Da Pixpil, micro software house cinese, un titolo indie che conquista
Certi legami valgono almeno la metà del successo di un videogioco. La storia di Joel e Ellie, i protagonisti della saga di The Last of Us, ha rappresentato molto di più che una pietra miliare del gaming dell’ultimo decennio: i due sono diventati un metro di paragone che oggi spinge chiunque recensisce un videogioco in cui scopriamo il legame tra un uomo solo, schivo, senza nulla da perdere e una giovane dai talenti inaspettati e un segreto da nascondere a riavvolgere il nastro della memoria a quando si è giocato ai due capolavori di Naughty Dog. Eastward, con molti meno soldi ma con tanta tanta ambizione, è l’ultimo lavoro di una minuscola software house cinese – Pixpil – che parla di giustizia e di avventura. Ispirandosi agli anime degli anni ’90, ci ha anche fatto tornare in mente la ricchezza dei personaggi e la profondità della trama che si ritrova nella serie One Piece. Scoprite di più nella nostra recensione di Eastward.
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Recensione di Eastward
Nulla di nuovo nell’incipit: come al solito il mondo è in rovina. Il passato di pace e prosperità è un lontano ricordo: oggi l’umanità che sopravvive a Potcrock striscia nelle profondità della terra, rassegnata a una quotidianità di incertezza e povertà. Questo non significa che il clima sia per forza tetro: i primi ambienti di gioco sembrano quelli di una periferia qualunque, fatti di negozi con luci al neon, roulotte e ragazzini che scorrazzano qua e là. In un attimo andiamo a conoscere Sam, fanciulla bionda e piena di vita, e John, minatore di poche parole: lui vede in lei una creatura da proteggere, lei in lui un padre per elezione.
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Di recente per Nintendo Switch – la console su cui abbiamo testato Eastward – vi abbiamo dato tutte le nostre impressioni su un titolo attesissimo come Baldo, ultima fatica di una software house siciliana. In entrambi i casi non si può che togliersi il cappello di fronte a un lavoro di sviluppo grafico e caratterizzazione degli ambienti a dir poco sorprendente. Certo, nel caso nostrano il lavoro è stato fatto su poligoni e non in 2D (ergo un punto in più all’Italia). Pixpil tanto quanto Naps Team hanno però dimostrato una cosa: anche in pochi si possono fare grandi cose. Eastward richiama gli Zelda di un tempo, ma anche come dicevamo un certo immaginario anime composto da luoghi magici e leggende. L’atmosfera iniziale ci ricorda, ad esempio, quella di un qualunque film d’animazione dello Studio Ghibli, dove la vita pullula in ogni angolo dello schermo.
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Il gameplay
Disponibile in inglese, Eastward è un lungo viaggio in stile RPG, con una pixel art strabiliante. Come altri titoli, si procede spesso in coppia, con entrambi i personaggi a disposizione: all’inizio, tuttavia, la missione tutorial consiste nel liberare una miniera da creature gelatinose. In questo frangente saremo soli con John per apprendere le dinamiche del combat system, decisamente essenziali: con una padella d’ordinanza affrontiamo i nemici e iniziamo a confrontarci con i primi dungeon, fatti di enigmi non proprio irresistibili, risolvibili spostando oggetti, ritrovando chiavi e attivando meccanismi.
Mano a mano che il gioco procede Eastward si svela per quello che è: uno scrigno ricchissimo di scenari sorprendenti, che portano Sam e John ad affrontare un viaggio tanto affascinante quanto rischioso: ci sono le occasioni per scoprire nuove città, conoscendone la cultura e parlando con i residenti; in altri casi, invece, bisogna darsi al combattimento con temibili boss. Come in Zelda, anche in questo caso la vita si misura in cuoricini, che potremo aumentare mano a mano che progrediamo. Qualche bug l’abbiamo trovato, come ad esempio quando ci siamo spostati in una sezione della miniera e lo schermo è diventato completamente scuro (forse le prime patch miglioreranno queste sviste). Tenero come pochi, Eastward sa toccare le corde giuste, ora che fuori inizia a fare più freddo e, non si sa perché, si è molto più disposti a lasciarsi catturare dalle storie senza tempo.