L’indagine di Comscore evidenzia atteggiamenti parzialmente diversi dalla vulgata sul tema: al giornalismo è assegnata onestà e credibilità ma per le fase più basse l’informazione è uno stress
I social? Sì, certo. Ma quanto cercano attivamente notizie e informazioni sui fatti di cronaca preferiscono i siti di news. Il giornalismo, insomma. Lo fanno ovviamente attraverso lo smartphone, in gran parte, ricorrendo alla ricerca via browser – non, dunque, dalle app delle testate che non scaricano quasi mai – e dagli aggregatori proposti dai sistemi operativi nei “centri notifiche” come Apple o Google News.
Gli italiani, soprattutto giovanissimi, stanno cambiando abitudini e per proteggere la propria identità digitale, preferiscono discutere le notizie che leggono con gruppi ristretti di amici rispetto alla condivisione on-line sempre meno frequente. Sono solo alcuni esempi dei dati che emergono dall’indagine di Comscore su campioni rappresentativi della generazione Z, dei Millennials e della generazione X, integrati con i dati di Audience Analytics delle piattaforme. Obiettivo: capire come si informino le fasce giovanili.
Per i più giovani informarsi è stressante
Gli italiani si informano online e lo fanno significativamente più di inglesi e americani, ma ciò che cambia notevolmente tra le varie generazioni è l’approccio che contraddistingue la generazione Z (sotto i 22 anni) rispetto alle generazioni successive. Il 59% dei giovanissimi legge le notizie online solo quando ha bisogno di informarsi, uno su tre dichiara addirittura di leggere le notizie malvolentieri (un dato che aumenta notevolmente tra i giovanissimi americani – 66,1% – e tra quelli inglesi – 53,2%) e un under 22 su cinque trova addirittura la lettura online delle notizie stressante. Un atteggiamento che cambia sensibilmente con l’avanzare dell’età e la maggiore maturità.
Quasi in un ribaltamento, infatti, nelle fasce più “anziane”: il 59% degli italiani nella forchetta d’età 23-38 anni e il 66% di quelli tra i 35 e i 54 anni si dichiara infatti “assiduo lettore di news” con livelli quasi doppi dei coetanei anglosassoni. Social o siti di news? I social sono senza sorpresa la fonte d’informazione primaria dei più giovani (il 43% della generazione Z si informa sulle piattaforme, il 35% sui siti di informazione, il 16% sui siti generalisti, il 6% su altre fonti) mentre le generazioni più adulte indicano i siti di news come fonte principale.
I siti di news considerati più accurati e onesti
I siti di news degli editori sono tuttavia, e questo accade in modo trasversale per tutte le generazioni, la destinazione privilegiata per chiunque voglia appositamente informarsi online su specifici fatti di cronaca. Per chi, insomma, abbia le idee un filo più chiare e vada proattivamente in cerca di approfondimenti. Parere condiviso dagli intervistati di tutte le età è che i siti di informazione abbiano un’accuratezza e un’onestà nel riportare le informazioni maggiore di quella che si può ritrovare sui portali, nelle notizie nativamente riportate sui telefonini e appunto su Facebook, Instagram, Snapchat o WhatsApp, dove invece se ne discute.
Quindi, al netto di errori o altri problemi, quando ci si vuole informare davvero la fiducia del lettore viene riposta prevalentemente nei siti di news. Un dato interessante, che se confermato smentirebbe di gran lunga la prosopopea con cui si discetta sul profondo cambiamento delle dinamiche informative nelle generazioni più giovani e non solo. Tutti sbagliano ma evidentemente secondo l’indagine sui social c’è ancora più confusione che su un sito giornalistico “tradizionale”.
Ci si fida di più delle notizie locali
Le notizie online più affidabili sono considerate non a caso quelle locali, sia in termini di onestà che di accuratezza dell’informazione, evidentemente più accertabile dai lettori dato che gli avvenimenti locali sono quelli che i lettori dichiarano di conoscere meglio. Subito a seguire, il lettore online di tutte le età, ripone fiducia nelle notizie di natura internazionale (in questo caso forse per la ragione opposta: difficile verificare di prima mano, occorre fidarsi) e solo dopo queste arrivano, in termini di fiducia, le notizie su argomenti nazionali. Spesso, tuttavia, non si incrociano molte fonti: la prima consultata è sufficiente per ritenersi informati. Lo spiega oltre l’80% degli intervistati, che non trova necessario procedere a ulteriori ricerche per verificare la notizia anche ricorrendo ad altri mezzi.
L’aspetto su cui vincono le piattaforme social è ovviamente la capacità di attrazione e tempi di fruizione, nettamente superiori ai siti di informazione. “In Italia si registra un maggiore interesse all’informazione on-line rispetto a Stati Uniti e Inghilterra, Paesi che determinano i modelli di business nel nostro settore. Gli spunti della ricerca sull’utilizzo delle fonti e sulla tendenza a condividere sempre sui social dovrebbero far riflettere sulle strategie distributive basate sulla viralizzazione dei contenuti e sulla misurazione di condivisioni o visualizzazioni di pagina sulle varie piattaforme” spiega Fabrizio Angelini Ceo di Sensemakers che rappresenta Comscore in Italia.
Dispositivi e tempi, domina lo smartphone
Capitolo dispositivi: tutte le generazioni si informano online prevalentemente da device mobili. A luglio, ad esempio, il 42% degli italiani ha consultato i siti di news esclusivamente mediante smartphone o tablet, device che hanno generato il 72% del tempo totale speso nella lettura delle news.
La tipologia di gadget utilizzata non può che influenzare il trattamento editoriale e la capacità di approfondimento. Un aspetto essenziale è quello della durata media di una visita a un sito di news, che se da mobile è di 1,8 minuti da desktop sale ovviamente a 5,2 minuti. Solo la generazione X è quella teoricamente più propensa (12%) a pagare un abbonamento per fruire di contenuti di news a fronte di un magrissimo 7% di propensione da parte dei giovanissimi della generazione Z. Tuttavia questa propensione a pagare aumenta sensibilmente però per altre tipologie di contenuti online, video e musica. “La limitata disponibilità a pagare per l’informazione si combina con l’aumento della competizione sulla capacità di spesa per altre forme di contenuti on-line e ciò potrebbe incentivare la nascita di offerte congiunte di servizi diversi” conclude Angelini.