Senz’altro una delle società in ambito AI più attive: stiamo parlando di Perplexity, che pochi mesi fa si era fatta avanti per rientrare nell’affare di TikTok, il social cinese che da mesi è appeso alle trattative negli USA per evitare il ban (il presidente Trump continua a prorogare la scadenza). In attesa di capire l’esito di questa storia ce n’è un’altra in cui Perplexity ha deciso di tentare il colpo. Secondo il Wall Street Journal la società avrebbe fatto un’offerta a Google per acquisire il browser Chrome con 34,5 miliardi di dollari.

Perché Perplexity vuole acquisire Chrome da Google?
Fin da quando se ne è cominciato a parlare, Perplexity è stata descritta come la Google dell’AI, proprio per la sua interfaccia e il suo proporsi come motore di ricerca potenziato. L’offerta a Google è in termini economici superiore al valore del browser, inferiore ai 20 miliardi di dollari. Ma perché fare un’offerta così alta?

Sappiamo quanto da anni le Big Tech vengano prese di mira da enti regolatori e tribunali rispetto al proprio potere sul mercato. In alcuni casi i giudici si sono espressi dicendo che sono stati formati dei monopoli illegali, che sia per la pubblicità online o per la ricerca. Nel caso di Google c’è una sentenza dello scorso anno nel quale il giudice Amit P. Mehta si è espresso senza mezzi termini: «Google è un monopolista e ha agito come tale per mantenere il proprio monopolio».

Lo stesso Mehta si dovrebbe esprimere a breve su come correggere la situazione e ripristinare una situazione commerciale di concorrenza nel segmento della ricerca online (proprio quello interessato dai browser). Si può leggere in questi termini l’operazione di Perplexity, che alle spalle avrebbe fondi di VC e investitori pronti a salire a bordo di questa acquisizione notevole nel mercato tech americano. Il fatto che ci sia un acquirente là fuori spingerà il giudice a costringere la Big Tech guidata da Sundar Pichai a vendere?
Negli Stati Uniti è un periodo di grande fermento per quanto riguarda il settore tecnologico, anche per via di un certo protagonismo da parte di Trump. Dopo che buona parte dei Ceo delle Big Tech si è messa in prima fila all’insediamento del tycoon lo scorso gennaio, sono iniziate diverse trattative e incursioni di Trump. Nvidia e AMD garantiranno il 15% delle vendite dei propri chip in Cina alla Casa Bianca; il presidente nelle scorse settimane si è addirittura spinto a chiedere le dimissioni del Ceo di Intel Lip-Bu Tan per via dei suoi presunti legami con la Cina (lo scandalo è rientrato).