Classe 1998, influencer e imprenditrice. A soli 25 anni ha già acceso due startup e ha messo assieme una community legata ai disturbi alimentari. «Ho fallito e ho sbagliato un sacco. Ma tutto ciò è stata una grande scuola». La nuova puntata della rubrica Venti di Futuro firmata da Eleonora Chioda
Anche Martina Domenicali sarà con noi al SIOS23 Winter Edition, che torna giovedì 21 dicembre a Milano nel prestigioso Palazzo Mezzanotte, sede di Borsa Italiana. Vieni ad ascoltarla dal vivo e iscriviti qui all’evento. Scopri qui gli speaker e il programma.
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Ha 25 anni, una doppia laurea in giurisprudenza, due startup (una che è fallita e una nuova in ambito legal tech), e una community su Instagram di 100mila persone dove racconta la sua vittoria contro i disturbi alimentari e quanto sia bello fare startup. «Mi sento realizzata solo quando faccio innovazione». Si chiama Martina Domenicali, è la co-founder di Lexroom.ai, startup che sfrutta le potenzialità dell’intelligenza artificiale generativa a supporto dell’attività di un legale.
Laurea in giurisprudenza a Bologna, master in diritto delle nuove tecnologie al King’s College di Londra. È qui che mentre studia, Martina ha l’idea di creare una prima startup in campo educational. «Si chiamava Outcity e partiva proprio dalle nostre difficoltà di studenti all’estero. Era una sorta di TripAdvisor per chi studia fuori sede. L’obiettivo era aiutare a orientarsi chi decide di fare un percorso di studi lontano da casa». Le cose però non vanno bene, la startup chiude ma lei impara. «Ho fallito, sbagliato un sacco. Eppure quella è stata una grande scuola. Mi ha fatto capire che ciò che volevo fare nella vita era creare un’impresa e non rinchiudermi in uno studio legale». Cosi, forte di questa consapevolezza, Martina non molla: fa un processo di selezione per entrare in Vento, venture builder non-profit che con il sostegno di Exor aiuta i giovani a creare da zero aziende disruptive.
«Vento scommette sulle persone. Ogni anno cerca 30 aspiranti imprenditori, con background e competenze diverse, che vogliono rischiare e creare un progetto tutto loro». Martina passa le selezioni ed entra nel gruppo dei 30. «Mi hanno detto: vorremmo che ti mettessi in gioco al 100%, per creare un tuo progetto da zero». All’interno di Vento trova i due soci: Paolo Fois, con background ingegneristico e Andrea Lonza, esperto in computer science. «L’idea di Lexroom.ai è nata guardando la vita di amici praticanti in studi legali. Vedevo che passavano ore e ore a fare ricerca di leggi e normative a supporto della loro attività e al tempo stesso studiavo le potenzialità e i rischi dell’intelligenza artificiale generativa. Cosi mi sono detta: perché non trovare una soluzione che li aiuti a ottimizzare il tempo? Mi mancavano le competenze tecniche e le ho trovate nei mei co-founder. Lexroom.ai funziona cosi: si entra sulla piattaforma e si pone all’intelligenza artificiale un vero e proprio quesito giuridico in linguaggio naturale, specificando anche il contesto. L’IA risponde mettendo a sinistra le fonti giuridiche rilevanti, mentre a destra indica una traccia di risposta al quesito. Si tratta di una bozza di parere. L’obiettivo? Dare al legale un superpotere, non sostituirsi a lui».
Sul tema ricerche legali e intelligenza artificiale nei mesi scorsi ha fatto notizia la storia di un avvocato americano che si era affidato all’intelligenza artificiale citando sette sentenze fasulle su casi mai esistiti. «Rispetto a ChatGPT, il nostro database è stato costruito con fonti giuridiche verificate e costantemente aggiornate. La prima versione è stata rilasciata in co-design con Stefano Mele, partner di Gianni & Origoni». E se la macchina ha “allucinazioni”? «Il nostro software cita sempre la fonte di rimando. L’avvocato può e deve verificare». Il modello di ispirazione è il copilota legale creato dalla startup americana Harvey.ai. Supportata da Exor, Lexroom.ai ha lanciato a ottobre il software sul mercato italiano, che si può acquistare con una licenza annuale. «A oggi abbiamo 10 clienti e in media il tempo risparmiato rispetto a metodi di ricerca legale tradizionali è del 73%». «Fare startup è difficile. Sono consapevole dei rischi e di quanto sia una scelta impegnativa, ma io sento che è il lavoro dei miei sogni. È per questo che voglio condividerlo…».
Condividere è una parola chiave nella vita di Martina. Condivisione è anche il titolo del suo Tedx di Sassuolo, dove ha raccontato un suo percorso di rinascita e guarigione. «Avevo 14 anni e soffrivo di bulimia, che come uno tsunami per 6 anni ha travolto ogni mia certezza. Avevo un rapporto sbagliato con il cibo e questo era il sintomo di un malessere e di una depressione profonda. È stato difficile ma ho trovato la luce in fondo al tunnel. A 20 anni sono guarita e mi sono tatuata la parola gratitudine. E ho deciso che avrei condiviso la mia esperienza e aiutato chi si trova in questo tunnel». Cosi quando si accorge che la sua pagina Instagram, dove fino a quel momento ha raccontato la sua quotidianità, ha 40mila follower, decide di raccontare la sua storia. «La condivisione crea ponti e amplifica il bene. Mi sono immaginata 40 mila persone davanti a me. E ho capito che dovevo fare qualcosa. I disturbi del comportamento alimentare sono ancora un tabù: ho cercato dentro di me il coraggio di parlarne. Ho usato i social come un megafono. Per cambiare la situazione e aiutare gli altri. Ho iniziato a raccontare nelle stories il mio percorso e come ne sono uscita. Ogni giorno decine ragazze e ragazzi mi scrivono. Sì, anche ragazzi. Queste malattie riguardano anche gli uomini e nessuno lo sa. Sono disturbi molto diffusi nell’era dei social media. Viviamo in un confronto continuo con gli altri e con modelli che rimandano un’immagine di fisicità che non ci corrisponde e trasmette ansia». Martina va nelle scuole con l’associazione no profit Animenta. Racconta per sensibilizzare. Intanto sulla sua pagina @MartinaDomenicali fa conoscere anche ai più giovani che cosa significa fare startup. «Invito la mia generazione a buttarsi, a non seguire binari già impostati. Davanti a noi abbiamo tante strade, tante opportunità. Scegliere ci fa paura. Ma fare impresa è una cosa bellissima che ci permette di costruire un mondo nuovo».