«Solo se cambieremo l’idea di chi siamo, potremo superare le sfide del nostro secolo». A pronunciare questa frase non è un filosofo bensì Federico Faggin, inventore del primo processore Intel 4004 nel 1971. Il suo contributo allo sviluppo dei processori e di quella che oggi definiamo “intelligenza artificiale”, è stato fondamentale. Nell’ottobre 2010 il fisico italiano ha ricevuto la Medaglia Nazionale per la Tecnologia e l’innovazione direttamente dalle mani di Barack Obama. Il padre di Faggin era un filosofo ma Federico era interessato a tutt’altro, all’aviazione. Voleva diventare un ingegnere aeronautico. Finì a lavorare per Olivetti nel ’60 quando aveva diciotto anni. L’anno seguente si trovò a progettare e costruire, insieme a quattro tecnici che egli dirigeva, un piccolo calcolatore elettronico. «Mi sono poi laureato in fisica nel 1965 all’Università di Padova perché volevo capire a fondo i transistor e bisognava imparare la fisica quantistica».
Agli inizi del ’68 si trasferisce negli Stati Uniti alla Fairchild Semiconductor, dove inventa la tecnologia MOS silicon gate che permette di realizzare le prime memorie a semiconduttori e i microprocessori. Fonda la ZiLOG nel ‘74, la prima azienda dedicata esclusivamente ai microprocessori. Nel 1986 inizia a sviluppare una tecnologia MOS analogica per l’apprendimento. «All’epoca mi consideravano un pazzo ma era l’inizio dell’intelligenza artificiale basata sulle reti neurali». Faggin cercava di capire come funzionasse il cervello umano. Il profumo di una rosa, il sapore della cioccolata, l’amore per un figlio, sono solo impulsi elettrici del cervello replicabili? La risposta era no. «Mancava un passaggio tra gli impulsi elettrici e quello che proviamo dentro di noi, era la coscienza». C’è una piccola storia che può racchiudere il senso del lavoro di Faggin. Ci sono due monaci che guardano un ruscello, uno dice “come vorrei essere quel pesciolino rosso nell’acqua così felice”. L’altro monaco risponde “come fai ad essere sicuro che sia felice se non sei il pesce”. La risposta, “come fai tu a sapere che io non lo sappia visto che non sei me”. Siamo tutti sicuri di possedere coscienza ma è impossibile dimostrarlo. Beethoven quando scrisse la quarta sinfonia, trasformò i suoi sentimenti in bit, la musica. Noi siamo in grado di ascoltare quei bit ma quali sentimenti provava Beethoven mentre ha composto la sinfonia? Impossibile saperlo. Ecco che si pone il problema della replicabilità dell’esperienza cosciente.
La tecnologia sta lavorando per rendere i computer sempre più “intelligenti”. Potremmo forse un giorno avere dei droidi alla Star Wars ma saranno solo macchine che imiteranno l’esperienza umana. Potranno fare tutto quello che vogliamo senza provare niente dentro. L’essere umano ha invece un’interiorità fatta di sensazioni e sentimenti che gli permettono di conoscere sé stesso e il mondo. Il significato che ci portiamo dentro è completamente privato e possiamo solo in parte esprimerlo con simboli, ossia con parole e gesti. Come quando ci viene chiesto, “come stai”? La risposta solita è “bene grazie”, magari con un sorriso, ma cosa c’è dietro quelle due parole? Solo chi le ha pronunciate può saperlo. Ecco il mistero della coscienza che Faggin sta studiando da decenni. Ha creato una fondazione ed ha recentemente pubblicato il libro “Irriducibile” (ed. Mondadori) per dimostrare scientificamente la sua teoria. StartupItalia lo aveva già incontrato nel 2021, in occasione di SIOS Sardinia. Siamo tornati a confrontarci con lui sul tema che sta sconvolgendo il mondo: l’AI.
«La coscienza è un fenomeno puramente quantistico. I computer e i robot basati sui bit non potranno mai essere coscienti»
Professor Faggin, se riuscissimo a replicare la coscienza umana potremmo creare umanoidi veramente intelligenti. Perché, secondo lei, questo non sarà mai possibile?
