Le alghe del Mediterraneo Ulva Lactuca e Chaethomorpha dopo aver pulito gli allevamenti di pesce e cozze del Golfo di Taranto, nutrono la terra e le piante diventando biofertilizzanti e biostimolanti.
Un futuro più green per l’agricoltura italiana, per Taranto e non solo, può far affidamento anche sulle proprietà delle alghe marine del Mediterraneo. L’intuizione è della SouthAgro, la start up specializzata nella produzione di biofertilizzanti e biostimolanti a base di alghe autoctone che ha avviato un processo di produzione capace di coniugare sostenibilità ambientale, attenzione al territorio, conversione ecologica, agricoltura green, Blue Economy e innovazione. Inseminate in laboratorio, immesse in mare vicino agli allevamenti di cozze e pesci del Golfo di Taranto, la lattuga del mare e gli spaghetti del mare, dopo aver assorbito l’anidride carbonica prodotta dagli impianti di acquacoltura, vengono raccolte e messe in un reattore che trasforma gli operatori ecologici del mare in fertilizzanti e stimolanti naturali per uso agricolo. Risultati di questo ciclo di conversione ecologica delle alghe del Mediterraneo sono: mare e aria più puliti grazie al minor rilascio di sostanze chimiche e nutrimento bio restituito alle coltivazioni.
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Da un dottorato in Francia a Taranto per produrre biofertilizzanti a base di alghe del Mediterraneo.
È la storia di Valentino Russo, fondatore della SouthAgro. Dopo un dottorato di ricerca in Chimica Fisica presso l’ Institut Laue-Langevin di Grenoble e dopo aver fatto il divulgatore scientifico nei quartieri difficili d’oltralpe, oggi è un imprenditore attento alla Blue Economy. “Il mio sogno – racconta Valentino Russo – è stato sempre quello di creare un’attività che unisse le mie competenze di chimico alla mia passione per il mare e le piante. Per questo motivo sono tornato a Taranto nel 2018 e ho fondato SouthAgro”. La start up, nella quale insieme a Valentino lavorano 2 operai e un assistente di laboratorio, fin dall’inizio ha prodotto biofertilizzanti e biostimolanti ad uso agricolo ricavati dalle macroalghe. I primi anni, però, i prodotti, studiati e confezionati a seconda delle esigenze dei clienti, per lo più medie e grandi aziende agricole italiane, avevano come base unicamente alghe importate soprattutto dalla Groenlandia e dall’Indonesia, lavorate, poi, in un particolare reattore.
“Le alghe marine sono presenti da miliardi di anni nei nostri mari – continua Valentino Russo – tuttavia il loro sfruttamento nel Mar Mediterraneo è solo ai primordi. Noi di SouthAgro siamo impegnati a liberare tutto il loro potenziale visto che posseggono sostanze estremamente interessanti per la nutrizione delle piante terresti. Ed è per questo motivo che ho inseminato in laboratorio e poi immesso l’Ulva Lactuca nel Mar Piccolo di Taranto e la Chetomorpha nel Mar Grande in prossimità degli allevamenti di pesci e cozze. Dopo aver svolto il loro lavoro di operatori ecologici del mare, assorbendo anidride carbonica dagli impianti di acquacoltura, le ho lavorate ricavando la base dei biostimolanti e biofertilizzanti che la mia azienda produce”.
I vantaggi delle alghe marine del Mediterraneo vanno oltre i biofertilizzanti.
Rispetto alle microalghe, la cui produzione e commercializzazione ha avuto, negli ultimi anni, un forte impulso anche in Italia soprattutto perché impiegate come cibo alternativo o new food, le macroalghe del Mediterraneo, oltre ad assorbire l’anidride carbonica dal mare, a non consumare suolo agricolo destinato alla coltivazione di food e a non far ricorso alla chimica, sono anche capaci, ora, di restituire nutrimento naturale ai terreni. Per questo si candidano a essere parte attiva del Green New Deal (Patto Verde europeo che ha come obiettivo generale quello di raggiungere la neutralità climatica in Europa entro il 2050) e del Farm to fork (il piano messo a punto dalla Commissione europea per guidare la transizione verso un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente che punta, tra le altre cose, ad incrementare i terreni agricoli destinati a colture biologiche fino al 25 % entro il 2030 e ridurre del 50%, entro la stessa data, l’uso di pesticidi chimici in agricoltura).
Anche le macroalghe del Mediterraneo, che possono contare su una semplicità sia degli impianti di coltivazione sia di raccolta e trasformazione, quindi, potrebbero arrivare a guadagnarsi una buona fetta di mercato. L’alghicoltura, in forte espansione in tutto il mondo, è il settore della Blue Economy che, secondo le stime della Htf Research, crescerà del 4,5% l’anno fino a valere, nel 2025, circa 5 miliardi di dollari. “A oggi solo circa il 20% della produzione aziendale – continua Valentino Russo – si basa sulle alghe del Mediterraneo visto che posso contare su una superficie coltivabile di poco più di 1000 metri quadrati. L’obiettivo è quello di aumentare la produzione coinvolgendo più acquacoltori tarantini e magari ottenendo delle concessioni che, nonostante il valore del progetto, premiato anche con l’Oscar Green di Giovani Impresa Coldiretti nella sezione Fare Rete, stento ad ottenere anche per la mancanza in Italia di una specifica normativa riguardante il trattamento e la coltivazione delle alghe”.
Cresce la domanda di biostimolanti non solo a base di alghe del Mediterraneo.
Dalla Agriges, alla Cifo, passando per la Upl, la Fertenia, la Xeda, l’Alzchem, fino ad arrivare all’AlgaEnergy, all’Euro TSA e altre, tutte le più grandi aziende produttrici di fertilizzanti italiane e multinazionali, in questi ultimi anni hanno lanciato sul mercato biofertilizzanti e biostimolanti a base di alghe. La richiesta di questi prodotti, poi, stando ai dati del 2021, oltre che dagli agricoltori, arriva anche dagli appassionati di orti urbani e giardinaggio . È proprio in questi settori che l’uso di biostimolanti, stando alle stime delle maggiori case produttrici, è aumentata del 30% lo scorso anno. I lanci e gli investimenti sono stati supportati dalle numerose pubblicazioni che esaltano gli effetti benefici degli biostimolanti e dei fertilizzanti a base di alghe. Uno dei tanti, ad esempio, è lo studio condotto dal Centro di Sperimentazione Laimburg di Bolzano sul maggiore distretto produttivo italiano di mele. I risultati dimostrano che “l’estratto di alghe utilizzato ha aumento la qualità della mela esaltandone la colorazione rossastra e potenziando la concentrazione finale di antociani della buccia dei frutti. Ha ridotto del 20% l’incidenza del disturbo fisiologico e ha aumento la concentrazione di nutrienti (calcio, zinco e manganese) nella buccia delle mele”.
La domanda di biostimolanti in agricoltura è destinata a salire anche per effetto della crisi internazionale. L’Ucraina, infatti, era tra i maggiori Paesi produttori di fertilizzanti. “I prodotti biostimolanti e biofertilizzanti a base di alghe del Mediterraneo – conclude Valentino Russo – possono essere una delle soluzioni alla forte dipendenza di materie prime dai Paesi extraeuropei. Migliorano, infatti, l’assorbimento delle sostanze presenti nel terreno e diminuiscono quindi la necessità di input chimici, oltre ad avere una ricaduta positiva su tutto il territorio se inseriti in un progetto di rigenerazione ecologica”.