Sono sempre più numerosi e sempre più seguiti. Spesso si incontra il peggio della nostra società
Se volete gridare a pieni polmoni alla vostra cerchia di conoscenze social che la Terra è piatta e che l’allunaggio è stato girato nel box auto del presidente Richard Nixon ma siete stanchi degli sfottò dei “normali” che inciampano sulle vostre corbellerie e commentano denigrandovi, probabilmente anche voi, assieme a chi ogni mattino si sveglia convinto di essere un ravanello e che tutte le sue sfortune siano causa degli immigrati, starete meditando di trasferirvi su altre piattaforme, meno controllate, in cerca di qualcuno che vi capisca e apprezzi le vostre stramberie. Purtroppo esistono: non sono pochi i social che piacciono ai complottisti e che provano a fare concorrenza agli avversari di gran più noti evitando di operare un serio controllo sul materiale che viene diffuso e postato.
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Quei social che piacciono ai complottisti
Il più noto ovviamente è Parler. Pare diverrà la nuova Casa Nera virtuale, ovvero la tana in cui si rifugerà il presidente uscente Donald Trump e da cui indirizzerà i suoi strali verso tutto il resto del mondo a favore di una platea piuttosto selezionata: suprematisti bianchi, razzisti, xenofobi, odiatori seriali e semplici nazisti. «Non ci sono fact checker. Non ti verrà detto cosa pensare e cosa dire. Un agente di polizia non ti arresterà se hai l’opinione sbagliata. Credo che sia tutto quello che la gente vuole», così lo aveva pubblicizzato John Matze, founder di Parler.
Il social network oggi di Rebekah Mercer, miliardaria pro Steve Bannon, in realtà ha eccome un buon numero di regole: non si può inneggiare al terrorismo, minacciare o diffamare nessuno, così com’è severamente vietato parlare in termini positivi della droga, invitandone al consumo. A sorpresa è perfino meno permissivo di Twitter: non sono tollerati infatti i contenuti pornografici, mentre, è noto, il social azzurro è un immenso repository di materiale a luci rosse. Pare insomma che Parler si limiti soprattutto a tollerare l’ideologia razzista e becera, che altrove invece fa scattare giuste sanzioni.
MeWe esiste dal 2012 e conserva sempre l’obiettivo di imporsi su Facebook, anche se finora non gli è andata troppo bene, avendo appena superato i 5milioni di utenti, dei quali ovviamente è impossibile accertare l’identità. Anche MeWe è spesso ritrovo virtuale di estremisti per via della libertà di parola lasciata nei gruppi pubblici e contiene in più un servizio di messaggeria. Assieme a Gab è noto per essere la tana preferita dai militanti di estrema destra, perciò l’unico consiglio sensato è di tenervene lontani. C’è poi Sfero, che si vanta di non usare cookies per tracciare gli utenti. In realtà nessuno sa se sia vero o meno. E se il rispetto della privacy non sia violato altrimenti. Fatto sta che questo social, organizzato per “sfere” (Paese, argomenti) è divenuto presto il posto in cui i No Vax (e nell’ultimo periodo frotte di coloro che non credono al Covid-19 e inneggiano alla dittatura sanitaria) si scambiano presunti articoli a favore delle loro tesi farneticanti e materiale video.
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A proposito di materiale video, segnaliamo infine Rumble, una piattaforma di streaming con meno regole per quanto riguarda il rispetto dei diritti d’autore e dei contenuti dei filmati pubblicati. Insomma, come si vede non sempre regolamentare le condotte all’interno di una piattaforma significa porre censure: lasciati a loro stessi molti internauti trasformano i social in veri e propri sfogatoi in cui vomitare cretinate a ripetizione. Ma il fatto che i padroni di casa di tutti questi social che piacciono ai complottisti lascino fare per avere più utenti non significhi che la polizia postale e la magistratura siano del medesimo avviso, perciò occhio a quello che scrivete e contate almeno fino a 10 prima di postare.