La nostra esperienza cosciente, quello che proviamo dentro di noi, ha tre proprietà fondamentali. La prima: è un’esperienza ben definita e unitaria. Per esempio, se ascoltiamo il suono del mare, non è solo un suono per noi, è anche una mescolanza di sentimenti, nostalgia, gioia, definiti come qualia, non possiamo separare l’esperienza in parti separabili. La seconda: la nostra esperienza è privata. Per esempio, l’amore che provo per mio figlio lo posso provare solo io, non posso trasferire quel sentimento ad altri. Posso soltanto manifestarlo esternamente con un regalo, un abbraccio, una parola, ma il sentimento rimane privato perché è impossibile descriverlo completamente anche da chi lo prova. Come un bambino quando non riesce a comunicare e piange perché è frustrato. La terza proprietà: quello che possiamo raccontare della nostra esperienza, è solo una piccola parte di ciò che sentiamo. Guarda un po’ che queste tre proprietà sono esattamente le proprietà dell’informazione quantistica! Ecco perché la teoria che ho sviluppato insieme al Professor D’Ariano afferma che la coscienza è un fenomeno puramente quantistico. Ciò vuol dire che i computer e i robot basati sui bit non potranno mai essere coscienti. Faccio notare che uno stato quantistico si può rappresentare con molti quantum bit o qubit, dove ogni qubit rappresenta un’infinità di stati. Ogni punto sulla superficie di una sfera, mentre un bit rappresenta solo due stati, 0 o 1.
Se in informatica si riesce a copiare un bit, perché non si può copiare un quantum bit?
Il fatto che uno stato quantistico sia ben definito, non sia clonabile e quando si misura ci riveli soltanto un bit per ogni qubit, sono teoremi matematici di cui nessuno capisce il perché. La cosa straordinaria è che queste proprietà incomprensibili nel caso della materia sono esattamente le proprietà della nostra esperienza interiore! Ecco perché, quando cerco di esprimere un sentimento, non riuscirò mai a creare una copia di ciò che provo.
«Chat Gpt non comprende quello che dice mentre un essere cosciente comprende e crea. La comprensione non è un fenomeno algoritmico»
Eppure, nel cinema, ci piace immaginare un futuro dove i computer saranno un po’ “human being” anche se gli scenari sono sempre negativi, pensiamo ad HAL in Odissea nello Spazio o War Games
Il punto è che il computer si può comportare un po’ come un essere umano, lo stiamo vedendo con Chat Gpt che viene tanto esaltato. Però Chat Gpt non comprende quello che dice mentre un essere cosciente comprende e crea. La comprensione non è un fenomeno algoritmico. Lo scienziato pensa che prima venga la matematica e poi il resto, io invece dico no. Prima viene la conoscenza e il libero arbitrio della coscienza, che sono fenomeni creativi. Siamo noi che creiamo la matematica e gli algoritmi.
Quindi non concorda con la visione cartesiana “io penso quindi sono”? Lei sta dicendo che la coscienza viene prima della materia.
Quello che non condivido della visione cartesiana è che ci sia un dualismo tra mente e la materia, come se fossero due aspetti indipendenti della realtà. Nella mia teoria esiste il mondo interiore dell’esperienza cosciente, privata e semantica e il mondo esteriore della realtà simbolica, pubblica e condivisa. Le due realtà sono interdipendenti e sono rappresentate rispettivamente da informazione quantistica non-riproducibile e da informazione classica condivisibile. Si tratta di un monismo.
«I sogni sono l’esperienza più vicina alla coscienza»
Per semplificare, possiamo dire che l’esperienza più vicina alla coscienza, siano i sogni?
Sì. Il sogno in un certo senso ci mantiene connessi alla coscienza quantistica più vasta, di cui l’ego è la parte che si è identificata con il corpo e crede che la sola realtà sia quella dei fenomeni misurabili nello spazio-tempo. Per molti i sogni sono insignificanti e considerano realtà solo ciò che si può riprodurre in laboratorio, mentre tutto il resto non conta. Così facendo buttano via anche l’umanità che è ciò che ci distingue dalle macchine.
È forse questo il rischio più grande che vede nello sviluppo dell’Intelligenza artificiale?
§Mi preoccupa l’arroganza di chi vuole sostituire l’uomo con l’IA. Dovremmo invece creare strumenti che potenzino la complementarietà che esiste tra l’intelligenza umana e l’IA. In quegli ambienti non si parla mai di cuore, empatia, coraggio, compassione, è tutto solo razionalità, ma siamo folli? Dobbiamo buttar via i valori umani e la nostra natura spirituale per far piacere a chi vuole metterci in gabbia con i loro strumenti?
«Quando il corpo muore, la coscienza non muore»
Sam Altman, il fondatore di Open AI, pensa che l’IA possa ragionare ed agire meglio dell’uomo, quindi anche più intelligente. Cosa ne pensa?
Se definiamo intelligenza come operazioni aritmetiche per secondo, ha ragione Altman. Ma chi ha mai dimostrato che la nostra intelligenza è riconducibile al numero di operazioni per secondo che può fare il cervello? La fisica quantistica è infinitamente più vasta della fisica classica, è caratterizzata da qubit, non da bit. E come ho detto prima, la vera intelligenza richiede la coscienza e il libero arbitrio che sono fenomeni quantistici. Noi non siamo macchine! Anche il nostro corpo, che è una macchina quantistica e classica, non è paragonabile a un computer perché ha una complessità molto superiore. Ha mai visto lei un computer creare dentro di sé un altro computer e partorire? La nostra coscienza controlla il corpo, ma non ne fa parte. Esiste nella realtà quantistica più vasta che contiene lo spazio-tempo con il corpo. Quindi, quando il corpo muore, la coscienza non muore!
