quello a cui deve attenersi un agrofarmaco tradizionale di sintesi, visto il profilo ecocompatibile della molecola. Comunque vada, la necessità di produrre più cibo utilizzando meno chimica possibile porta a pensare che questa nuova biotecnologia si affermerà: “Ritengono personalmente – ha concluso Luca Casoli – che queste biotecnologie e l’approccio mediante RNAi costituiscano le basi di quella che sarà la fitoiatria del futuro”.