Rainvolution! Con un’immagine o un video. Contare le gocce, su una fotografia o un video, durante una giornata di pioggia, per estrarne dati e caratteristiche. Big Data utili per l’agricoltura, lo sport, i trasporti e la sicurezza. Ecco cosa fa WaterView, spin-off del Politecnico di Torino.
Fare una vera Rainvolution partendo da un’immagine o un video. Contare le gocce, su una fotografia o un video, durante una giornata di pioggia, per estrarne dati e caratteristiche. Sviluppare servizi per la raccolta e l’analisi di Big Data in ambito meteorologico. Tutto attraverso tecnologie innovative e brevettate, algoritmi sempre più intelligenti e il futuro di una community in divenire. Parliamo di una startup, WaterView, incubata all’interno di I3P e spin-off del Politecnico di Torino. Una realtà che ha appena ricevuto un round di finanziamento, da parte del Club degli Investitori, pari a 475mila euro.
Chi c’è dietro WaterView
La startup è stata fondata nel 2015 da Paola Allamano, Paolo Cavagnero e Alberto Croci. Li incontro in un pomeriggio di fine settembre, nel loro ufficio, dopo una mattinata passata sotto un cielo terso e un sole battente. Le condizioni contrarie a quelle in cui opera WaterView: «Il nostro progetto è nato all’interno del Dipartimento di Ingegneria Ambientale del Politecnico» mi dice Paola «Io e Paolo lavoravamo da tempo nello stesso ufficio, pur occupandoci di aspetti diversi dell’ingegneria dell’acqua. Alberto è entrato in Dipartimento in tempi più recenti. Quando abbiamo iniziato questo percorso, nel 2014, era un giovane dottorando e fin da subito si è occupato con passione di questo tema». Da allora il team si è allargato, quasi tutti sono ingegneri. «Anche se gli informatici hanno una loro vita parallela» aggiunge Paolo.
Come funziona WaterView
Chiedo loro di spiegarlo nel modo più semplice possibile: «Si ritrae un evento di pioggia in un’immagine o in un video. L’intensità di questa pioggia può essere quantificata “contando” le gocce che ci sono all’interno dell’immagine e misurandone dimensione e velocità. Basta una semplice foto in cui l’evento metereologico appaia in maniera chiara. E non c’è la necessità di impostare sulla camera delle condizioni particolari, anche se esistono delle impostazioni che facilitano l’analisi».
Ma scendiamo nei particolari: «La lunghezza delle tracce luminose lasciate dalle gocce di pioggia catturate in un’immagine dipende dai parametri di acquisizione dell’immagine o del video, primo fra tutti il tempo di esposizione. La conoscenza di questi parametri permette di calcolare la posizione, la dimensione e la velocità delle gocce ottenendo così una stima istantanea dell’intensità di pioggia al suolo». Come ricostruire un intero quadro partendo da poche, decisive, pennellate. E non ci sono particolari restrizioni sul device da utilizzare. Potenzialmente le immagini possono provenire da macchine fotografiche tradizionali, telecamere di rete, webcam e in un prossimo futuro anche dagli smartphone, che diventeranno così altrettanti pluviometri non convenzionali.
I campi di applicazione
Le soluzioni sono diversissime e aumentano con il passare del tempo. Grazie all’ampia gamma di dispositivi compatibili, e ai propri algoritmi, il monitoraggio delle precipitazioni atmosferiche di WaterView è utile in diversi ambiti: in agricoltura, contribuendo alla programmazione dei cicli di irrigazione e alla pianificazione di trattamenti fitosanitari; nei trasporti, rendendo più efficaci i sistemi di segnalazione nelle strade a scorrimento veloce e autostrade (visibilità e condizioni del manto stradale); e nello sport, elaborando previsioni meteorologiche precise e personalizzate a favore di circuiti di Formula Uno e MotoGP. E forse anche per il ciclismo.
Ma non solo. Un ruolo importante potrà essere giocato da WaterView a sostegno delle attività di protezione civile, durante gravi criticità come alluvioni o allagamenti. Un aiuto che non significa prevenire eventi di questo tipo, ma contribuire, con dati e numeri, a far prendere le decisioni migliori a salvaguardia di persone e cose. Un sistema unico, anche a livello internazionale: «A nostra conoscenza non c’è nessuno che lo stia facendo, neanche in altri paesi» sottolinea Paolo.
Cosa fare con questo primo round
Da pochi giorni è arrivato il riconoscimento del Club degli Investitori, che ha deciso di investire nel progetto. Le idee del team su come usare questi fondi sono molto chiare: «La prima parte sarà dedicata a completare lo sviluppo tecnologico per ottimizzare i tempi e migliorare ulteriormente l’accuratezza dei nostri sistemi. L’algoritmo è funzionante, ed è molto avanti, ma è necessario declinarlo sotto forma di prodotti e servizi. La seconda parte, invece, sarà dedicata alla definizione delle strategie commerciali e alla scelta delle partnership migliori per lo sviluppo dell’azienda. Vogliamo promuovere al meglio i vantaggi che può offrire WaterView sia per soggetti privati sia per la pubblica amministrazione e le istituzioni» dice Paola.
L’idea è quella di arrivare, nei prossimi anni, ad avere un grande e corposo insieme di dati partendo dall’Italia e dall’Europa. Big Data.
Ma nelle intenzioni c’è anche quella di creare una vera community: «Il nostro obiettivo è quello di arrivare a far sì che ci arrivino anche foto scattate dai cittadini, a cui restituire informazioni personalizzate ed in tempo reale sulle condizioni di pioggia che stanno vivendo» ricorda Alberto «Il sistema per sua natura non ha limiti territoriali e il nostro orizzonte non è Torino o l’Italia ma qualunque luogo dove avvenga un fenomeno simile».
Il rapporto con il Politecnico di Torino
Si parte da un presupposto importante: «Senza il Politecnico questo progetto non sarebbe mai nato. Tutte le persone chiave in WaterView si sono laureate ed hanno conseguito il dottorato al Politecnico, nel dipartimento di Ingegneria Ambientale» racconta Paola. «Il Politecnico ci sostiene tutt’oggi concedendoci l’uso dei propri laboratori ed ospitandoci presso i locali dell’Istituto Superiore sui Sistemi Territoriali per l’Innovazione. Come ex dipendenti la proprietà intellettuale del brevetto (in fase di estensione internazionale) è peraltro del Politecnico, ceduta a WaterView in licenza esclusiva. Chiaramente le dinamiche comprendono molti attori e non sempre è facile segnare un confine giusto per tutti. Ma per ora va bene così».
Eppure non mi stupisco quando, chiedendo una ricetta su come fare innovazione in Italia, ottengo una risposta particolarmente amara: «Si fa innovazione in Italia se non hai voglia o modo di andare all’estero. Perché, in caso contrario, vai via».