Il nostro “Viaggio in Italia” fa tappa nell’headquarter dell’automotive italiana. Il direttore Enrico Dente: «Della nostra dotazione iniziale da 20 milioni di euro ne abbiamo già investiti 5. Le startup ne hanno attratti 7 milioni e mezzo. Tanta attenzione da parte di fondi esteri»
A Modena, precisamente in via Francesco Selmi, un acceleratore scommette sulle startup dell’automotive che fanno la differenza. Siamo nel cuore della motor valley emiliana, in un distretto fatto di tecnologie avanzate, competenze specialistiche e di una filiera allargata. Un grande ecosistema che vede gravitare attorno a se diversi enti, pubblici e privati. Tra questi, CDP Venture Capital con la sua rete nazionale degli acceleratori di cui Motor Valley fa parte, Unicredit, Fondazione di Modena, Crit Research (realtà modenese da sempre impegnata sul fronte tecnologico), e la piattaforma di open innovation Plug and Play, che tramite i suoi uffici internazionali gestisce il programma di accelerazione, oltre a un panel di esperti del settore.
L’iniziativa, avviata con una dotazione di 20 milioni, investe su progetti per l’industria dell’automotive lungo tutta la filiera con l’obiettivo di sostenere le migliori nuove idee imprenditoriali e mettere in contatto aziende strutturate con quelle più giovani su progetti innovativi. Nel cuore della motor valley, in questa nuova puntata del nostro Viaggio in Italia, abbiamo incontrato il direttore dell’acceleratore, Enrico Dente, che ci ha spiegato nel dettaglio di che cosa si occupa e quale è quel “quid” che ricerca nelle startup.
Leggi anche: A Napoli un ex archivio aziendale si trasforma in un polo di startup
Il primo acceleratore dell’automotive
«Questo è il primo acceleratore italiano dedicato al settore automotive – spiega Enrico – Le startup che ne fanno parte coprono l’intera catena del valore. Di fatto, c’è chi progetta componenti intermedi come la fibra di carbonio, chi i chip, fino all’auto completa. Si tratta di un programma intensivo di 5 mesi che vede al centro le aziende che lavorano con noi su progetti di open innovation internazionali».
Tutto questo ha la sua base a Modena certamente non a caso. «La scelta della location è ricaduta sulla motor valley. Qui un gran numero di attori circoscritto a una piccola area geografica caratterizza la crescita dell’ecosistema non solo con la propria presenza industriale ma anche attraverso la catena di fornitura, in un concetto più profondo di “open innovation”». A Modena le 4 Università dell’Emilia Romagna portano avanti una serie di corsi specializzati disegnati insieme alle aziende per formare ingegneri specializzati sulle necessità dell’industria. «L’acceleratore è nato nel 2021, oggi conta 24 startup di cui 5 hanno creato un’entità in Italia per fare business nel nostro Paese. Della nostra dotazione iniziale abbiamo già investito 5 milioni, queste startup ne hanno attratti 7 milioni e mezzo, soprattutto da parte di fondi esteri».
Le startup del Motor Valley
Nei team che fanno parte dell’acceleratore oggi lavorano 115 persone e sono nati 30 progetti di proof of concept. «Quello dell’automotive è un mondo complesso ma in continua evoluzione – spiega Enrico – E la mission dell’acceleratore è proprio quella di internazionalizzare queste realtà. Di fatto, chi prende parte al nostro progetto parla soltanto in inglese».
Tra le realtà più promettenti che hanno completato il percorso c’è la collaborazione tra Novac, Acus e Dallara. Novac, startup modenese, lavora su supercondensatori allo stato solido e modellabili, mentre Acus è focalizzata nello sviluppare un nuovo sistema per creare e utilizzare stampi nella produzione di componenti in fibra di carbonio al fine di ridurre i costi e migliorare la sostenibilità. La nota casa automobilistica Dallara ha collaborato con entrambe le startup alla sperimentazione di una copertura del motore sfruttando entrambe le tecnologie: lo stampo sostenibile ed economico di Acus e un accumulatore di energia incorporato di Novac.
«In questo modo si è riusciti a dare vita a un circolo virtuoso che lega il settore del motor sport a quello della sostenibilità e delle performance – racconta il direttore – La collaborazione è nata in tempi record: dall’avvio nel mese di giugno dello scorso anno, a metà ottobre il pezzo era finito e pronto per essere presentato. Oggi queste tecnologie vengono sperimentate nelle auto della Super Formula di Dallara per la parte posteriore dietro al conducente».
Ma questo non è l’unico caso di successo. «Ohoskin sta lavorando con Marelli per validare un prodotto per interni con l’obiettivo di offrire un autentico materiale circolare in grado di sostituire la pelle (sia animale che sintetica) con una qualità di lusso. Attualmente il progetto è in fase di test, ricerca e sviluppo», spiega Enrico. Nell’headquarter modenese l’ecosistema si fa sempre più fitto, anche grazie alla collaborazione con le Università. «Nei nostri progetti coinvolgiamo anche gli studenti. Ad esempio, in partnership con l’Università Bocconi proponiamo un hackathon a livello nazionale. Il progetto vincente si aggiudica una mentorship e la possibilità di entrare a far parte di questo ecosistema», conclude il direttore.