L’obiettivo è riportare astronauti sulla Luna dal 2025. L’ecosistema dell’innovazione può dare una mano. «Gli investimenti nella space economy hanno un orizzonte meno opportunista. Senza contare che rispetto ad altri verticali tecnologici c’è meno hype»
Quanta tecnologia, software, hardware e materiali innovativi può contenere un razzo alto quasi 100 metri? Dopo il rinvio di qualche giorno fa, domani – sabato 23 settembre, alle 18:15 ora italiana – la NASA ci riproverà con il lancio di Artemis 1, il primo passo di un lungo percorso che punta a riportare l’uomo sulla Luna. Il costo complessivo del programma sfiora i 100 miliardi di dollari. Vi diamo una proporzione: in Italia, nel 2021, gli investimenti in tutte le startup sono stati di poco superiore al miliardo di euro. Questo significa che il mondo della NASA e quello delle giovani aziende non si incontrerà mai? Tutt’altro. E l’unione è destinata a rafforzarsi sempre di più. Ce ne ha parlato Raffaele Mauro, partner di Primo Space, il fondo di Primo Ventures dedicato alla space economy lanciato nel 2020. «Emergono in continuazione astro imprenditori. Fanno startup che fino a qualche anno fa sembravano impossibili». E il riferimento non è mica soltanto a Elon Musk e alla sua SpaceX.
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Tra storia e futuro
Facciamo prima un breve ripasso, per capire l’importanza del lancio di Artemis 1 in programma oggi. Gli ultimi astronauti ad atterrare sulla Luna sono stati quelli della Apollo 17, missione che poi avrebbe chiuso lo storico programma della NASA. Era il 1972 e nessuno ci ha più fatto ritorno. Se tutto andrà bene con Artemis 1 e poi Artemis 2, dal 2025 Artemis 3 avrà l’obiettivo di ricongiungere l’umanità con quel traguardo conquistato per la prima volta nella storia dell’umanità nel 1969. La Luna non è soltanto fascino, ma anche nuove scoperte, innovazione, oltre che tappa imprescindibile se vogliamo continuare nello sviluppo dell’esplorazione spaziale. Senza la Luna, in altre parole, sarebbe difficile fare il salto verso Marte e oltre.
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Artemis 1: l’Italia è a bordo
«Artemis 1 segna sicuramente un passaggio importante – ci ha spiegato Raffaele Mauro -. Perché dopo decenni si riattiva un programma di investimenti e di missioni per l’esplorazione lunare con la presenza di astronauti. Gli obiettivi sono ambiziosi, come quello di costruire infrastrutture. Penso al Lunar Gateway». La stazione spaziale che verrà introdotta nell’orbita lunare è soltanto uno dei progetti, ai quali si aggiungerà tutto quel che concerne gli insediamenti, le basi lunari stabili in cui vivranno ricercatori e, chissà, i futuri turisti dello Spazio.
Se è vero che la space economy si è guadagnata una rinnovata popolarità a livello globale, forse non tutti sanno che dietro Artemis non c’è soltanto la NASA. Il livello di cooperazione per progetti simili è massimo. L’Italia, per esempio, è presente a bordo del lancio odierno con due aziende. L’ex startup Argotec e la società Altec. «Siamo poi coinvolti attraverso l’italo-francese Tales Alenia Space», ha aggiunto Mauro. Lo Spazio non è dunque soltanto appannaggio di Big Tech e agenzie governative, ma richiede il contributo dei talenti, come sempre di più se ne vedono anche in Italia.
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C’è spazio per tutti
«La space economy si trova a un tornante decisivo, frutto di una convergenza di fattori. C’è stata l’evoluzione tecnologica, con hardware e infrastrutture che costano sempre meno. Contano poi le nuove tipologie di lanciatori ,che possono operare a costi differenti. Tutto questo genera un volano per tante imprese private che si potranno espandere». Secondo Mauro ciò non significa che lo Spazio diventerà una prateria per soli soggetti privati. «Il ruolo delle agenzie e dei governi sarà anzi cruciale. Ma si sta costruendo un ecosistema privato».
“Nella space economy l’Italia è il quarto esportatore al mondo, il quinto paese per numero di brevetti, e il settimo per spesa pubblica in proporzione al PIL”
In un momento complesso per il nostro paese, conoscere lo stato dell’arte del nostro reparto aerospaziale – dalle startup alle grandi imprese – ci suggerisce una possibile strada di sviluppo e di crescita, oltre a una narrazione diversa del sistema paese, spesso percepito (a ragione) come poco competitivo. «L’Italia ha avuto una storia economica interessante per quanto riguarda lo Spazio: a differenza di quanto accaduto in altri settori industriali, qui abbiamo mantenuto posizioni interessanti». Qualche numero a riguardo è stato pubblicato dal Centro Studi di Intesa San Paolo.
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Il ruolo dell’Italia
«L’Italia è il quarto esportatore al mondo nell’ambito dell’industria spaziale, il quinto per numero di brevetti, e il settimo per spesa pubblica in proporzione al PIL. In Europa siamo i terzi per volumi di contributi all’Agenzia Spaziale Europea». Se zoomiamo dal quadro generale al contesto startup, scopriamo che l’ecosistema è in crescita e può ambire a risultati di rilievo. Sempre a determinate condizioni. «Se dovessi dare un semplice suggerimento a chi opera da poco nel settore è di pensare da subito in ottica internazionale».
“Finora abbiamo investito circa 18 milioni di euro in otto imprese”
La visione di Primo Space
Come vi abbiamo raccontato su StartupItalia, Primo Space è un attore recente che ha già concluso operazioni in Italia e in Europa. «Finora abbiamo investito circa 18 milioni di euro in otto imprese. Stiamo chiudendo altri deal in questi giorni. Ricordo che i fondi di VC hanno la durata di dieci anni: investono il grosso delle risorse nei primi cinque per poi monetizzare gli investimenti». Primo Space non guarda soltanto all’Italia, ma a Unione Europea, USA, Svizzera, Israele e UK.
La presenza di startup a bordo del progetto Artemis lancia una sfida a imprenditori, sviluppatori e ricercatori. La competizione è alta, ma le innovazioni richieste continueranno ad aumentare. E con esse gli investimenti pubblici e privati. «Do due esempi di ambiti in cui credo ci sarà sempre più interesse: l’utilizzo dei dati satellitari per applicazioni a terra su agricoltura e tutela dell’ambiente; l’interazione tra spazio e cybersecurity, perché l’economia di internet è sempre più fusa con l’infrastruttura spaziale».
“Gli investimenti nella space economy hanno un orizzonte meno opportunista. E poi il rischio hype è minore”
Lo spazio non ammette hype
In base anche ai nostri dati, il 2022 non è un anno negativo per quanto riguarda gli investimenti in startup in Italia. I numeri, anzi, sembrano suggerire un trend in aumento rispetto all’anno scorso. Eppure si legge di inverno dei capitali e di stretta ai costi per superare il difficile periodo di inflazione, crisi della supply chain (e aggiungete voi gli altri problemi che vi sembrano più rilevanti). «Rispetto ad altri ambiti del Venture Capital – ha concluso Mauro – riscontriamo il fatto che le imprese del settore stanno gestendo bene il momento. Questo accade perché investimenti del genere, pubblici e privati, hanno un orizzonte meno opportunista. Senza contare che rispetto ad altri verticali tecnologici c’è meno hype. Rispetto al mondo crypto, per esempio, è molto meno probabile che arrivino imprenditori con un’idea molto vaga».