Nel suo libro racconta un episodio storico che mostra i rischi dell’intelligenza senza coscienza…
Era il 26 settembre 1983, in piena guerra fredda, il mondo si salvò dal disastro nucleare grazie al tenente colonello Petrov che non si fidò dei dati inviati dai satelliti che annunciavano l’imminente attacco di missili atomici lanciati dagli Usa contro l’Unione Sovietica. Petrov capì che era un errore e non comunicò l’informazione ai superiori. Cosa sarebbe successo se al suo posto ci fosse stato un militare addestrato ad obbedire senza discutere? O peggio ancora, se ci fosse stato un robot? Sottovalutiamo troppo spesso l’intelligenza umana
Eppure, siamo bombardati ogni giorno da notizie che ci dicono che l’intelligenza artificiale ci ruberà il lavoro.
Non potrà rubare tutti i lavori. Per esempio, l’ultima cosa che può fare un robot è l’idraulico. L’IA può fare più facilmente un lavoro d’ufficio che non l’idraulico. Solo questo dimostra quanto si sottovaluti la capacità umana di comprendere l’infinita varietà di situazioni che il cervello può gestire.
La scienza afferma che il libero arbitrio non esiste. Ogni nostra decisione è predeterminata da impulsi elettrici del cervello che agisce secondo schemi. Lei invece sostiene che il libro arbitrio esiste.
La scienza spiega la coscienza e il libero arbitrio come epifenomeni, cioè fenomeni illusori che non hanno potere causale. Quindi, quando il cervello non c’è più, anche loro non esistono più. Invece la coscienza e il libero arbitrio, in questo nuovo modo di vedere la realtà, vengono prima della materia, se per materia si intende l’aspetto condivisibile della realtà. Quello che proviamo dentro di noi invece non si può condividere. La nuova teoria con D’Ariano spiega che l’informazione quantistica descrive l’interiorità della natura perchè ha le stesse proprietà dell’esperienza cosciente e del libero arbitrio. Si tratta di un passo avanti straordinario!
«Sono convinto che solo se cambieremo l’idea di chi siamo potremo superare le sfide del nostro secolo»
Se la coscienza esiste prima della materia, quindi prima del corpo fisico, allora può esistere la vita dopo la morte?
Certamente! L’esistenza della fisica classica dipende dalla fisica quantistica, ma non viceversa. Ecco, quindi, che l’esistenza della coscienza non dipende dall’esistenza del corpo fisico, anche se l’esperienza cosciente di un ente incarnato dipende chiaramente dalla natura di quel corpo. Le centinaia di migliaia di esperienze di premorte sono un buon indizio che, quando il corpo muore, la coscienza non cessa di esistere. Gran parte dei fisici non è d’accordo. Loro pensano che esista solo la realtà degli oggetti classici che si muovono nello spazio-tempo. Ma l’esistenza dell’entanglement quantistico dimostra chiaramente che lo spazio-tempo deve far parte di un universo più vasto di cui e, per il momento, non si conosce quasi nulla.
Lei è uno dei pochi scienziati che affronta queste tematiche, perché è una mosca bianca?
L’interesse della scienza oggi è portare avanti progetti concreti, come nuove scoperte, creare nuove tecnologie, nuovi brevetti. Se lei chiedesse, perché lo spin di un elettrone ha quelle strane proprietà? Che cos’è il tempo? Perché la forza gravitazionale è 39 ordini di grandezza più piccola della forza elettrica? Nessuno lo sa e nessuno se ne occupa. Questo perché chi ha a disposizione i fondi vuole ottenere dei risultati pratici. È quasi tutto proiettato verso l’utilitarismo. Va bene ma non può essere il 100% della ricerca. Ci vorrebbe almeno un 20% dedicato allo studio profondo della realtà interdisciplinare che ci circonda.
È per questo che ha creato la fondazione Federico ed Elvia Faggin?
L’obiettivo della mia fondazione è finanziare questo tipo di ricerca di cui quasi nessuno si occupa. La missione è di dimostrare che la natura della coscienza è fondamentale e che questo cambia sostanzialmente la natura della realtà e la storia dell’evoluzione dell’universo. Il materialismo ha fatto il suo corso ed ha già dimostrato di essere solo una piccola parte della storia di chi siamo. Sono convinto che solo se cambieremo l’idea di chi siamo, potremo superare le sfide del nostro secolo.