Il primo muro flessibile low cost che può durare fino a 10 anni, e che si adatta alle esigenze anche estetiche di chi vivrà la nuova casa. L’idea è stata sviluppata dal Politecnico di Milano ed è già attiva in paesi come il Burkina Faso.
Nelle situazioni di emergenza è necessario da un lato fare in fretta, dall’altro fare bene. E possibilmente che questi due obiettivi si raggiungano spendendo poco. L’idea, brevettata dal Politecnico di Milano di muri flessibili ma resistenti, si fonda su questi tre pilastri. Si chiama Textile Wall ed è un pannello costituito da celle di materiale semirigido, che possono essere poi riempite con qualsiasi materiale a seconda delle caratteristiche strutturali che si desidera conferire all’abitazione.
Muri flessibili che durano 10 anni
Pareti duttili, che si piegano su se stesse come una porta a soffietto, ma che sono progettate per durare anche 10 anni. I “muri” si presentano come dei rotoli di 15-30 metri di lunghezza che ogni operatore può ritagliare e modellare insieme al futuro fruitore dell’abitazione, a seconda delle specifiche esigenze della persona che dovrà vivere all’interno della casa prefabbricata.
«L’idea si è sviluppata all’interno di SpeedKits, un progetto finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del Settimo Programma Quadro, e siamo agli sgoccioli, dato che il progetto si chiuderà nel febbraio 2016» spiega Alessandra Zanelli, fra i ricercatori coinvolti insieme a Salvatore Viscuso. «Non si tratta però di uno stimolo nato in ambito accademico, ma che al contrario deriva dalle esigenze espresse da diverse Organizzazioni Non Governative, che si trovano ogni giorno ad aiutare le famiglie a sistemarsi e a ricostruirsi un alloggio».
Un’abitazione a misura d’inquilino
All’interno di questo concetto, emerge un rispetto profondo per il futuro utente dell’abitazione, dato che la struttura è pensata modellabile proprio per venire incontro alle sue esigenze, ai suoi desideri molto meglio di quanto possono riuscirci le tradizionali tende prefabbricate tutte uguali. La letteratura mostra infatti che gli operatori preferiscono impiegare materiali e metodi processuali locali invece che avvalersi di prodotti importati dall’estero e difficilmente accettati dalle popolazioni locali.
Stupisce inoltre la longevità dei materiali, pensati per durare anche fino a 10 anni. Al momento si tratta di muri waterproof, cioè impermeabili e non molto alti, circa 160 cm, questo perché la richiesta è pervenuta da ONG che operano in regioni calde della Terra, come in Burkina Faso dove Textile Wall è già stato utilizzato, e dove è necessario che vi sia un’intercapedine fra il muro e il soffitto per far passare l’aria.
Il fatto che si possano impacchettare occupando poco spazio e che siano composte da materiali molti leggeri, agevola inoltre la distribuzione in aree che non sono raggiungibili per esempio via terra.
Abbiamo pensato a questi materiali e a questa struttura perché diventa semplice lanciare i pacchetti dagli aerei se le zone non sono raggiungibili dai camion
Come vengono fatti i Textile Wall
Tecnicamente, i muri sono realizzati con 2 strati di tessuto all’interno dei quali si trovano stecche rigide che devono essere impiantate nel terreno. Sono pannelli autoportanti che non necessitano quindi dell’impiego di elementi strutturali aggiuntivi. La struttura è inoltre cava e può essere successivamente riempita con altri materiali per stabilizzarla meglio. Con Textile Wall si possono creare pareti lineari, curve e angolari, sia per esterno che come divisorio per interni.
Lo strato interno è di PVC rigido e quello esterno di poliestere e poliuretano. «Non sono i materiali migliori sul mercato quando a impatto ecologico – spiega la Zanelli – ma per il momento la priorità era trovare materiali a basso costo in modo che le ONG o chi lavora in condizioni di emergenza potessero acquistarne il più possibile. L’idea in futuro è comunque quella di lavorare anche in questa direzione».