Un’indagine di LinkedIn analizza le ragioni delle pause di carriera, le competenze acquisite e il modo in cui il settore HR guarda quelle interruzioni, lontano dai pregiudizi del passato
Equilibrio tra vita professionale e privata, pause di carriera, lavoro ibrido e addirittura, nei mesi seguenti alle fasi più acute della pandemia, “great resignation”, le dimissioni volontarie: negli ultimi due anni questi temi sono entrati prepotentemente al centro del dibattito pubblico sul mercato del lavoro, a fronte delle nuove dinamiche lavorative implementate in risposta all’emergenza pandemica. Ma in molti casi già diffuse.
La ricerca di LinkedIn
Una ricerca condotta da LinkedIn accende ora la luce, più nello specifico, sulle pause di carriera, ovvero sulle interruzioni di più di un mese nell’arco dell’attività lavorativa, sia imposte che volute. Un fenomeno che in Italia, e nel mondo, è spesso vissuto ancora con vergogna o con rassegnazione ma che, nel giusto contesto, può rappresentare un’opportunità per migliorarsi.
Oltre un quarto ha avuto pause di carriera per scelta
Secondo l’ultima ricerca della piattaforma social professionale oltre un quarto (27%) degli intervistati ha avuto una pausa di carriera (per esempio a causa della perdita del lavoro, dell’abbandono del lavoro, del congedo parentale, viaggi, istruzione ecc.) per scelta, mentre quasi un quinto (18%) degli intervistati ha avuto una pausa, ma non per scelta. Infine, poco meno di tre intervistati su cinque (57%) non hanno avuto mai una pausa nella loro carriera.
L’età media: 29 anni per le donne, 31 per gli uomini
Un dato rilevante riguarda l’età in cui, mediamente, le persone prendono, o affrontano, una pausa: 29 anni per le donne e 31 per gli uomini. Le motivazioni più frequenti rilevate tra i partecipanti sono, a pari merito, la perdita del posto di lavoro e la scelta di prendersi del tempo per ragionare sui prossimi passi da intraprendere. In una percentuale piuttosto significativa di casi la decisione è legata alla sfera della salute mentale: il 10% ha dichiarato di aver preso una pausa perché in burn-out.
La ragione per le pause di carriera: acquisire nuove competenze
Un’altra ragione che spesso porta a lasciare temporaneamente il lavoro è l’esigenza e quasi l’urgenza di acquisire nuove skill, rilevata nel 12% dei casi, così come quella di intraprendere un percorso di formazione. Così, le pause di carriera costituiscono per molti un’occasione importante per migliorare le proprie hard e soft-skill. Tra le prime acquisite durante la pausa di carriera c’è la capacità di pensare in modo creativo (28% donne, 24% uomini). Tra i millennial coinvolti nella ricerca, il 42% sostiene di aver imparato a gestire meglio il proprio tempo durante una pausa di carriera, mentre solo il 27% dei baby boomer ha dichiarato lo stesso. Pazienza, consapevolezza di sé, organizzazione, empatia e assertività sono invece tra le soft skill che le persone sostengono di essere riuscite ad acquisire o rafforzare in questi periodi di pausa tra un lavoro e un altro. Non solo: il 61% degli intervistati sostiene che le capacità acquisite sono state riconosciute positivamente dai successivi datori di lavoro e il 18% ha dichiarato che sono state valutate come altamente positive. Insomma, al rientro sono poi tornate molto utili.
Osservando il punto di vista degli HR manager quando si parla di pause di carriera, tra le principali competenze acquisite ci sono migliore gestione del budget(28%), pensiero creativo (28%), gestione del tempo (28%) e pazienza(25%).
Come cambiano gli HR manager sulle pause di carriera
La pandemia ha portato anche a un cambiamento di tendenza tra gli HR manager che sono più aperti a dare una nuova opportunità a chi ha nel proprio cv una pausa di carriera e, dunque, a ribaltare quel pregiudizio visto in precedenza. La metà (50%) dei responsabili delle risorse umane consultati è infatti più propensa ora rispetto a prima della pandemia ad assumere chi si è preso una pausa di carriera; in particolare lo sono i responsabili delle risorse umane in aziende con più di 500 dipendenti dove oltre due intervistati su tre (68%) assumerebbero qualcuno che ha preso una pausa di carriera.
Perché quelle interruzioni vengono ancora minimizzate
È, inoltre, importante descrivere e dare valore alla pausa di carriera nel proprio curriculum, e i professionisti non sempre riescono a farlo nel migliore dei modi. Secondo gli esperti di risorse umane l’errore più grande che i candidati fanno quando si tratta di affrontare il tema della pausa di carriera durante il processo di assunzione è cercare di minimizzare la propria pausa piuttosto che evidenziarla come una risorsa. I candidati pensano di essere valutati meno per ciò che riguarda i termini di retribuzione o anzianità nel ruolo successivo. Infine, il 53% ha affermato che i candidati non parlano in modo proattivo della propria pausa di carriera.
Lo stigma è dunque ancora molto profondo: il 48% degli intervistati è preoccupato che il proprio curriculum possa diventare meno desiderabile agli occhi degli HR manager e dei recruiter e il 25% ha dichiarato di non aver incluso i periodi di pausa nel proprio curriculum o nel profilo LinkedIn. Un altro dato rilevante è che il 60% delle donne sostiene che una pausa di carriera non dovrebbe essere percepita come penalizzante, mentre solo il 51% degli uomini dichiara lo stesso.
Il sondaggio di StartupItalia
Anche in StartupItalia, in particolare durante l’organizzazione di Unstoppable Women 2022, siamo partiti come spesso facciamo dai dati che fotografano la situazione professionale e lavorativa in Italia. Ci siamo interrogati su come evolve e quali cambiamenti racconta: per approfondire il tema abbiamo deciso come sempre di coinvolgere la nostra community con questo sondaggio. È pensato in forma anonima, perché siate liberi e libere di condividere le vostre esperienze. Al termine della compilazione, è possibile inserire il proprio indirizzo e-mail e iscriversi alla newsletter di StartupItalia. I risultati saranno presentati sul nostro sito startupitalia.eu e sui nostri canali social.
Andreani: “Un problema di ordine culturale”
“Il primo passo per annullare lo stigma delle pause di carriera è di ordine culturale e corrisponde a far passare il fatto che le fasi della vita siano cambiate. Mentre nel XX secolo era normale prevedere che, da una fase di formazione iniziale, si passasse a una vita lavorativa senza soluzione di continuità fino alla pensione, attualmente lavoro e formazione si sovrappongono e si alternano in uno sviluppo personale che non si arresta neppure in età avanzata – spiega Fabiana Andreani, Senior training manager e consulente di carriera – non solo: la durata stessa dei singoli rapporti di lavoro diminuisce e soprattutto le giovani generazioni non sono più disposte a fare a patti tra i valori di un’azienda e i propri. Tutto questo non può passare inosservato a un HR Manager in quanto, a prescindere dalla causa, qualsiasi break è ora da intendersi come un momento di consapevolezza, prezioso per capire come orientare la propria carriera, e per ripensare, soprattutto in momenti storici così delicati, alla centralità della salute mentale nella vita di ogni professionista”.