La nuova strategia di advocacy di Greenpeace: dalle battaglie locali a iniziative di più ampia scala. Così social e What’s App sono diventati strumenti importanti per coordinamento e recruiting
La digital transformation interessa tutti. Non solo aziende pubbliche e private, ma anche soggetti attivi nel cosiddetto Terzo settore. Ossia, quegli attori la cui azione persegue finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, senza scopo di lucro e attraverso il volontariato. Ecco perché StartupItalia! per il verticale Impact ha deciso di approfondire questi temi con una rubrica di carattere settimanale che vedrà come sua prima protagonista l’organizzazione non governativa Greenpeace.
Una delle azioni più spettacolari compiuta in questi anni da Greenpeace: la scalata del Cristo Redentore a Rio de Janeiro (2006)
Come affronta le sfide della digitalizzazione la fondation nata a Vancouver quasi 50 anni fa? E su quali nuove strategie e progetti innovativi si è deciso di puntare per difendere l’ambiente? Abbiamo rivolto queste domande a Marcello Colacino, Head della Digital Unit di Greenpeace.
Dalle battaglie locali a quelle globali
Greenpeace segue le orme di Facebook. Qualcuno potrebbe definirla un’eresia, eppure l’approccio di queste due realtà, sebbene attive in campi completamente differenti, ha degli aspetti comuni.
Così come la tech company di Menlo Park ha scelto di puntare sui gruppi per aumentare l’engagement degli utenti, anche la Ong, almeno in Italia, ha deciso di affrontare campagne dal carattere maggiormente locale rispetto al passato. Il motivo è che queste ultime vengono percepite come più vicine ai problemi quotidiani della gente, aumentando in tal modo la partecipazione.
È una strategia di advocacy che necessita di tempo, ma che sul lungo periodo garantisce ottimi risultati. “Le persone si avvicinano a noi perché c’è un problema che le interessa, ma poi da lì iniziano a partecipare attivamente a battaglie sempre più grandi”, spiega Colacino.
Iniziativa di Greenpeace contro il nucleare
Ovviamente, gli strumenti di engagement restano gli stessi che negli anni hanno fatto diventare Greepeace un araldo della difesa dell’ambiente. Petizioni e raccolte fondi, dunque, che però si affidano sempre più spesso a piattaforme online specifiche (come Change.org) e condivisione dei contenuti via social. Sistemi che stanno progressivamente soppiantando i tradizionali banchetti informativi di strada e il volantinaggio.
Stop PFAS e Stop Diesel
Qualche esempio di campagne condotte con questo nuovo approccio? “Il primo di cui potremmo parlare è senza dubbio la campagna Stop PFAS che riguarda un problema di grande importanza per il Veneto, ma poco conosciuto nel resto d’Italia”.
Nel 2013 uno studio del Cnr rileva la contaminazione da PFAS nei fiumi e nelle acque potabili di una vasta area compresa tra le province di Vicenza, Verona e Padova. Gli PFAS sono sostanze chimiche pericolose presenti negli scarichi di industrie locali e Greenpeace inizia ad affiancare e supportare la popolazione locale che vuole un intervento della Regione.
La contaminazione da PFAS nelle acque di falda e dei fiumi in Veneto, rilevata da ARPAV tra il 2013 e il 2016
“Abbiamo cercato di contribuire attraverso un’opera di raccolta e diffusione digitale dei dati in modo trasparente e, soprattutto, facilmente accessibile. Così che ogni cittadino interessato potesse sapere quali fossero i livelli d’inquinamento zona per zona. E questa campagna ci ha permesso di raggiungere un nuovo genere di pubblico con alti volumi di mobilitazione”, aggiunge Marcello Colacino.
Risultati simili, anche se su scala maggiore, si sono raggiunti anche con Stop Diesel. Una campagna di sensibilizzazione sul tema dell’inquinamento cittadino da smog , condotta in 4 Comuni di grandi dimensioni (Roma, Milano, Torino e Palermo).
I valori limite di concentrazione del biossido di azoto (NO2) nell’aria dei 4 Comuni
“La particolarità di questa iniziativa è che, oltre all’attivismo online e offline, i volontari sono stati supportati con un kit apposito per organizzare azioni a livello locale in maniera autonoma”. Azioni in cui i partecipanti si contattavano e accordavano grazie al tam tam social dei contenuti che su Facebook, Instagram e What’s App diventavano virali.
La partecipazione passa per Wapp
E proprio da What’s App passerà la prossima grande campagna di sensibilizzazione lanciata da Greenpaece.
“Il nome dell’iniziativa, lanciata settimana scorsa in collaborazione con Repubblica, è Plastic Radar e offrirà alle persone un utile servizio per segnalare la presenza di rifiuti in materiale plastico sulle spiagge, sui fondali, o galleggianti sulla superficie delle acque italiane”, racconta Marcello Colacino.
Il fine ultimo è quello di poter dare un quadro il più definito possibile dell’inquinamento nei nostri mari. Una sorta di indagine giornalistica “partecipata” a cui le persone potranno dare il proprio supporto via Wapp. E di cui verranno presentati i risultati il prossimo settembre, in occasione del Salone Nautico di Genova.
Per effettuare una segnalazione sarà necessario scattare una foto del rifiuto e, se possibile, fare in modo che sia riconoscibile il marchio e il tipo di plastica di cui è costituito. Successivamente bisognerà inviarla al numero di Greenpeace (+39 342 3711267), insieme alle coordinate geografiche del luogo. Ogni segnalazione verrà poi elaborata e i dati relativi a tipo di rifiuto e posizione saranno disponibili online in forma aggregata, nell’arco di 24/48 ore.
Il numero delle segnalazioni giunte finora per la campagna Plastic Radar
Un ulteriore esempio di nuove tecnologie e mezzi di comunicazione possano trovare valida applicazione anche a difesa dell’ambiente con la creazione di gruppi di discussione e confronto.