Bisognerebbe smontare l’equivoco che riguarda la crisi che stanno attraversando gli uomini, perché non è vero che è la crisi degli uomini e della mascolinità: la verità è che è la crisi della mascolinità patriarcale, cioè di quel modo specifico di intendere l’essere uomini. Quanto prima gli uomini faranno chiarezza su questo equivoco e distingueranno, tanto prima ne saranno fuori, innanzitutto perché smetteranno di sentirsi attaccati.
Il valore di un uomo è determinato da ciò che fa
Occorre chiarire che non è la mascolinità a dividere il mondo in dominanti e dominati, in un genere superiore e in uno subordinato: è il patriarcato. Non è la mascolinità a sentirsi in diritto di comandare il tavolo, di avere l’ultima parola, di decidere per tutti e per tutte: è un tipo di mascolinità a farlo, ovvero quel modo di essere uomini che il patriarcato ha costruito nei secoli, alimentando il mito della virilità intesa come dimostrazione di forza e potenza, a scapito delle dimensioni emotive, affettive, e in qualche modo vulnerabili. Lo dice in maniera perfetta la stessa Bell Hooks nel suo bellissimo libro La volontà di cambiare: mascolinità e amore, pubblicato in Italia da Il Saggiatore, quando scrive che “nella cultura patriarcale ai maschi non è consentito essere semplicemente ciò che sono e gioire della loro identità unica. Il loro valore è sempre determinato da ciò che fanno. In una cultura antipatriarcale, invece, i maschi non devono dimostrare il loro valore. Sanno fin dalla nascita che il semplice essere dà loro un valore e il diritto di essere apprezzati e amati”.
Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere?
Il patriarcato ha sottomesso le donne, ma ha distrutto anche la felicità degli uomini. Ha vinto e ha resistito nei secoli perché ha fatto credere che il sistema patriarcale fosse un fatto naturale, rappresentasse cioè l’ordine naturale delle cose, l’unico ordine possibile del mondo, una specie di assioma primordiale, a cui si sono allineate via via tutte le umanità. Del resto, secondo un best seller che vende da trent’anni, gli uomini vengono da Marte e le donne vengono da Venere. E Marte era il dio della guerra e dei trofei e Venere la dea dell’amore, come se gli uomini fossero nati per combattere e le donne per amare, come se i primi non potessero anche saper amare, e le donne anche voler combattere.
In questo ordine in cui la legge dei padri è diventata la legge universale e il dover dimostrare di essere uomini lo scontato paradigma per ogni figlio, anche noi donne abbiamo interiorizzato l’idea di forza e valore virile e, dunque, abbiamo atteso che gli uomini della nostra vita – i nostri padri, i fratelli, i nostri compagni, i figli – corrispondessero a quel modo di essere maschi, e ci siamo aspettate che un padre diventasse la mano che ci avrebbe salvato dal fuoco, e un compagno le braccia che ci avrebbero messe al sicuro dal pericolo. Abbiamo, fino a ieri, allevato figli maschi che fossero capaci di disegnare per sé destini di coraggio e di valore e femmine capaci di accoglierli e accudirli.
Nuovi uomini stanno lanciando un nuovo disegno del mondo
Poi, a un certo punto le venusiane hanno rovesciato i tavoli e infranto l’ordine patriarcale.Cambiando loro, hanno costretto anche gli uomini a farlo. Molti stanno reagendo con l’aggressività, la rabbia, ce lo racconta ogni giorno la cronaca. Tanti si sentono messi all’angolo. Più facilmente, hanno paura. Alcuni invece no. I più sensibili, i più attenti o, semplicemente, i più giovani hanno oggi chiaro che grazie al patriarcato gli uomini hanno conquistato, sì, potere e privilegi, ma hanno perduto il loro essere: poiché si sono dovuti identificare nel ruolo, si sono smarriti come individui. Questi giovani uomini sono già mutati, ce lo dicono i nuovi studi e le ricerche: stanno provando modi alternativi di essere maschi – a partire soprattutto dalle esperienze di paternità – e dunque stanno già lanciando un nuovo disegno del mondo.
Chi deve sfidare il sistema?
ll patriarcato non c’è in natura: il patriarcato è in tutto e per tutto un’architettura sociale e perciò resta in piedi finché ci si adopera per preservarlo. Dunque, non basta criticarlo: bisogna metterlo in discussione e smantellarlo. La subalternità delle donne non cesserà fintanto che questa architettura resisterà ma, intanto, anche l’autenticità degli uomini ne resterà in ostaggio. Sono gli uomini, adesso, a dover sfidare tale costruzione: certo, rinunceranno a parecchie comodità, ai privilegi, alle rendite di posizione, ma accosteranno via via lo spiazzante benessere di scoprire tutto quello che possono essere e diventare fuori dall’obbligo del fare, del vincere, del dover dimostrare, ritrovandosi in un’identità finalmente più spontanea, più integra, più libera.