Oltre 20mila startup Tech sul territorio francese, contro le 14mila italiane, ma la Francia guarda con attenzione all’Italia Green
Conta più di 20mila startup impegnate nel Tech la Francia, a differenza delle 14mila italiane, affermandosi, dopo la Gran Bretagna, il più grande ecosistema europeo del settore. Il network che ruota attorno al comparto del Tech Oltralpe conta 5.000 business Angels, 100 venture capitalist e, più in generale, una grande community presente in diversi Paesi, anche a Milano. I dati sono stati presentati durante l’evento “French & Italian Tech: Italia-Francia unite per uno sviluppo sostenibile”, organizzato da French Tech Milan, la community che in Italia riunisce l’ecosistema delle start-up innovative francesi ed italiane.
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Con 21 unicorni all’attivo (di cui 11 new entry solo nel 2021), 11,7 miliardi di euro investiti (+ 100% rispetto al 2020, 15 volte il valore registrato nel 2014) e con 15 mega round da oltre 100 milioni di euro (di cui 8 da oltre 250 milioni di euro), l’ecosistema francese delle startup è considerato oggi uno dei più importanti sulla scena internazionale. La French Tech guarda ora all’Italia come partner nel settore del Green. Confrontati con i dati che emergono dal paper stilato da StartupItalia, che conta quasi un miliardo di finanziamenti per tutte le startup italiane nei primi sei mesi del 2022, il settore del Tech, in Italia, vede impegnato il 75% delle startup nel digitale, mentre il 16% nell’industria manifatturiera, con il 43% di lavoratrici di genere femminile.
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Italia – Francia a cosa è dovuto il gap nell’ecosistema startup
“Gli investimenti in startup francesi sono 8 volte più grandi di quelli in startup italiane – ha affermato Emanuele Levi, partner di 360 Capital durante l’incontro – E se, da un lato, tra Francia, Italia e Spagna ci sono molte affinità culturali, da un altro per un’azienda francese non è semplice lanciarsi in Italia perché le normative fiscali ostacolano la trasparenza”. Non è, dunque, soltanto un problema di investimenti che incentiva molto di più il Governo francese, a differenza di quello italiano, ma anche di normative burocratiche e fiscali. “In Italia si deve anche ripensare il modo in cui funziona il tessile, dalle materie prime utilizzate alla filiera della circolarità – continua Levi – In questo settore, l’automazione rappresenta un grande punto di svolta per il Fashion Tech. “L’Italia è più indietro rispetto ad altri Paesi, ma sta affrontando una sfida – spiega Leonardo Giagnoni, direttore generale di Italian Angels for Growth – Angels for Growth, in questo senso, l’Italia rappresenta un punto di riferimento per i business angels. L’innovazione non ha barriere né confini e quando investiamo all’Estero, diamo una mano all’Italia a investire nel nuovo mercato con l’ottica di diffondere la tecnologia. La stessa Italian Tech Alliance cerca di far capire che la startup sono imprese, posti di lavoro e tecnologia ma c’è bisogno di più internazionalizzazione dentro gli stessi ecosistemi, anche perché soprattutto le prime fasi seed sono molto relegate all’iniziativa privata e i business angels, oggi, non sono più verticali ma orizzontali: guardano a tutti i settori dell’innovazione“.
Perché le startup della French Tech puntano sull’Italia?
“La Francia è interessata in particolar modo all’Italia nel Green Tech, dove il nostro Paese si afferma leader europeo vantando un 79,3% di rifiuti che vengono avviati a riciclo – spiega Paola Trecarichi, presidente di French Tech Milan – In particolar modo, l’Italia, rispetto ad altri Paesi europei è più concentrata sullo sviluppo degli assets per portare a termine gli otto temi strategici della Green Economy. Inoltre, da un punto di vista culturale i due paesi sono molto simili anche se questo non si nota in termini numerici principalmente perché in Francia sono molte di più le politiche governative che finanziano e incentivano l’ecosistema delle startup. La Francia è oggi uno dei paesi leader dell’innovazione europea, puntando, soprattutto in settori come quello del Fashion, del Green, dell’E-commerce, dei Pagamenti Digitali, dell’Immobiliare e aspira alla nascita di almeno 100 unicorni entro il 2032. Con l’Italia al fianco la French Tech vuole creare una community ancora più grande, anche a livello locale, che spinga sulla creazione di più partnership e ambienti di lavoro condivisi anche alla luce del Trattato del Quirinale siglato a novembre dello scorso anno“.
Cosa fa la French Tech in Italia e all’estero
French Tech Milan, creata nel 2016, è una delle prime community ufficiali della French Tech (oggi se ne contano 63, sparse in 50 Paesi) ed è nata con la finalità di aggregare, sviluppare, promuovere e coordinare l’ecosistema delle aziende della French Tech sia a livello locale che internazionale, rafforzando i loro legami con tutti gli attori dell’innovazione in Italia. In questo contesto, si inserisce l’impegno dell’Italia e della Francia per collaborare allo sviluppo strategico del digitale e della green economy. In Francia la French Tech è nata a fine 2013, lanciata proprio dal Governo francese, per promuovere, sviluppare e accrescere l’ecosistema delle startup tecnologiche innovative ad alto potenziale che riunisce tutti gli stakeholders in Francia e all’estero. L’ecosistema French Tech è composto da imprenditori, investitori, incubatori, acceleratori, ricercatori, designers, sviluppatori, associazioni, influencer, media… Tutti questi attori sono coinvolti nella crescita della cosiddetta “startup community“. La French Tech non riguarda solo il settore digital, ma include tutte le aree dell’innovazione: FinTech, Retailtech, Healthtech, Cleantech, Agritech, e molte altre. La community French Tech in Italia riunisce tutti gli attori delle relazioni economiche franco-italiane in ambito Innovation.
