Claudio Colaiacomo, Vice President Global Academic Relations di Elsevier, a StartupItalia: “Ci siamo chiesti quale fosse l’impatto di Kyiv nel dibattito accademico prima della guerra, i Paesi con cui collaborava di più, se queste collaborazioni fossero fruttuose meno”
Ai tempi dell’Unione Sovietica, l’Ucraina era uno dei cuori pulsanti della ricerca dell’Urss. Pare che il Cremlino tenesse in gran considerazione gli specialisti di Kiev. Una tradizione di collaborazione accademica che è proseguita anche dopo il 1991, e che è stata messa a repentaglio dal 24 febbraio di quest’anno.
Nelle guerre moderne, il fronte è ovunque esista una bandiera, e la scienza non fa eccezione. Gli ucraini hanno chiesto alle riviste di settore di non pubblicare articoli di ricercatori russi: appello che è stato (fortunatamente) accolto da poche. Per tutta risposta, Mosca, in una sorta di autarchia della conoscenza, ha invitato i propri accademici ad astenersi dal condividere i propri lavori su testate straniere, ed è noto quanto possano pesare le raccomandazioni del Cremlino.
Nonostante ciò, cinquemila scienziati russi hanno firmato una lettera che condanna fortemente la guerra. Tra di essi, 85 membri dell’Accademia russa delle scienze, istituzione governativa che sovrintende a buona parte della ricerca nel Paese. Uno di loro, il biologo Eugene Koonin, che lavora allo US National Center for Biotechnology Information in Bethesda, si è dimesso da membro residente all’estero, riporta Nature, citando l’inazione del vertici.
La confusione, insomma, è grande, come ricostruito con dovizia in un bell’articolo di Agnese Codignola per il Tascabile. L’emotività non aiuta a gestire i conflitti. E neanche il clamore mediatico, le polarizzazioni del dibattito sui mezzi di informazione sono d’aiuto quando si tratta di salvare il salvabile.
Ricercatori ucraini, ventiduemila scienziati sono scappati
Secondo una stima di Nature, sono circa 95.000 i ricercatori ucraini. George Gamota, un fisico nato nel Paese ma naturalizzato statunitense, suggerisce che 22.000 siano scappati dal conflitto, in quella che è stata la più grande crisi migratoria in una generazione. Tra i cinque milioni di persone che attraversavano i confini con le valigie e pochi beni sottobraccio, qualcuno persino con il cane o il gatto, c’erano anche loro. Bivaccavano assieme agli anziani nelle tendopoli delle stazioni di Varsavia e delle altre città polacche, lo sguardo attonito, in attesa di conoscere la prossima tappa dell’estenuante viaggio che accomuna i rifugiati.
Per loro, a differenza di chi è senza istruzione e non parla le lingue, trovare lavoro sarà più facile, anche per la solidarietà internazionale raccolta attorno all’hashtag #ScienceforUkraine o a progetti come Scholars at risk. L’Università di Edinburgo ha messo a punto lo schema “Academic Beyond Borders” che consente agli studenti provenienti da paesi in guerra di iscriversi come “remote visiting students” e ricevere supporto online, come la supervisione dei percorsi di dottorato e l’accesso alle risorse delle biblioteche digitali di ateneo.
Ma l’Ucraina ha perso un serbatoio di conoscenza senza il quale la ripartenza sarà ancora più difficile. E che dovrà essere ricostruito pressoché da zero. Anche perché è lecito immaginare che i migliori saranno tentati di trasferirsi in maniera definitiva. In inglese si dice brain drain: è quello che nella nostra lingua chiamamo fuga dei cervelli. E se le conseguenze in Italia sono state ampiamente analizzate e sottolineate, è facile comprendere le ripercussioni nel caso ucraino.
L’impatto della ricerca ucraina: i numeri di Elsevier
Ma qual era, a livello internazionale, l’impatto del lavoro dei ricercatori ucraini? I conti li ha fatti Elsevier, casa editrice specializzata in pubblicazioni scientifiche.
“Da trent’anni a questa parte, oltre alla nostra consueta attività, abbiamo messo assieme un database che si chiama Scopus, tramite il quale monitoriamo tutte le pubblicazioni mondiali usando dati bibliometrici” dice a StartupItalia Claudio Colaiacomo, Vice President Global Academic Relations di Elsevier.
“Partendo dai metadati, è possibile realizzare molte analisi e inferenze. Ci siamo chiesti quale fosse l’impatto dell’Ucraina nel dibattito accademico prima della guerra, i Paesi con cui collaborava di più, se queste collaborazioni fossero fruttuose meno”.
