Se ancora discutiamo se chiamare una donna sindaco o sindaca, direttore o direttrice (non considerando che pronunciamo istintivamente operaio e operaia, parrucchiere e parrucchiera). Se pensando di fare un complimento a una donna, scivoliamo ancora su un commento come “È bella, ed è anche brava sul lavoro”, ignorando, per assuefazione a cliché interiorizzati, che un complimento del genere non lo rivolgeremmo mai e poi mai a un uomo. Se, d’altra parte, pensando di fare un complimento a un padre, pronunciamo “È un bravo papà, lui aiuta molto la mamma con i figli”, ignorando, in questo caso, che un complimento così non lo rivolgeremmo mai a una madre. E ancora, se definiamo un bambino “l’ometto di casa” e una bambina “la principessina di papà” e se intimiamo a lei “Non fare il maschiaccio” e a lui “Non fare la femminuccia”, senza realizzare che stiamo applicando stereotipi di genere che contribuiranno a incanalare i destini del bambino e della bambina…
Ecco, se ancora inciampiamo in questi incidenti verba li senza, peraltro, neppure accorgercene, vuol dire che siamo ancora poco consapevoli del fatto che il modo in cui nominiamo la realtà contribuisce a segnare il modo in cui la abitiamo e che, perciò, i nostri limiti verbali diventano facilmente limiti reali, per non dire di quanto le espressioni, i complimenti, le definizioni che pronunciamo rischiano di fare sentire le persone a cui le rivolgiamo svalorizzate, più escluse di quanto pensiamo o inchiodate a schemi di genere in cui, magari, non si riconoscono.
Le parole che includono e liberano la mente
Discuteremo di come le parole possono, al contrario, includere, valorizzare, liberare la mente dagli schemi precostituiti in una serie di live focalizzati sul linguaggio inclusivo di genere, insieme al linguista Alessandro Lucchini: daremo, in questo modo, seguito alla serie di video-conversazioni Dentro le Parole che Mediobanca e Startupitalia hanno condotto per stimolare la community a riflettere sul linguaggio che include, che integra, che apre, che smantella i pregiudizi ed è capace di incoraggiare ciascuna e ciascuno a fare valere la propria unicità. “Se studiamo l’inclusione, di solito la prima partita che giochiamo è sul genere. Ed ecco subito lì lo scoglio del linguaggio sessista. Ma perché, le parole hanno un sesso? Hanno un genere, certo. E anche se ci stiamo facendo più accorti nel distinguere il sesso dall’orientamento di genere nella vita comune, nell’uso delle parole fatichiamo ancora a non farci imbrigliare dalle regole imparate alle elementari (che poi son mica leggi divine, son consuetudini, possono cambiare)”, commenta Alessandro Lucchini.
“Nell’uso delle parole fatichiamo ancora a non farci imbrigliare dalle regole imparate alle elementari”
“L’italiano ha il maschile e il femminile. Stop. Quanto ci farebbe comodo il neutro! E nel plurale ha sempre prevalso il maschile. Ci eviterebbe lo strazio dei plurali con asterischi, chioccioline, schwa, dalle stucchevoli duplicazioni (colleghe e colleghi) o da altre perifrasi con cui proviamo a metterci il cuore in pace. Ma se riduciamo il tutto a una pennellata di rigore inclusivo, un “diversity washing” che strilla al femminile i nomi delle professioni più prestigiose (ministra, assessora, deputata, avvocata, direttora…) accorciamo il respiro del pensiero. Le parole derivano dal pensiero, ma possono anche molto influenzarlo. Adottare un linguaggio inclusivo è sufficiente per ridurre il divario di genere nel nostro Paese? No, ma può aiutare. Se le parole non bastano per cambiare il mondo, di certo possono fare qualcosa per migliorarlo un po’”
“Dentro le Parole”: appuntamento online il 7 novembre alle 15!
Ci vediamo dunque on line, a partire dal 7 novembre, con la prima conversazione del nuovo ciclo Dentro le Parole, che avrà per tema il termine Sessismo. Seguiranno, con cadenza mensile, i live dedicati a sviluppare le parole Femmina, Potere, Binario, Violenza, Età, Differenze, Cura. Gli incontri si potranno seguire dalle pagine Facebook di Mediobanca e di Startupitalia e dal sito di StartupItalia.