Si moltiplicano gli strumenti digitali al servizio degli agricoltori. Ma di chi sono i dati immagazzinati nelle varie piattaforme?
Sono in crescita, anche se in numero ancora limitato, le aziende agricole italiane che sfruttano le potenzialità messe a disposizione dal digitale. Ormai da diversi anni sono infatti disponibili software gestionali per condurre le aziende, così come piattaforme per il digital farming. Strumenti che permettono all’agricoltore di gestire il campo con una consapevolezza e precisione impensabile fino a pochi anni fa. Ma anche le moderne macchine per le lavorazioni dei campi sono in grado di raccogliere e trasmettere dati.
Negli Stati Uniti, dove la maggior parte di queste tecnologie sono nate e sono ampiamente utilizzate, da alcuni anni si discute di chi sia la proprietà dei dati raccolti in campo. Se dell’agricoltore, dell’azienda che produce il macchinario o di quella che ha sviluppato il software. La policy maggiormente adottata prevede che la proprietà del dato rimanga dell’agricoltore che autorizza l’azienda ad utilizzarlo per fornire il servizio e in maniera aggregata per migliorare la piattaforma stessa. I farmers Usa sono particolarmente attenti a questi aspetti, in Italia un po’ meno.
Terabyte di dati
Poniamo il caso di una azienda agricola italiana che abbia un approccio innovativo e lungimirante alla gestione dei campi. Utilizzerà dei software gestionali in cui sono riportate le attività colturali, gli agrofarmaci acquistati, i trattamenti effettuati, le derrate prodotte… Utilizzerà poi dei software di digital farming per monitorare lo stato di salute dei campi e decidere interventi come irrigazioni o fertilizzazioni. Impiegherà poi macchinari smart, come trebbie o trince, con sensori di carico, in grado cioè di misurare la produttività del campo. Senza contare i droni, le immagini satellitari, i sensori al suolo e le centraline meteo…
Insomma, una mole di dati enorme che oggi gli agricoltori non sono abituati a gestire e di cui spesso sottovalutano l’importanza. Molti agricoltori sarebbero disposti a cederli a fronte della fornitura di un servizio gratuito. Molti altri invece semplicemente non utilizzano queste tecnologie proprio perché non vogliono fare sapere a nessuno i dati relativi alla propria azienda.
Lavorazioni conto-terzi, dati dell’agricoltore
Un ruolo da non sottovalutare è quello dei contoterzisti che effettuando lavorazioni per conto dell’agricoltore possono raccogliere molti dati relativi ai campi dello stesso. Proprio di questo tema (e di blockchain) si è discusso durante un incontro promosso da UNCAI (Unione Nazionale Contoterzisti).
“Blockchain significa anche dare delle risposte certe circa la proprietà dei dati”, ha dichiarato il presidente Aproniano Tassinari, per il quale le informazioni su terreni, lavorazioni e prodotti agricoli, raccolte soprattutto dai contoterzisti per conto degli agricoltori, devono diventare un asset strategico del made in Italy. “Di proprietà dei titolari delle aziende agricole, per trasformarsi in reddito i big data devono farsi sistema, aggregando la sapienza di artigiani specializzati quali sono i contoterzisti”.
Negli Usa il tema è estremamente sentito e gli agricoltori stanno molto attenti ad assicurarsi la proprietà del dato. Il successo di piattaforme come Farmer business network è attribuibile in parte anche proprio al fatto di essere una piattaforma indipendente che tutela la privacy degli agricoltori. All’ampliarsi del mercato anche in Italia dovrebbe nascere questa consapevolezza.
D’altronde come ricordato anche nell’ultima ricerca dell’Osservatorio Smart AgriFood i dati sono il petrolio del nuovo millennio, anche in agricoltura. Per le aziende agricole, ma non solo.
Anche se in forma aggregata e anonima i dati contenuti nei database delle grandi piattaforme hanno un valore inestimabile per offrire servizi sempre più performanti, ma non solo. Una piattaforma adottata da una percentuale elevata di agricoltori e che ad esempio registra le produzioni dei campi potrebbe avere delle informazioni preziosissime da sfruttare sul mercato finanziario o delle commodities. O ancora ottenere inside da vendere alle compagnie di assicurazione o da sfruttare nel mercato dei futures. Esempi che confermano come anche in agricoltura il futuro della ricchezza è sempre più legato ai dati.