L’Europa è il partner principale per i ricercatori ucraini
Elsevier ha analizzato la produzione accademica del Paese tra il 2016 e il 2021 mettendola a confronto con quella del resto d’Europa. Il quadro che emerge è quello di un paese vitale, con più di 95.000 paper prodotti negli ultimi sei anni.
I dati mostrano che, nonostante in generale la ricerca dell’Ucraina sia meno citata della media europea (EU28), considerando l’evoluzione degli ultimi sei anni si nota come la porzione di pubblicazioni ucraine ben citate (top 10% al mondo) è andata gradualmente salendo dal 6% del 2016 al 9,5% del 2021, indice di una decisa evoluzione in termini di qualità.
“Quello che emerge – prosegue Colaiacomo – è che l’Ucraina è sempre stata estremamente consapevole del proprio potenziale scientifico, e che questo aumenta significativamente il quando si parla di collaborazioni”.
Il 34% della produzione accademica dell’Ucraina – cioè circa 35.000 pubblicazioni dal 2016 ad oggi – è frutto di collaborazioni internazionali. Il 56% di questi lavori sono stati pubblicati in collaborazione con colleghi dei Paesi UE. Seguono Asia (15%), Nord America (13%), Medio Oriente (7%), Sud America (5%) e Africa (4%). Fra le collaborazioni più assidue con i paesi del blocco continentale è interessante notare che in testa troviamo la Polonia (9.000 pubblicazioni in co-autorato), al secondo posto la Russia e al terzo la Germania, rispettivamente con 8.000 e 6.000 paper. Francia, UK e Italia seguono con circa 3.500-4.000 pubblicazioni condivise con l’Ucraina.
Interessante approfondire gli ambiti di ricerca del Paese. Rispetto al resto dell’Europa, l’Ucraina predilige particolarmente i campi dell’ingegneria e della fisica: se la media europea della produzione scientifica in ambito ingegneristico è intorno al 18%, per l’Ucraina sale quasi al 27%. Allo stesso modo, se per la fisica la media Ue sfiora il 26%, in questo campo l’Ucraina tocca quasi il 33%.
Dal punto di vista della produttività degli istituti di ricerca, i più prolifici si trovano a Kyiv e sono la National Taras Shevchenko University e il Politecnico Igor Sikorsky; poi il Lviv Polytechnic National University a ovest (non lontano dal confine con la Polonia) e la Kharkiv National University, sita a Kharkiv, la seconda città più grande dell’Ucraina dopo Kyiv, localizzata a nord-est a soli 40 chilometri dal confine con la Russia.
I rapporti con l’Italia
Dal 2016 ad oggi ci sono state quasi 3.500 collaborazioni di ricerca che hanno coinvolto simultaneamente ricercatori ucraini e ricercatori italiani.
È interessante notare, spiega Elsevier, come l’impatto di questo rapporto di ricerca collaborativa (FWCI 4.51) sia ben più alto dell’impatto generale della ricerca sia ucraina (FWCI 0.94) che italiana (FWCI 1.46): questo senza dubbio suggerisce l’importanza per entrambi i paesi di proseguire con la collaborazione. In questo senso è particolarmente interessante, infine, notare come, nonostante l’Ucraina abbia collaborazioni più intense con altri paesi (come ad esempio la Polonia, la Russia e la Germania), l’impatto della ricerca ucraina in collaborazione con l’Italia sia di gran lunga più alto, rispetto a quello in collaborazione con paesi blasonati come USA, Regno Unito, Francia e Germania.
Ne è consapevole il ministero dell’Università, che ha istituito un apposito Fondo da 500mila euro per finanziare misure di sostegno affinché studenti e docenti possano svolgere le proprie attività presso atenei, istituzioni per l’alta formazione artistica, musicale e coreutica ed enti di ricerca italiani. Gli strumenti attivati sono di varia natura. Per gli studenti, in particolare, sono previsti tutti i mezzi per garantire loro il diritto allo studio, partendo dalle borse di studio e dagli alloggi.
I rapporti di ricerca con la Russia
Se politicamente la tensione resta alta, c’è da augurarsi che la collaborazione scientifica tra Kyiv e Mosca non si fermi. Sono quasi 8.000 gli output di ricerca scientifica sviluppati nel periodo 2016-2021 in co-autorato russo-ucraino con un indice di impatto (FWCI) del 2,38, ben al di sopra del valore medio: dati che testimoniano la forza positiva che le partnership tra i due paesi hanno nell’ambito della ricerca. Anche in questo caso, sono due le principali aree di ricerca: fisica (47,8%) e ingegneria e tecnologia (24,6%); seguono al terzo posto le scienze umane, che contano l’8,1% delle pubblicazioni complessive. “Curiosamente”, conclude Colaiacomo, “quando la Russia pubblica da sola, l’impatto delle sue ricerche è il 25% più basso della media mondiale”.