L’IIT di Genova e l’Università di Milano Bicocca hanno messo a punto prodotti intelligenti che curano i coralli dalle ferite causate dall’uomo
Non importa in quale parte del mondo si trovi. Ma la barriera corallina sta morendo. Negli ultimi 30 anni i coralli sono dimezzati, come testimoniano i ricercatori dell’Australian Research Council Centre of Excellence for Coral Reef Studies. Tra le principali cause c’è anche il riscaldamento globale, colpevole dello sbiancamento di queste specie marine. Un processo che avviene per l’aumento della temperatura dell’acqua che provoca la morte o l’espulsione delle alghe di cui il corallo si nutre, danneggiando lo stesso animale, fino, nella peggiore delle ipotesi, a causarne la morte.
L’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), in collaborazione con l’Università di Milano-Bicocca, ha sviluppato un trattamento con cerotti intelligenti in grado di curare alcune malattie di cui soffrono i coralli danneggiati dall’attività dell’uomo e dai cambiamenti climatici.
“La loro estinzione non danneggia soltanto il mondo marino – afferma Simone Montano, ricercatore del Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e della Terra e del MaRHE center dell’Università Bicocca a StartupItalia – Infatti, sono circa un miliardo le persone che vivono grazie all’ecosistema che ruota attorno al corallo“.
Leggi anche: Le barriere coralline stanno morendo, ora si possono salvare con la stampa 3D
La ricerca per salvare la barriera corallina
Sono oltre 40 le malattie che possono causare la morte di questi affascinanti e, al tempo stesso, importanti animali, mettendone in serio pericolo l’integrità degli habitat e la biodiversità.
I ricercatori hanno sviluppato un trattamento con cerotti smart, completamente biodegradabili e biocompatibili, da applicare sulle ferite dei coralli, che, aderendo completamente allo scheletro di questi, rilasciano in modo controllato principi attivi (come antibiotici e antiossidanti) senza disperderli in mare.
Leggi anche: Solo il 13% dei mari può dirsi ancora “incontaminato”
“Durante tutto il mio dottorato di ricerca ho sempre lavorato sui coralli, fino ad intraprendere il percorso insieme al team di Smart Materials dell’IIT di Genova”, racconta il dottor Montano.
Uno studio, che ha avuto origine un paio di anni fa, sui coralli appartenenti alla specie Acropora muricata tipici dei mari tropicali e a rischio di estinzione, e che è stato recentemente pubblicato su Scientific Reports, rivista del gruppo Nature.
“Grazie a questo prodotto, per adesso sperimentato soltanto su coralli allevati da noi ricercatori e cresciuti in strutture galleggianti, sia in acquario che all’interno del Marine Research Center alle Maldive, si potrebbero curare i coralli malati in loco, permettendone la stessa conservazione”, afferma il ricercatore.
Leggi anche: Riconoscimento facciale per pesci. L’occhio di Google studia gli oceani
Marco Contardi, ricercatore del team Smart Materials di IIT, è stato il primo autore dello studio.
Marco Contardi
“Fino a questa scoperta, i coralli si curavano incidendoli, per fermarne l’infezione, o rimuovendone, in parte o in toto, le colonie. Contardi aveva già messo a punto delle paste per la cura di queste specie marine“, spiega il dottor Montano. Un lavoro di squadra che evita gravi danni alla barriera corallina e la probabile morte di queste specie animali così belle e rare in seguito al contagio diretto con microorganismi pericolosi, quali batteri, protozoi, funghi e virus.
Come funziona il cerotto intelligente
“Questo cerotto biodegradabile, imbevuto di sostanze mediche, è composto da materiali di origine naturale. Il trattamento ha origine da un primo cerotto, che rilascia i farmaci direttamente nella ferita del corallo, evitando che questi vengano dispersi nell’ambiente, per poi cicatrizzare la ferita grazie all’azione di un secondo cerotto – spiega il dottor Montano – Il prodotto viene assorbito in toto dal corallo, che si rigenera nell’arco di un mese/un mese e mezzo. Attualmente si conoscono 40 patologie della barriera corallina che potrebbero essere curate sviluppando cerotti differenti, a seconda del tipo di malattia. L’ambizione, oltre a quella di verificarne l’efficacia su su larga scala, nell’ambiente naturale, è quella di poterne allargare il raggio di azione anche ad altre specie di coralli e organismi marini“.
Uno dei limiti di applicazione attualmente esistente riguarda, ad esempio, i coralli che vivono ad alte profondità e sono difficilmente raggiungibili dall’uomo. “Questo prodotto è un entry level che abbiamo testato per comprovarne l’effettiva efficacia, e che ha origine da studi su tecnologie pensate per la cura delle ferite in campo ospedaliero, ma desideriamo metterne a punto di nuovi sempre più efficaci”, rivela il ricercatore.