La startup medtech BionIT Labs ha realizzato Adam’s hand. Il team ha vinto il Premio Imsa e con il prossimo round di Serie A punta a raggiungere gli Stati Uniti. Intervista al trentenne Giovanni Zappatore, ingegnere meccanico e CEO della startup: «Andremo in Texas, lì c’è mercato»
«Ogni ingegnere ha un sogno: il mio è sempre stato replicare la complessità della mano. Sono partito da solo, quando studiavo all’Università del Salento. Nel 2018 si sono aggiunti poi al progetto Matteo Aventaggiato e Federico Gaetani, gli altri cofounder». Giovanni Zappatore, classe 1991, è il Ceo e fondatore di BionIT Labs, startup medtech che ha realizzato e messo in commercio Adam’s hand, una mano bionica rivolta a persone amputate o a chi ha patologie congenite. L’azienda, con sede in provincia di Lecce, ha vinto il Premio Imsa, l’Italian master startup award, con un progetto che ora punta all’internazionalizzazione grazie al round Serie A in corso.
Costruire una mano bionica
Partito come progetto in solitaria, BionIT Labs oggi è una startup che ha 30 dipendenti, di cui la metà composta da ingegneri. «Una mano deve essere forte, robusta, ma anche leggera. Deve favorire sia movimenti con destrezza, sia sopportare carichi elevati. Deve essere tanto sensibile quanto resistente». Un problema ingegneristico non da poco. «All’inizio ho approcciato l’argomento con scopo di ricerca, poi andando avanti ho capito che c’era la possibilità di risolvere i problemi dei pazienti». Ad oggi BionIT Labs ha raccolto circa 7 milioni di euro, con l’investimento anche da parte di CDP Venture Capital.
Su StartupItalia parliamo spesso di robotica, un settore che spazia dall’ecommerce fino all’automotive. Amazon, per esempio, ha appena introdotto robot umanoidi nei propri stabilimenti a Seattle grazie alla tecnologia di una startup. Nel 2021 la sudcoreana Hyundai ha annunciato il completamento dell’acquisizione di Boston Dynamics, uno dei progetti imprenditoriali che ha riscosso più successo a livello mediatico (anche per via delle prestazioni atletiche dei robot).
«Abbiamo impiegato sei anni di ricerca e sviluppo e siamo arrivati sul mercato nel marzo 2023 – ci spiega Giovanni Zappatore -. L’abbiamo chiamata Adam’s hand perché è la prima del suo genere». Una persona indossa la mano bionica con la facilità con cui si calza una scarpa. Ma come funziona il meccanismo che fa muovere le dita? «I prodotti competitor chiedono al paziente di memorizzare una combinazione di input: i muscoli poi ordinano alla mano se effettuare una presa cilindrica o di precisione. Con la nostra tecnologia bisogna solo aprire e chiudere la mano tramite muscoli estensori e flessori: è lei ad adattarsi poi all’oggetto da prendere. Permette di sollevare fino a 40 kg». Per il meccanismo interno la startup ha utilizzato acciaio e allumini ad alte prestazioni. «Il guanto esterno è impermeabile e può esser personalizzato in varie colorazioni».
Il mercato di BionIT Labs
Come ci ha spiegato Giovanni Zappatore il costo di una mano bionica di BionIT Labs varia tra i 30 e i 40mila euro. «In Italia il mercato è particolare perché il rimoborso è molto basso: circa 8mila euro legato a un vecchio nomenclatore tariffario. Solo in caso di incidente sul lavoro la legge prevede il rimborso completo. Al momento abbiamo venduto una decina di prodotti ed entro novembre saranno una ventina». Non si tratta di un business B2C, perché la startup collabora con i centri ortopedici, dove sono anche effettuabili riparazioni eventuali senza la necessità di spedire la mano bionica alla casa madre.
Con il Serie A in corso BionIT Labs punta a raccogliere sufficienti risorse per raggiungere gli USA. «L’aumento di capitale ci servirà per aprire la sede negli Stati Uniti, il mercato più importante: vale il 50% a livello globale. Andremo molto probabilmente in Texas». Progressi di cui senz’altro vi parleremo, ma dal momento che spesso si parla di divario tra nord e sud, anche quando si tratta di startup, abbiamo chiesto al Ceo se avesse mai pensato di trasferire le attività a Milano.
«Abbiamo scelto di rimanere qui in Salento. Per quel che facciamo essere qui o a Milano avrebbe cambiato poco. Per fare davvero la differenza dovremmo essere negli Stati Uniti – ha concluso Giovanni Zappatore -. Vivere e lavorare nel Salento ci ha permesso di mantenere una qualità della vita impareggiabile, facendo alta tecnologia con costi decisamente più bassi».