Terza puntata del nostro speciale sull’economia per la generazione dai capelli d’argento. Combattere la solitudine e il digital gap prenotando un assistente: identikit di “Nipote in affitto” e “UAF”
Prosegue il nostro viaggio alla scoperta delle realtà che si occupano degli over 65. In questa terza puntata il nostro sguardo si è affacciato sulle startup che offrono assistenza a coloro che, per impedimenti fisici o per scarse competenze, hanno bisogno di un supporto esterno per poter svolgere piccole attività quotidiane. Non ci siamo ancora inoltrati nel mondo della telemedicina (ma vi diamo una piccola anticipazione: lo faremo nella prossima rubrica) e non stiamo, infatti, parlando di salute, ma di compagnia e assistenza nelle piccole mansioni domestiche come può essere sintonizzare i canali della TV, uscire a fare la spesa, recarsi a una visita medica. Già, perchè la solitudine, per chi è costretto a farci i conti, spesso è una brutta bestia e in certi casi contribuisce a peggiorare le condizioni di salute, a volte anche più di un’influenza o di una malattia.
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Come ridurre il digital gap
L’invecchiamento attivo è una tematica che ha a che fare con tutti i Paesi europei: si è più longevi e si invecchia in condizioni migliori rispetto ai tempi passati. Ma con una differenza: molti dei sistemi che si utilizzavano prima, ad esempio per prenotare una visita medica o svolgere mansioni quotidiane, erano in presenza; adesso sono traslati nel web. Tutto questo ha creato un divario, noto come “digital gap“, che vede le nuove generazioni native digitali mentre gli over 65, ma spesso anche under 65, spaesati e confusi dinanzi all’utilizzo degli strumenti tecnologici. Proprio per colmare questo gap sono nate alcune startup come “Nipote in affitto” e “UAF” (Un Nipote on demand), che si occupano di aiutare gli over 65. La prima lo fa con un supporto tecnico a domicilio, permettendo alla persona di “affittare un nipote” per una o più ore; la seconda è più incentrata sull’aiuto nelle mansioni quotidiane, sempre “spedendo” un nipote a domicilio. Entrambe contribuiscono non solo a creare valore in termini di impatto sociale ma anche a colmare quel gap generazionale che spesso divide i più giovani dai meno giovani.
Nipote in affitto: come funziona
Due anni fa Valentina De Caro e Roberto Salamina, come tutti gli italiani, erano in lockdown. Valentina, lontana da casa, sentiva spesso i genitori lamentarsi del fatto che in quella circostanza, con le restrizioni con cui dovevamo noi tutti convivere, spesso non riuscivano ad aggiornare il cellulare, oppure a sintonizzare i canali della TV, alzare il volume della suoneria del cellulare o pagare una bolletta tramite Internet Banking. Un disastro per loro che facevano affidamento sull’aiuto di vicini e nipoti. In quel momento, Valentina, su LinkedIn, conosce Roberto che già aveva in mente di fondare una realtà per aiutare gli over 65. «Così, due anni fa, è nata “Nipoti in affitto”, con l’idea di fornire supporto a chi non è in grado di procedere in autonomia per problemi legati al digitale – racconta la cofounder – Abbiamo iniziato a promuovere il progetto e sono arrivate anche le prime candidature da parte di ragazzi in media under 30. C’è chi sta studiando, chi fa un altro lavoro e vuole integrare, chi è disoccupato. Tutti, però, condividono lo stesso obiettivo: creare valore sociale».
Per “affittare un nipote” che risponda a questo tipo di esigenze per una o più ore è sufficiente chiamare un numero al quale risponde la stessa Valentina che si occupa di fare matching tra le necessità degli over 65 e le competenze dei ragazzi preselezionati. «I giovani aiutano i meno giovani anzitutto a risolvere i problemi più urgenti, poi gli insegnano come sbrigare piccole mansioni con gli strumenti digitali in autonomia. Il match ci permette di tenere alto il livello di qualità e a capire se il metodo e l’approccio verso quell’utente è giusto. Alla fine del servizio, chiamiamo l’utente per capire come è andata e chiediamo al nipote di compilare un modulo in cui raccontare la sua esperienza». Tra le mansioni più richieste c’è, ad esempio, l’utilizzo dello spid, il recupero delle password, problemi con la connessione della TV, la prenotazione di visite online e l’utilizzo di strumenti di telemonitoraggio che in tanti hanno ma non sanno come sfruttare. «Non ricerchiamo nipoti con particolari competenze ma ragazzi che siano in grado di stabilire anche una relazione con il cliente – spiega Valentina – Per adesso, contiamo 45 nipoti che, dopo una fase di test, sono riusciti a superare il colloquio. Per svolgere questo lavoro direi che l’empatia e la pazienza sono le skills più premianti». E i risultati si vedono.
«Tutti i clienti, al termine delle prestazioni che in genere consistono in pacchetti da 3 assistenze, rinnovano – conclude Valentina – Per il momento ci troviamo su Bari, Palermo, Napoli, Bologna, Genova, Monza, Torino, Bergamo, Milano, Foggia. E il dato interessante è che su più di 180 clienti, il 75% sono donne. Mentre gli uomini tendono a chiamare per un’urgenza, le donne vogliono essere autonome e capire come utilizzare al meglio gli strumenti di cui hanno bisogno».
Cosa fa UAF
UAF o meglio “Un nipote on demand”, offre un servizio molto simile a “Nipote in affitto” ma non così specifico sulle competenze digitali. Infatti, con UAF, si può prenotare un nipote anche per andare a svolgere le commissioni, andare a fare la spesa o pagare una bolletta. Anche in questo caso, Cecilia Rossi e Matteo Fiammetta, i due cofounder, hanno sperimentato sulla propria pelle che cosa significasse la solitudine durante il Covid.
«Abbiamo pensato molto alle nostre nonne e agli anziani che vivevano l’isolamento sociale e abbiamo cercato di mettere a punto un servizio che offrisse non solo assistenza sociale ma anche mentale, in una relazione di scambio – spiega Cecilia – I nostri “nipoti” propongono attività assistenzialistiche e altro a domicilio e fuori casa. Si tratta di un’offerta customizzabile, destinata anche ai caregiver, che si basa sul matching tra giovane e anziano tramite un algoritmo di cui siamo proprietari». UAF è nata a Milano e oggi è attiva in più di 15 città, dal Centro Nord al Sud Italia.
«Stiamo pensando a come avere la presa in carico del paziente a 360 gradi, sia dei bisogni medici che di quelli sociali, creandogli attorno un sistema di assistenzialismo completo che si prenda cura non solo della persona anziana ma anche della famiglia. Lo facciamo con ragazzi che hanno voglia e bisogno di fare questo servizio. E la soddisfazione più grande arriva quando un over 65 ci manda un messaggio o ci telefona per dirci quanto si sia trovato bene», conclude Cecilia.