La rassegna stampa internazionale curata dalla startup innovativa Storyword. I temi che hanno tenuto banco sulla stampa estera durante la settimana
La piattaforma social di Elon Musk sta violando le proprie politiche volte a limitare la visibilità dei media cinesi e russi controllati dallo stato. Dal 2020, Twitter ha iniziato ad adottare alcune misure rivolte specificatamente agli account ufficiali dei governi e dei media controllati dallo stato: dall’etichetta per riconoscerli all’impedirgli di apparire nei risultati di ricerca, fino alla segnalazione dei tweet che contenevano collegamenti a siti controllati dal governo come RT.com o il Global Times. Semafor ha recentemente condotto un test, scoprendo che la piattaforma non applica pienamente queste misure. Per completare il quadro, il giornalista di Voice of America, Wenhao Ma, ha scoperto che la piattaforma aveva anche iniziato a raccomandare automaticamente agli utenti contenuti sostenuti dal governo cinese attraverso la pagina (gestita da un algoritmo) “For You”. In linea con il suo recente stile comunicativo, Twitter, che ha eliminato il team dedicato alla comunicazione, ha risposto a una richiesta di commento via email con una emoji delle feci (la sua classica risposta automatica). A seguito dell’acquisto da parte di Musk, molti esperti si sono chiesti come avrebbe trattato gli account associati al governo cinese, dato che Tesla ha interessi commerciali significativi con Pechino. A prescindere dalle sue intenzioni, è evidente che la Cina è più presente rispetto al pre-Musk. È anche vero che tali mosse non rappresentano un’anomalia nel mondo degli affari, esistono tante aziende (come Disney) che cercano di soddisfare le esigenze cinesi. La decisione di ammorbidire le misure rivolte a Cina e Russia potrebbe far parte di una strategia aziendale complessiva. O, in alternativa, si potrebbe considerare il fatto che il taglio di numerosi ingegneri abbia causato problemi tecnici nell’applicazioni di queste misure.
IA, Bloomberg non rimane a guardare
L’impatto dell’intelligenza artificiale nel mondo dei media è sotto gli occhi di tutti. Bloomberg non è rimasta a guardare e ha recentemente annunciato la creazione di BloombergGPT, una sorta di computer alimentato da tutte le informazioni e dati in possesso dell’azienda, che mira a battere la concorrenza grazie alle proprie specifiche capacità informative. Come riporta NiemanLab, BloombergGPT è stata addestrata su oltre 700 miliardi di token, contro i 500 miliardi usati da ChatGPT-3, rilasciato nel 2020 (OpenAI ha rifiutato di rivelare qualsiasi numero equivalente per GPT-4). Dei token utilizzati, 363 provengono dai dati di Bloomberg e 345 da altri “general purpose datasets”. In linea con altri LLM (large language model), BloombergGPT genera gli stessi output che conosciamo grazie a ChatGPT e modelli simili, ma può anche svolgere attività più strettamente connesse alle esigenze di Bloomberg. In quanto prodotto dell’intelligenza artificiale, è probabile che anche questo andrà incontro alle stesse critiche rivolte negli ultimi mesi ai creatori di ChatGPT. Da un lato, questo nuovo modello di Bloomberg potrebbe certamente ispirare altre testate giornalistiche. Dall’altro, dato l’incredibile ritmo dei progressi dell’IA nell’ultimo anno, potrebbe risultare presto una idea non così innovativa.
Internet, che delusione
Internet è stato una delusione economica, così Paul Krugman sul New York Times. La rete ha effettivamente prodotto una crescita economica tra la metà degli anni ’90 e la metà degli anni 2000, la cui portata tuttavia è stata modesta e breve. Inoltre, stando ai dati di Bureau of Labor Statistics, negli ultimi 25 anni (circa una generazione) l’ascesa di Internet non ha generato un grande boom della produttività. È anche vero che tra le aspettative e i dati effettivi bisogna considerare fattori che hanno contrabbilanciato una possibile crescita, come ad esempio il deterioramento dell’etica del lavoro o che i numeri ufficiali sulla crescita economica non riescono a catturare molti “guadagni invisibili”. Secondo il celebre opinionista, il punto chiave è che nessuno sostiene che Internet sia stato inutile: sicuramente ha contribuito alla crescita economica, ma le sue qualità non erano così eccezionali come certe scoperte tecnologiche precedenti e meno affascinanti. Il vero problema di Internet è che viviamo ancora in un mondo materiale: la maggior parte di ciò che consumiamo sono cose fisiche, che non sono state influenzate dalla rete. Krugman si sofferma infine sull’intelligenza artificiale. Siamo di fronte ad un fenomeno molto rilevante ma dalla storia di Internet dobbiamo aver compreso che le scoperte apparentemente affascinanti possono anche non essere particolarmente utili, e viceversa.