In un futuro prossimo venturo le guerre verranno combattute dalle macchine. Grazie a sofisticatissimi algoritmi i guerrieri di metallo si scontreranno tra di loro in modo intelligente. Una conquista a prima vista dal momento che ci saranno meno perdite militari. Ma si continuerà a combattute sul campo. Anche se l’intelligenza artificiale guiderà le operazioni militari e molte battaglie si svolgeranno nel cyber spazio, quelle decisive si terranno in zone dove vive la popolazione civile. L’innovazione tecnologica applicata alle strategie belliche, in fondo, non è stata un bene per i non combattenti: dalla Prima guerra mondiale in poi il numero delle vittime civili è aumentato mentre quello delle militari è sceso. È questo un trend evidenziato dagli studi del progetto Correlates of war del Uppsala Conflict Date Program e che l’applicazione della AI alla macchina bellica non solo non cambierà, ma con molta probabilità accentuerà diventando una costante in guerra.
L’AI è già scesa in guerra?
Tanti i vantaggi dell’applicazione della AI alla guerra: velocità, precisione, efficienza e scalabilità delle operazioni. Strumenti basati sull’intelligenza artificiale come Fire Factory, un sistema avanzato di AI utilizzato dall’esercito israeliano per selezionare obiettivi di attacchi aerei ed elaborare dati per vari tipi di logistica militare, permettono di processare in pochi minuti informazioni che in passato richiedevano ore o giorni interi. Il sistema è inoltre in grado di ‘imparare’ dalle operazioni precedenti e quindi di migliorare le proprie prestazioni nel tempo.
Altro esempio il progetto Maven americano, un sistema costruito con potenti algoritmi il cui compito è identificare il personale e le attrezzature sul campo di battaglia. Ultimamente Maven è stato usato per lanciare razzi nello Yemen e contro navi di superficie nel Mar Rosso. Secondo il Pentagono Maven ha contribuito a restringere gli obiettivi degli attacchi in Iraq e Siria. I sostenitori della sua rapida adozione sono convinti che presto grazie ad AI il combattimento avrà luogo a una velocità superiore a quella che il cervello umano può processare.
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Le macchine sostituiranno anche i generali? Per ora questa prospettiva è ben lontana, sebbene l’intelligenza artificiale abbia potenziato i computer che ormai svolgono sei delle attività chiave del sistema decisionale in combattimento – un processo che termina con l’ordine di fare fuoco – la decisione finale è ancora saldamente in mano ai militari. Inoltre, le truppe in prima linea sono riluttanti ad affidare la propria vita a software ancora sperimentali e gli esperti di etica temono la prospettiva distopica di lasciare decisioni potenzialmente fatali alle macchine. Terminator, insomma, è ancora soltanto un film.
Maven è un antenato di ChatGPT, fa parte della famiglia dell’intelligenza artificiale che sta crescendo sotto i nostri occhi. Costruito nel 2017, il sistema usa le esperienze sul campo per il proprio apprendimento automatico, impara a selezionare sempre meglio gli oggetti in base ai dati di addestramento e ai feedback degli utenti proprio come un cervello umano ed esattamente come avviene con ChatGPT.
Cos’è il Maven Smart System
Dall’inizio della guerra in Ucraina, gli Stati Uniti stanno sperimentando il Maven Smart System per fornire la posizione delle attrezzature russe alle forze ucraine, che poi le attaccano con missili a guida GPS. È indubbio che per il Pentagono il conflitto è al tempo stesso una palestra di allenamento ed una biblioteca di apprendimento (si dice che durante i primi 10 mesi di supporto all’Ucraina, Maven sia stato sottoposto a più di 50 cicli di miglioramento), palestra e biblioteca che servono a migliorare l’uso degli strumenti di intelligenza artificiale per scopi bellici e ad migliorarne le strategia=e di utilizzo in un eventuale conflitto con la Cina.
Il ruolo chiave dei dati
In ultima analisi l’efficienza e l’eventuale superiorità delle armi guidate dalla AI dipendono dal numero di dati a disposizione e processati. In fondo anche le grandi vittorie dei generali del passato erano frutto della maggiore conoscenza dei fattori della guerra dei vincitori sui vinti. Napoleone vinse la battaglia di Austerlitz il 2 dicembre 1805 utilizzando preziose informazioni riguardo al territorio, al clima ed alle capacità belliche dei nemici per superarli in astuzia. Aveva un esercito più piccolo di 68mila soldati ma conosceva il terreno e il clima meglio dei russi e degli austriaci, che avevano quasi 90mila soldati.
Sui campi di battaglia si è sempre combattuta in primis la guerra dell’informazione ma l’entrata in gioco dell’intelligenza artificiale potrebbe ridurre i conflitti a questo tipo di scontro e rendere obsoleti fattori personali, come per esempio l miglior utilizzo dei dati da parte dei grandi generali rispetto agli altri. In altre parole, l’AI renderebbe obsoleta l’intelligenza dei futuri Napoleone e Giulio Cesare. Se ciò fosse ver, allora una nazione come la Cina, con una popolazione di un miliardo e mezzo di abitanti e 800 milioni di persone online avrebbe un vantaggio rilevante rispetto a tutte le altre: i dati prodotti e processati sono di gran lunga superiori a quelli degli altri Paesi.
Chi investe per far scendere in guerra l’AI
L’apprendimento dell’intelligenza artificiale sarà la chiave di volta delle guerre future. È su questo terreno che una rosa di startup già collabora con i governi. Tra i pionieri ci sono i fratelli Chen inventori del chip Cambricon-1A che ha fatto il suo debutto commerciale lo scorso autunno in uno smartphone Huawei annunciato come il primo “vero telefono AI” al mondo. In termini di architettura di chip specializzata nessuno li batte.
La Cina è cosciente del proprio vantaggio e lo sta sfruttando. A breve costruirà un parco tecnologico per l’intelligenza artificiale che vale 2,1 miliardi di dollari nella periferia occidentale della capitale, parte di ambizioso progetto politico che vuole far diventare la nazione il principale centro mondiale di innovazione dell’intelligenza artificiale entro il 2030, data in cui, secondo le previsioni, l’industria cinese di AI potrebbe valere 150 miliardi di dollari. Anche gli Stati Uniti sono coscienti del potenziale vantaggio cinese e così testano e allenano la loro AI bellica in Ucraina. La guerra fredda del futuro è già qui e si combatte a colpi di microchip.