Il digitale è, e potrà essere, sostenibile?
Uno dei tanti dilemmi del digitale è se questo sia sostenibile. Pensiamo ai grandi data center, alle grandi infrastrutture digitali quanta energia consumino anche soltanto per raffreddare i server, costantemente a lavoro. E’ davvero possibile, dunque, costituire data center sostenibili? Durante l’evento di French Tech, Davide Suppia, country director Italy & Vice President Sales di Data4, ha portato il suo esempio: “In Francia vantiamo 120 ettari di infrastruttura per i nostri data center. Il grosso dell’energia viene usato per raffreddare i server, dato che ce ne sono migliaia ma, allo stesso tempo, stiamo portando avanti un progetto di rigenerazione del calore prendendo aria fredda da fuori, filtrandola grazie a filtri simili a quelli utilizzati nelle sale operatore e portandola dentro”.
Il tema del riciclo e del riuso è sempre centrale, come ha spiegato anche Roberto Liscia, presidente di Netcomm: “Passare da un’economia lineare a una circolare resta un must per qualsiasi tipo di business oggi, che deve creare standard e definizioni dei criteri per ridurre l’impatto ambientale. I prodotti non sono concepiti all’origine per essere competenti nell’ambiente; per questo i business esistenti devono adottare una trasformazione mentre quelli nascenti devono partire dai bisogni, passando per la blockchain, i dati e la sensibilità del consumatore. I data center sono il pilastro della digitalizzazione e man mano che andiamo avanti, il digitale consumerà di più: a partire dal metaverso, pertanto bisogna ragionarci sopra. Tutto questo può nascere se sappiamo usare bene progetti, se conosciamo bene consumatore e le tecnologie. Oggi il digitale consuma il 6% di energia; in futuro toccherà il 25%”.
Durante l’evento, Sara Trevisanato, managing director di Sia Partners/Greenly, ha presentato una ricerca che constata che il 74% degli intervistati si è detto disponibile alle green banking e l’82% ha ammesso che gli operatori del tech e del banking possono contribuire alla transizione verso l’ecosostenibilità.
Sul tema è intervenuta anche Layla Pavone, coordinatrice del Board per l’Innovazione e la Trasformazione digitale del comune di Milano: “A Milano si sta facendo un grande lavoro sulla smart city. Ad esempio, abbiamo introdotto i sensori nei cestini ma sono pochi i cittadini che ne sono a conoscenza. Così come altre iniziative che stiamo portando avanti ma di cui gli abitanti non sanno niente. L’obiettivo è quello di fare una megaoperazione di openinnovation per portare tutti i cittadini verso una smart city sempre più all’avanguardia e generare servizi a valore aggiunto per i cittadini. Il tema del digital divide, poi, è sempre presente, ci si deve ancora interrogare se ci stiamo veramente occupando di tutti o se stiamo lasciando indietro qualcuno”.
Alex Bellini: cosa fare per essere più sostenibili
In chiusura è intervenuto uno dei più noti esploratori italiani; conosciuto per le sue imprese estreme come la traversata in solitaria su una barca a remi per 18.000 km attraverso l’Oceano Pacifico, dal Perù all’Australia, in 294 giorni; la camminata attraverso l’Alaska, spingendo una slitta per un totale di 2.000 chilometri e, sempre a remi; la traversata dal Mar Mediterraneo all’Oceano Atlantico per 11.000 km per 227 giorni: Alex Bellini. A Bellini abbiamo chiesto se la tragedia della Marmolada fosse prevedibile e ci ha risposto così: «Per chi quel territorio lo conosce non è stata una sorpresa. Spesso sbagliamo a vedere il futuro come qualcosa di estremamente lontano, pensando che: “Tanto non capiterà a noi, tanto chissà quando potrebbe succedere“; questo atteggiamento non giustifica le nostre azioni».
Alex Bellini dal 2019 è impegnato anche nel progetto 10 rivers 1 Ocean, con l’obiettivo di navigare i dieci fiumi più inquinati al mondo «Come una stella polare, mi faccio guidare nei luoghi più compromessi come l’isola di plastica, raggiunta nel 2019, o lungo fiumi come il Gange o il Nilo, dove scorre l’80% della plastica terrestre che poi inquina gli oceani – racconta l’esploratore – Sul tema le istituzioni devono fare di più: si devono incentivare campagne di comunicazione e sviluppare un’etica di attenzione verso il prossimo; ancora poco matura. L’innovazione tecnologica e la sostenibilità sono concatenate in uno stretto legame causa-effetto ma dobbiamo essere coscienti del fatto che oggi abbiamo così tanti strumenti a disposizione per intervenire sulla sostenibilità come mai prima d’ora. Questo è un momento decisivo per il nostro futuro; per quello dei nostri figli e delle prossime generazioni e, pertanto, ora si deve intervenire sul concetto di leadership, che deve essere più trasparente e più compassionale ed empatica verso l’ambiente; sulla trasformazione del nostro sistema economico perché immaginare un capitalismo sostenibile è ancora un paradosso, e superare lo stesso concetto di sostenibilità verso l’economia rigenerativa, circolare, che sostituisce la parola “rifiuto” con “risorsa“. Essere sostenibili proprio questo: efficientare le risorse».