Unknown Worlds Entertainment ha lavorato anni su questo progetto videoludico
Con un titolo del genere è proprio il caso di dire che molta acqua è passata sotto i ponti da quando gli sviluppatori lo avevano annunciato. Era il lontano 2013 quando Subnautica iniziò a far parlare di sè, con un progetto di survival ambizioso, che voleva rendere credibile l’esplorazione di un immenso oceano con un gameplay ricco di attività e tutt’altro che ansiogeno (chi scrive ha paura quando l’acqua si fa scura, per esempio). Sviluppato dai britannici di Unknown Worlds Entertainment, alla fine, dopo qualche anno dal lancio su PS4 e Xbox, il videogioco è arrivato anche su Nintendo Switch, con una versione senz’altro meno immersiva (soprattutto se usate la versione portatile). Con questo non vogliamo però dire che l’esperienza risulti monca e che per godere di Subnautica fino in fondo ci vorrebbe un visore VR (ma quanto sarebbe bello, vero?). Scopriamo insieme che cosa più ci ha colpito di questo titolo indie.
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Subnautica: un progetto indie ambizioso
L’anima survival di Subnautica si capisce nei primi istanti di gioco. Se avete avuto già modo di godervi uno dei titoli del momento per PS5 – stiamo parlando di Returnal, qui trovate la nostra recensione – potreste trovare qualche lontana somiglianza. Anche in questo caso l’astronave del protagonista atterra su un pianeta sconosciuto: unici sopravvissuti, il nostro compito è esplorare. Ma a farci compagnia non saranno schiere di mostri da affrontare in un gameplay punitivo. Subnautica accompagna il gamer in un viaggio dove il combattimento è solo una parte del mondo acquatico. E, aggiungiamo noi, neppure quella più divertente.
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Disponibile in italiano, Subnautica utilizza gli schemi classici del survival, buttando il giocatore in un ambiente senza tanti preamboli. Per sopravvivere bisogna darsi da fare e muovere le pinne: la raccolta di materiali e di specie sarà fondamentale per potenziarsi. Non siamo in un open world, ma gli scenari sono davvero ampi e per platinare il titolo serviranno non poche ore. Andando a fondo nel gameplay, il titolo indie dà al giocatore la possibilità di controllare il proprio inventario attraverso un comodo tablet, ancora funzionante dopo il nostro delicato atterraggio in mare. La nostra navicella galleggiante, uscita con le ossa rotte dall’impatto, è la nostra base a cui tornare ogni volta per rimetterci in sesto, costruire, curarsi e poi tornare a nuotare in libertà.
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Il lavoro di sviluppo su Subnautica è stato notevole per una software house che non può certo puntare al tripla A e che ha dedicato davvero tanti anni per perfezionare il titolo. La vastità della mappa è impreziosita di dettagli che non sono stati messi lì a caso: ogni ambientazione marina, dalla più paradisiaca alla meno accogliente, ha flora e fauna di riferimento. Le creature più feroci non mancheranno e, in quei casi, è importante attrezzarsi con le armi giuste. Ma, torniamo a ripeterlo, il videogioco non vi punirà dopo il game over. Addirittura, per chi proprio avesse la fregola di nuotare e costruire senza curarsi di battagliare nei fondali, c’è la possibilità di tarare il grado di difficoltà, facendo in modo che di ossigeno e altre metriche ci si debba preoccupare il giusto (o per nulla).
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Un mare da scoprire
A livello grafico ammettiamo di essere rimasti sorpresi: senza gridare al miracolo il lavoro di adattamento sulla console portatile di Nintendo è stato più che discreto. L’acqua, protagonista indiscussa del titolo, ci ha fatto davvero sentire la nostalgia del mare e di una bella nuotata. Soprattutto quando si riemerge in superficie il movimento delle onde risulta piacevole e credibile. Qualche difetto comunque si trova: parliamo soprattutto di cali di frame rate e diversi effetti pop up. Concludiamo con la fauna marina: la software house ha ricreato un mondo subacqueo con colori sgargianti e specie di pesci decisamente bizzarre. Avvicinarcisi, spesso, è una tentazione troppo forte, ma è qui che la magia si spegne un pò. I loro movimenti sono abbastanza goffi, come se non si rendessero nemmeno conto della nostra presenza.