Con i 3 miliardi di dollari ottenuti dai giapponesi, la valutazione della startup del coworking sale a 42 miliardi. Meglio di lei solo ByteDance, Uber e Didi Chuxing
Quanto vale WeWork? La risposta è 42 miliardi di dollari, cifra che ne fa la startup americana più quotata al mondo dopo Uber e quarta a livello globale dietro a ByteDance e Didi Chuxing. A far impennare le azioni dell’azienda che offre spazi di coworking è Softbank, holding finanziaria giapponese che spazia da servizi di telefonia al marketing, dai semiconduttori alla banda larga, dalla telefonia mobile a internet. Principale investitore di WeWork, il gigante di Tokyo si è impegnata in un warrant da 3 miliardi di dollari in base al quale può acquistare azioni WeWork per 110 dollari a pezzo entro settembre 2019. L’accordo segue quello dell’anno scorso, quando Softbank ha investito 4,4 miliardi di dollari mediante il suo Vision Fund, un fondo da 92 miliardi di dollari finanziato anche dall’Arabia Saudita (un dettaglio che dopo la morte del giornalista saudita Jamal Ahmad Khashoggi ha creato molte polemiche negli Usa), per acquistare una quota di poco inferiore al 20%.
Dai freelance alle grandi aziende, tutti scelgono WeWork
I giapponesi, inoltre, credono così tanto nelle potenzialità di WeWork che, secondo le indiscrezioni raccolte dal Wall Street Journal, hanno intenzione di aumentare l’investimento a circa 15-20 miliardi di dollari per avere la maggioranza della startup con base a New York (che su 10,6 miliardi raccolti finora, ne ha ricevuti 8,65 miliardi dai nipponici). Ma perché mettere sul piatto cifre così grandi per una realtà che non vende prodotti né software, contando quindi su margini di profitto inferiori ai colossi del comparto hi-tech? La startup co-fondata da Adam Neumann e Miguel McKelvey (il primo è il Ceo, il secondo il direttore creativo) si definisce come una piattaforma per creativi che mette spazi e servizi a disposizione di imprenditori, freelance, startup, piccole imprese, artisti e filiali di grandi aziende (diverse filiali di Amazon, Microsoft e Bank of America affittano i suoi spazi).
Parola d’ordine: espansione
Nei giorni scorsi WeWork ha fornito parecchie informazioni rilevanti sul suo stato di crescita: al momento conta su circa 297.000 postazioni tra scrivanie intercambiabili, fisse e uffici privati distribuiti in 24 paesi e ha in programma l’apertura di altri uffici (tra cui Milano, Bruxelles, Mosca, Praga, Barranquilla, Porto Alegre, Brasilia, Curitiba, Guangzhou e negli Stati Uniti a Baltimora, Boulder, San Antonio, Las Vegas, Salt Lake City, Pittsburgh e Phoenix). Dettagli importanti riguardano la divisione degli spazi (50% nel Usa, 50% all’estero) e il loro grado di occupazione, che è pari all’84%. Nei primi nove mesi dell’anno in corso ha ottenuto ricavi per 1,25 miliardi di dollari per un fatturato che a fine anno dovrebbe superare i due miliardi di dollari. Dall’altro lato della bilancia, però, la continua espansione ha generato da gennaio a settembre 2018 perdite per 1,22 miliardi, che si aggiungono ai 933 milioni del 2017.
Community e servizi il tratto distintivo
Resta difficile pensare che un’azienda limita all’apparenza all’offerta di scrivanie ed uffici per lavorare, in zone delle città appetibili e quindi più costose della media, possa generare così tante attenzioni. Ma WeWork a differenza di aziende simili offre pure altro e molto passa dalla community di imprenditori e professionisti, centro focale dell’azienda. Incontri, confronti e contaminazioni, oltre a un’applicazione che consente a ognuno di connettersi con tutti gli altri membri sparsi per il mondo, sono gli elementi che permettono a singoli, team e piccole aziende di trovare persone e risorse utili per affinare il proprio business. Oltre a desk e divani e all’attenzione al design, nelle sedi WeWork sono arrivate palestre, punti ristoro, bar e pure scuole, come dimostrano i due recenti campus (a Denver e Chicago) annunciati dalla Flatiron School, mentre negli uffici giapponesi si trovano stanze per la meditazione e spazi per le preghiere. A facilitare la sintonia tra i membri ci sono i community manager, che supportano le aziende e organizzano eventi ogni giorno diversi, passando da una conferenza a pranzi con cucine tipiche. Su queste basi WeWork si sta diffondendo in tutto il mondo con estrema rapidità, nonostante finora non abbia ancora nessuna redditività. Un dettaglio, questo, che desta più di qualche preoccupazione tra gli analisti, anche grazie a Softbank, per ora, il serbatoio continua a essere pieno.