Tutta la storia di Grom raccontata in tappe, le 10 principali dell’azienda italiana nata nel 2002 con 32 mila euro e oggi acquistata dal colosso Unilever
Le polemiche sono tante, ma non solo ora. Nonostante l’incredibile successo Grom ha accolto e raccolto dibattiti fin dall’inizio. Perchè il solo connubio tra il definire il proprio prodotto “come una volta” o “a chilometro zero” e aprire decine di gelaterie non rispetta i canoni dell’eccellenza. Poi è stata la volta della diatriba sull’appellativo “artigianale”, che non ben si addice a un gelato fatto con preparati. E ora è la volta della Exit. Una multinazionale del food, l’anglo-olandese Unilever, compra l’azienda torinese. Ma non è stato dichiarato quanti milioni i due rampanti fondatori si siano messi in tasca. E molti si interrogano sul perchè della scelta: opportunità o bisogno? Che il colosso italiano dei gelati di qualità dovesse trovare un modo per uscire dall’empasse della crisi? Non parrebbe strano dopo un 2014 chiuso con due milioni di perdita. Ma com’è andata la favola di Grom?
1. Le origini
E’ il 2002 quando i non ancora trentenni Federico Grom e Guido Martinetti decidono di aprire una gelateria nella loro Torino. Non una gelateria qualunque. Una che facesse il gelato “come una volta”. Anche perchè a Torino di concorrenza ce n’è tanta. Grom nasce nel 2002 decantando il chilometro zero.
2. Mura Mura, la fattoria di Grom
Tant’è che nel 2007 a due passi da Torino, nelle Langhe, sorge Mura Mura, la fattoria di Grom da cui arrivano, a detta dei fondatori, gran parte degli ingredienti del tanto amato gelato. Che viene percepito da tutti proprio come quello “di una volta”, frutto di un’ottima strategia di comunicazione del brand ma anche di gusto e consistenza del gelato di Federico e Guido.
3. 32mila euro per partire
Partiti con un seed da 32.500 euro a testa, qualche soldo dai cosiddetti Friends Family and Fools e un prestito da 60.000 dalle banche, da e con una gelateria a Torino, riescono ad aprirne parecchie in Italia in pochissimo tempo. E se tanti gelatai fanno fatica a “tirare a fine mese” a Grom non accade: difficile non trovare coda in estate, ma anche in stagioni meno favorevoli, davanti a un negozio del marchio.
4. Lo sbarco a New York
Nonostante le critiche Grom continua a crescere. Nel 2007, dopo alcune gelaterie in Italia, apre la prima all’estero. E non in una città qualunque, ma nella Grande Mela. Dopo New York tantissime altre, da Parma a Dubai, da Roma a Malibu, passando per Parigi. Fino ad arrivare a contare 67 negozi, un fatturato di quasi 30 milioni di euro e 650 collaboratori. Dal 2011 al 2014 il fatturato della catena oscilla tra i 23 e i 25 milioni di euro all’anno.
5. Le polemiche sul chilometro zero
Ma le polemiche non cessano. Da quando in pochissimi anni Grom passa da una a decine di gelaterie in tutta Italia e nel mondo continua a chiamarlo “artigianale” pur elaborandone il preparato in un centro unico di produzione a Mappano di Caselle in Piemonte. La miscela viene infatti pastorizzata, congelata e trasferita nei punti vendita, per essere mantecata prima di finire nel pozzetto del banco frigo. Un po’ la differenza tra un piatto di pasta preparato al momento e uno, sempre fatto con ingredienti di prima qualità, ma precotto e surgelato.
6. Le difficoltà, l’ingresso del fondo arabo
E il fatturato comincia a scendere. Tanto che negli anni successivi ben tre soci industriali entrano in società. La giapponese Fukuoka, che al momento della cessione detiene circa il 7 % delle gelaterie. Poi è stata la volta di Illy che nel 2011 si aggiudica il 5% dell’azienda con un aumento di capitale pari a 2,5 milioni di euro. E il fondo del Qatar Ikram Group con circa il 6%. La cessione di quasi il 20% dell’azienda mediante aumento di capitale porta Grom a raccogliere circa 5 milioni di euro.
7. La bocciatura del Codacons: non è artigianale
Fino alla perdita anche del marchio “artigianale”: il gelato di Grom, infatti, non lo è. Da luglio del 2015 anche l’azienda si deve adeguare togliendo la dicitura a seguito di una diffida del Codacons.
8. Qualche gelato, molti fiori
Ma Grom resta un caso di successo, tanto che la sua storia diviene persino un libro, Storia di un’amicizia, qualche gelato e molti fiori, edito da Bompiani, scritto a quattro mani dai due fondatori.
9. L’exit a Unilever
Oggi Unilever, gigante anglo-olandese da 48,4 miliardi di euro (dato 2014), compra anche Grom. Anche, perché di marchi di gelato Unilever ne ha già due: Algida e Magnum. Mancava, in effetti, un brand “premium”. Sarà questo l’intento strategico della multinazionale?
10. La scalata internazionale
Per intanto i due fondatori “vedono” l’acquisizione come condizione imprescindibile per un reale sviluppo internazionale. E pare che continueranno a essere loro a gestire l’azienda da Torino.