Il primo film nel 1962, in piena Guerra Fredda. In 25 pellicole una marea di esperimenti, ma anche inesattezze scientifiche. Ne abbiamo parlato con Kathryn Harkup, autrice di “Scienza, morte e tecnologia nel mondo di James Bond”
«Chissà cosa potrebbe fare l’intelligenza artificiale con 007. Onestamente non saprei dire con esattezza dove i registi vorranno puntare, ma se seguiranno il loro istinto e le preoccupazioni attuali forse l’AI diventerà un tema importante in un film futuro». Kathryn Harkup, chimica di formazione votatasi alla comunicazione e alla divulgazione scientifica, è l’autrice di Scienza, morte e tecnologia nel mondo di James Bond (edito da Codice Edizioni). Un libro che si potrebbe presentare come un’operazione di debunking sulle gesta incredibili (e spesso irreali) dell’agente segreto britannico con licenza di uccidere. Ma sarebbe riduttivo. Come è emerso nell’intervista a StartupItalia, Kathryn Harkup è una fan della saga divenuta la spy story più famosa da generazioni. Un’appassionata che con questo lavoro scava ancora di più nella lore dei film, sbocciati dai libri di Ian Lancaster Fleming dagli anni Cinquanta in poi.
Un agente da Guerra fredda
Su StartupItalia raccontiamo la tecnologia e le sue ondate, che a volte avanzano per poi ritirarsi, e altre volte invece rimangono e cambiano il nostro presente. Così abbiamo chiesto come si potrebbe suddividere la storia di James Bond in ère tecnologiche. «Direi che la prima èra riguarda l’ossessione per l’energia atomica», risponde l’autrice ricordando che il primo film, Dr. No con Sean Connery, uscì nel 1962, all’apice della fase calda della Guerra fredda con la crisi missilistica di Cuba. «All’epoca c’era molta preoccupazione per le armi nucleari».
Un’altra èra è quella spaziale. «Emblematico il film Moonraker (uscito nel 1972 con il protagonista interpretato dall’attore Roger Moore, ndr). Si nota l’interesse per la tecnologia spaziale e per gli shuttle, che all’epoca era certamente attuale e ha preceduto di molto il lancio dello Space Shuttle da parte della NASA. James Bond, diciamolo, ha anticipato i tempi». Finzione cinematografica per emozionare e far sognare gli spettatori, ma anche visione che ha permesso di immaginare strumenti che oggi esistono. Proseguendo nella cronologia della saga incontriamo un’altra fase. «Ricordo la tecnologia stealth nell’era di Pierce Brosnan (007 dal 1995 con GoldenEye, ndr). Nell’era di Daniel Craig si è parlato poi di chi controlla le risorse: non solo petrolio ma anche l’acqua, con un focus su biotecnologie e nanotecnologie».
Film laboratorio
Secondo l’autrice del libro 007 ha avuto indirettamente un’influenza sulla tecnologia nel Novecento. Una sorta di fucina cinematografica per l’innovazione tecnologica. «Uno dei migliori esempi è il rebreather. Ai tempi di Sean Connery, in Thunderball, 007 aveva questo piccolo aggeggio. Lo appoggia sulla bocca per respirare sott’acqua per quattro minuti. Immagino ricicli l’ossigeno dal suo respiro, ed è stata un’idea brillante. A tal punto che diverse agenzie di intelligence si erano messe in contatto per chiedere come avessero fatto i registi, perché era il genere di cose che avrebbero trovato utile. Ma era solo un oggetto di scena: l’attore tratteneva il respiro».
Da scienziata, Kathryn Harkup si diverte a trovare le innumerevoli inesattezze nei tantissimi film di James Bond, come farebbe qualsiasi nerd appassionato di film, libri e fumetti. Cercherebbe di analizzare ogni frame, ogni pagina passandoli in rassegna. A pensarci, non c’è dichiarazione d’amore più plateale. «Le persone vanno a vedere l’ultimo film di James Bond per scoprire che macchina guiderà, che gadget avrà in dotazione. Sono affascinati dall’immaginazione dei registi che possono esplorare un universo inventato dove fondamentalmente possono fare quello che vogliono». Ad esempio fare esplodere ogni cosa con effetti spettacolari.
Le esplosioni sono reali?
Quante sono le scene che ritraggono l’agente di Sua Maestà, con immancabile smoking, farsi strada tra nuvole di fuoco con giusto qualche spolverata di detriti sulle spalle? «Le esplosioni vere e proprie, quelle che si ottengono con il TNT, non generano una palla di fuoco, ma solo un rumore molto forte e una grande nuvola di polvere. Non sarebbe molto eccitante da vedere al cinema, vero?». Così nei decenni la tecnologia si è fatta strada sui set dei film di 007. E la scienziata non si riferisce agli effetti speciali. «Le esplosioni dei film sono reali: non sono fatte a computer. Tecnici e persone molto esperte le hanno organizzate in modo da risultare perfette sullo schermo».
Senza fare spoiler, l’èra di Daniel Craig come 007 è terminata dopo 15 anni di onorato servizio (sugli schermi). In attesa di capire quando tornerà e quale sarà il suo volto, ci siamo divertiti a chiedere a Kathryn Harkup quali potrebbero essere le tecnologie della prossima èra di 007. Metaverso, intelligenza artificiale, visori? «Chissà – lancia la provocazione – forse ci sarà un James Bond ricreato dall’AI?». I fan potrebbero irritarsi anche se non sono pochi gli artisti digitali (non reali, per esser chiari) che starebbero conquistando il mercato. «Ma sono sicura che tornerà. Auguro al prossimo 007 la migliore fortuna perché è un ruolo difficile da affrontare. Il pubblico si aspetta molto».