Nel mondo, il 9% della popolazione si definisce LGBT+. E mentre Brasile, Spagna e Svizzera sono i Paesi con il maggior numero di persone che si identificano come omosessuali, bisessuali, pansessuali e omnisessuali (il Brasile ha la percentuale più alta, 15%), al contrario Polonia, Giappone e Perù ne hanno il numero più basso (in Perù sono appena il 4%). I numeri variano molto in base alla generazione di appartenenza: infatti, la percentuale mondiale si impenna al 18% nella Generazione Zeta e si abbatte al 4% tra i Baby Boomer. Sono i primi risultati che emergono dalla ricerca Ipsos LGBT+ Pride Report, lo studio annuale che monitora la realtà, gli atteggiamenti, le opinioni circa la comunità LGBT+: sono 30 le Nazioni coinvolte dal report, 22.514 le persone intervistate. La ricerca fa il punto su temi sensibili che, se da un lato vedono allargare consenso e supporto da parte degli individui, dall’altra subiscono in maniera importante le polarizzazioni che alcuni Governi stanno generando.
Nel dettaglio il 3% della popolazione mondiale si definisce gay o lesbica, il 4% bisessuale, l’1% pansessuale o omnisessuale e l’1% assessuale. E a questo proposito, una lettura di genere riserva una sorpresa: gli uomini sono più propensi a definirsi omosessuali rispetto a quanto fanno le donne, 4% contro 1%. L’1% si identifica, poi, come transgender, l’1% non binario/gender non conforme/fluido e la stessa percentuale altro da maschio o femmina. Quanto al nostro Paese, si ritrova perfettamente in linea con la media mondiale: gli italiani che si riconoscono omosessuali, bisessuali, pansessuali o omnisessuali e asessuali sono il 9%. C’è poi il 4% di transgender/genderfluid/non binari.
Matrimoni omosessuali: i favorevoli e i contrari
Il dato mondiale molto positivo è che negli ultimi due anni tutti i segmenti della comunità LGBT+ sono diventati più visibili, particolarmente in Spagna, America Latina, Thailandia e nei Paesi anglofoni. Non solo: il supporto ai matrimoni tra persone dello stesso sesso spazia oggi dal 49% (la percentuale più bassa, registrata in Colombia) fino all’80% (punta toccata in Olanda e Portogallo) in tutti i 20 Paesi dove il matrimonio omosessuale è legale e in 2 dei 10 in cui non lo è, tra cui l’Italia. Nel nostro Paese il matrimonio egualitario non è riconosciuto, ma ben il 61% degli italiani si dice a favore, il 21% è comunque favorevole ad una qualche forma di riconoscimento legale per le coppie dello stesso sesso, mentre solo il 9% è totalmente contraria.
Un dato interessante è offerto da una lettura di genere dei dati internazionali: le donne supportano questa forma di unione molto più degli uomini, con uno scarto che tocca il 10%. Il dato in controtendenza? In tredici dei quindici Paesi dove la società di ricerca ha registrato appoggio ai matrimoni omosessuali, tale supporto è andato sì via via crescendo dal 2013 al 2021, ma in quell’anno si è stabilizzato o, addirittura, è a sorpresa diminuito. Nove Paesi, in particolare, registrano un declino del consenso del 4% (si tratta di Paesi Bassi, Svezia, Gran Bretagna, Germania, Turchia, Canada, Stati Uniti, Messico,Brasile ), l’Italia del 2%, mentre solo la Francia e il Perù mostrano il dato in aumento, del 4%.
Vuoi approfondire i dati? La ricerca completa LGBT+ Pride Report condotta da Ipsos è disponibile QUI.
Sì ai genitori dello stesso sesso
Nei 30 Paesi indagati da Ipsos, in media il 65% delle persone afferma che che le coppie omosessuali hanno le stesse chance delle coppie eterosessuali di essere buoni genitori e il 64% che dovrebbero avere anche gli stessi diritti di adottare bambini. La percentuale di chi sostiene l’adozione da parte di persone dello stesso sesso è altissima in Spagna (80%), Thailandia e Portogallo (77% entrambi), Svezia e Olanda (75%) ed è persino alta in quei Paesi, come l’Italia, dove le coppie omosessuali non possono adottare un bambino (64%, più 5% rispetto al 2021). I Paesi avversi, ovvero dove i favorevoli rappresentano la minoranza, sono Polonia, Turchia, Romania e Corea del Sud.
Transgender: i rischi delle polarizzazioni
Secondo il 67% del campione internazionale, infine, le persone trasgender subiscono tutte una qualche forma di discriminazione e per il 76% dovrebbero ricevere, per questa ragione, tutela, ad esempio sul luogo di lavoro. Il 55% ritiene che le persone transgender dovrebbero poter utilizzare strutture – come i bagni pubblici – che corrispondono al loro genere e il 53% pensa che passaporti e carte di identità dovrebbero prevedere per loro opzioni diverse dal binarismo maschio e femmina. Quanto agli adolescenti trangender, il 60% è d’accordo sul fatto che dovrebbero poter ricevere cure – ad esempio i trattamenti ormonali – per l’affermazione del proprio genere e il 47% che le assicurazioni private o il sistema sanitario dovrebbero coprire i costi della transizione di genere.
L’Italia si rivela, a sorpresa, piuttosto aperta sul tema, con punte di accordo superiori alla media. Tra i 30 Paesi considerati da Ipsos, il supporto alle diverse misure varia, comunque, in maniera importante: se è alto in Thailandia, in Spagna e in tutta l’America Latina, decresce in Corea del Sud, nell’Europa dell’Est e persino in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. Il dato è spiegabile alla luce della polarizzazione che ha assunto il dibattito in questi Paesi e della politicizzazione progressiva ad opera dei partiti politici.