A Boston è conosciuto come «l’imprenditore in bici». Ne ha una con cui pedala da anni, in giacca e cravatta, non importa quale stagione sia. «Ho deciso che la cambierò quando Electra Vehicles sarà famosa in tutto il mondo». Fabrizio Martini, classe 1986, vive nella città del Massachusetts dove si è specializzato e nel 2015 ha lanciato una startup per innovare nel settore delle batterie, dopo aver fatto una importante esperienza alla NASA e nel governo americano. «In Italia la teoria all’università sta al 70%, mentre negli USA al 30% – ci ha spiegato -. Qui ho passato notti su case study aziendali. L’America ti trasmette questo mindset lavorativo».
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Nuova puntata della nostra rubrica “Italiani dell’altro mondo”. Ritorniamo negli Stati Uniti per farci raccontare la storia di un imprenditore che opera in uno dei settori più importanti per il successo della transizione all’elettrico. «Tesla è venuta a conoscenza del nostro prodotto – ci ha raccontato Martini – e sono rimasti impressionati. Musk è divisivo, ma è il risultato che conta: Tesla e SpaceX stanno facendo numeri record. Sono appena rientrato dalla California e l’argomento Musk è frequente con gli investitori».
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Una tradizione di famiglia. Fare impresa
Che cosa ha spinto Fabrizio Martini a raggiungere gli Stati Uniti? Nel raccontarcelo è partito dall’esperienza di casa. «La mia famiglia per 130 anni è stata attiva nel business della floricoltura. Vendevamo in tutto il nord Italia». Nato e cresciuto a Milano, si è formato al Politecnico, dove si è specializzato in dinamica dei veicoli. «Mancava l’indirizzo su energy storage. Tra l’altro sempre di più si dice che servirebbe un indirizzo simile oltre a quello di ingegneria meccanica».
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La voglia di fare qualcosa di suo gliel’ha data l’America. Ha proseguito gli studi a Boston, presso la Northeastern University. «Rientra tra le top 20 negli Stati Uniti. Fanno internship obbligatori. A 22 anni entri in diverse aziende». Fabrizio Martini ha messo piede prima nel Dipartimento dell’Energia e poi in quello della Difesa. Infine alla NASA. «A 23 anni gestivo budget importanti per acquistare materiali innovativi». Su cosa ha lavorato? Argomenti classificati.
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In qualità di principal investigator alla NASA si è ulteriormente appassionato al nodo delle batterie. «Abbiamo ricevuto un contratto da 2 oltre milioni e dovevamo sviluppare sistemi energetici, pacchi batteria per l’esplorazione di Venere. Era il 2014 e l’Agenzia ci puntava molto. Ora il focus è sulla Luna con Artemis. Sono stato a Houston, Cape Canaveral, al Jet Propulsion Laboratory».
L’ossessione per le batterie
Nel corso di queste esperienze ha notato margini di miglioramento, in particolare per la sicurezza e l’affidabilità delle batterie. «Il software era quello che faceva la differenza. Performance e temperature elevate si gestiscono tramite quello». Grazie al deep learning, questo il ragionamento di partenza, si sarebbero potuti prevedere guasti e incendi, allungando pure la vita di ogni pacchetto.
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Sono i primi vagiti di Electra Vehicles, società in cui Fabrizio Martini ha destinato fondi di tasca propria. «65mila dollari. Poi lo Stato del Massachusetts ci ha dato 300mila dollari in due tranche, a fondo perduto. Ha aiutato parecchio. Se ci penso, in Italia le Regioni dovrebbero fare così: assegnare piccolissimi seed a imprenditori e a gente eccellente». Per costruire il software ha poi trasferito il suo primo brevetto nella startup.
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Che cosa fa Electra Vehicles?
Ma che cosa fa in sostanza Electra? «Sviluppiamo software B2B che diamo in licenza per la progettazione di nuove chimiche e nuove celle. Aiuta i produttori di batterie a inventare e a trovare nuove soluzioni». C’è poi la parte di analisi predittiva. «È un software che anticipa un fallimento di una batteria, un incendio. In sostanza lavoriamo dalla creazione fino al riciclo». E infine c’è il controllo adattivo. «Si tratta di una rete neurale che apprende dall’utilizzo delle batterie nel tempo e migliora le performance». Nella visione di Martini «un’auto elettrica con la nostra tecnologia», ha un’aspettativa di vita più lunga. «È un cervello intelligente per le batterie».
Coast to coast, in elettrico
Per testare il software Fabrizio Martini e il team lo hanno sperimentato su strada. «A giugno 2024 abbiamo preso una FIAT 500 e l’ho guidata da Torino fino a Londra passando per Parigi. Poi abbiamo installato la nostra tecnologia su un Cybertruck Tesla da 900 cavalli. A bordo c’erano tutti e quattro i nostri software». Il pickup ha viaggiato da Boston, East Coast, fino alla California, a Santa Cruz grazie al supporto di partner come AWS, Goodyear, Sella e Endeavor. «Lungo il percorso abbiamo fatto tappa al CES 2025 di Las Vegas».
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Nell’ex capitale dell’auto
Una storia così americana ha però una divisione pure in Italia, a Torino. Oltre a Boston Electra ha infatti aperto una sede alla OGR. Al momento il team conta su 50 persone e ha raccolto complessivamente 26 milioni di dollari in tre round. I prossimi passi – nell’auspicio del Ceo – dovrebbero permettergli di vincere la scommessa per acquistare una nuova bicicletta con cui spostarsi ogni giorno. «Il software è pronto per essere venduto in scala, abbiamo diversi accordi con case automobilistiche. Prevediamo dal 2026 al 2030 di essere a bordo di decine di milioni di veicoli». Non solo negli USA, ma anche in Europa e in Asia.
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Capire di più quel che succede e succederà a una batteria non è poca cosa. Lo scenario futuro, tra robotaxi e umanoidi domestici, suggerisce che le persone ne saranno circondate molto di più di quanto non lo siano già oggi. «Stiamo dialogando con alcune aziende di robot: nei prossimi cinque anni ce ne saranno milioni. Sono battery powered. Lì, ancora di più, è importante prevedere guasti, esplosioni, incendi».