Con quali strumenti, su quali piattaforme, in quali modalità ci si può formare? Oggi lanciamo una speciale survey e ci mettiamo in ascolto della community per comprendere che cosa significa formarsi e quindi crescere
“In un mondo alluvionato da informazioni la lucidità è potere”. Così scriveva pochi anni fa Yuval Noah Harari nelle sue “21 Lezioni per il XXI Secolo”. Ma come mantenere questa visione lucida sul futuro in un mondo che corre veloce? Con quali strumenti, su quali piattaforme, in quali modalità ci si può migliorare e quindi formare anche in una logica continua e costante? E perché oggi la formazione, che si traduce come competenza trasversale abbracciando le soft skills e non solo necessariamente le hard skills, può aiutarci a decifrare la complessità e quindi a tradurre il mondo che verrà?
In fondo a queste domande qui in StartupItalia vogliamo provare a rispondere facendo la cosa che ci viene meglio: metterci in ascolto della community. Ecco perché oggi parte una survey, rivolta a tutti i lettori, che mira ad indagare in che modo – in questo tempo segnato da una battaglia continua dell’attenzione combattuta sugli schermi miniaturizzati degli smartphone – ci si forma e in fondo ci si migliora. Formarsi al meglio conviene, e ce lo confermano anche gli investimenti che coinvolgono startup e scaleup ovunque nel mondo. In America due giovani fratelli con Beamery stanno riscrivendo le regole di ingaggio e gestione dei talenti per le più grandi organizzazioni inserite nella classifica Fortune500. La loro startup, valutata oltre un miliardo di dollari, implica l’adozione di intelligenza artificiale per portare a bordo delle più grandi realtà i talenti, formandoli al meglio. La startup, oggi unicorno con headquarter londinese, ha annunciato di aver raccolto 50 milioni di dollari, operazione che porta la valutazione al miliardo e la raccolta a 228 milioni di dollari.
“Benvenuti nell’era della formazione verticale e al contempo trasversale. Solo la conoscenza può segnare un momento di discontinuità”
Attenzione però. Oggi la formazione è gravata dal fattore tempo – non abbiamo mai tempo, si scrive e si dice – e prova contemporaneamente a liberarsi dalle sue sovrastrutture. Una formazione continua e ibrida. Benvenuti nell’era della formazione verticale e al contempo trasversale perché abbraccia le grandi multinazionali, le Pmi e le startup più promettenti. Perché in fondo solo la conoscenza può segnare un momento di discontinuità. E perché oggi le sfide dell’innovazione nei mercati interconnessi si possono affrontare solo con un aggiornamento delle competenze in un equilibrio tra hard e soft skill, ossia tra ambiti sempre più specialistici e un approccio relazionale empatico e orientato al gioco di squadra. “Fino a pochi anni fa la tentazione che abbiamo tutti avuto era che la formazione fosse un atto di consumo e che le tecnologie spingessero in questa direzione per essere in grado di consumare la formazione velocemente. Oggi la prospettiva è cambiata: perché la formazione abbia un reale impatto non è sufficiente un atto di consumo, servono tante altre cose. Infatti è necessario unire contenuto e attività di ricerca. La formazione ha dovuto reagire all’emergenza, un po’ come tutti i settori che hanno affrontato l’evento imprevedibile della pandemia. Ma si è trattato di un processo di apprendimento straordinario che ci ha fatto capire come inizialmente la formazione potesse essere consumata grazie agli strumenti digitali. Oggi dopo tre anni abbiamo capito che la formazione è qualcosa di molto più complesso”, ha dichiarato Stefano Caselli, Direttore di SDA Bocconi School of management, durante lo StartupItalia Open Summit in Università Bocconi. L’altro tema è la partecipazione: oggi tutti hanno il loro ruolo, ma l’atto formativo è un atto di partecipazione e di scambio. Ne è convinto Caselli. “La partecipazione e la formazione non sono giochi solitari. La formazione è un sistema, è una rete. La formazione è un terreno comune che consente alle donne e agli uomini di spostarsi in diverse organizzazioni. Quindi questo è il gioco che dobbiamo tutti giocare”.
“La partecipazione e la formazione non sono giochi solitari. È un sistema, è una rete”
Formarsi per crescere. Ma anche formarsi per cambiare lavoro e persino vita. Scommettere sui propri talenti, che spesso sono il prodotto della storia e della comunità di appartenenza e delle occasioni che si sono presentate. Lo ha scritto anche Malcolm Gladwell, giornalista e sociologo canadese, autore del best seller tradotto in Italia col titolo di Fuoriclasse: “Pensiamo al giovane Bill Gates e ci meravigliamo che il nostro mondo abbia permesso a un tredicenne di diventare un imprenditore dal successo favoloso. Ma questa è la lezione sbagliata. Il nostro mondo ha solo concesso a un ragazzo l’accesso illimitato ad un terminale in time sharing nel 1968. Se a un milione di adolescenti fosse stata data la stessa opportunità, quante altre Microsoft avremmo oggi?”