L’analisi domenicale, curata dalla startup innovativa Storyword, sui temi che hanno tenuto banco sulla stampa estera durante la settimana appena trascorsa
Un video su TikTok, in cui si chiede cosa succederebbe se l’India dominasse il Regno Unito, ha ricevuto più di 1,7 milioni di visualizzazioni. Sembra essere nato un nuovo trend, sulla piattaforma cinese, di creator che si divertono a riscrivere la storia tramite l’intelligenza artificiale. Rest of World racconta che molti di questi account, alcuni dei quali hanno già centinaia di migliaia di follower, creano contenuti immaginari in cui, ad esempio, non sono mai esistite le colonie delle potenze occidentali. Contenuti che diventano regolarmente virali poiché in grado di colmare una “lacuna nell’immaginazione”. Questa tuttavia non rappresenta una vera novità nel panorama dei social media, su YouTube erano già circolati video simili. Ma su l’app cinese il pubblico è ancora più ampio e i creator riescono ad attirare più utenti grazie a finte realtà realizzate con immagini generate dall’intelligenza artificiale. Nonostante la loro originalità, “molti di questi video di TikTok sono meno radicali di quanto potrebbero sembrare a prima vista”, sostiene Nayana Prakash, dottoranda presso l’Oxford Internet Institute.
L’IA rafforza il Partito Comunista Cinese
In Cina, il Comitato di controllo di Internet ha proposto lo scorso mese un pacchetto di regole sull’utilizzo dell’IA generativa, dallo sfruttamento dei dati all’interazione degli utenti. Si tratta di regole che si basano anche su quanto stabilito dalla Cyberspace Administration of China (CAC) sui deepfake, e secondo le quali i provider devono individuare dei meccanismi per gestire i reclami degli utenti qualora i contenuti violino i “diritti di reputazione” o la privacy personale di una persona. Dall’altro lato, nonostante le tutele che offrono al pubblico, i rigidi criteri di trasparenza sull’uso dei dati rafforzano il potere del Partito Comunista Cinese (PCC) in termini di censura e controllo dei cittadini. L’articolo 4 del regolamento, ad esempio, recita che i contenuti generati dall’intelligenza artificiale devono “riflettere i valori cardine del socialismo” ed “evitare: sovversione del potere statale, danno all’unità nazionale, informazioni false o contenuti che possono pregiudicare l’ordine economico o sociale”. In altre parole, così facendo le autorità limitano la capacità dell’IA generativa e garantiscono che i suoi contenuti siano in linea con il Partito. Come se non bastasse, scrive Rest of World, i provider di IA generativa sono tenuti a presentare i loro prodotti al CAC prima di essere rilasciati al pubblico.
Debutto amaro per The Messenger
The Messenger, nuovo sito di notizie, ha fatto il suo (tanto atteso) debutto questa settimana. Debutto che è stato criticato perché quasi interamente focalizzato sull’intervista a Donald Trump, in cui il tycoon ha replicato i messaggi lanciati durante il tanto discusso town hall della CNN. Ma le critiche non si sono limitate a questo, come racconta Poynter. The Messenger, che tratta di politica, economia, intrattenimento e sport, è una creatura di Jimmy Finkelstein, un investitore che in passato controllava The Hill e in parte The Hollywood Reporter. Finkelstein ha raccolto 50 milioni di dollari dagli investitori per il lancio del sito, che oggi conta 175 giornalisti tra New York, Washington e Los Angeles, ma che punta ad averne 550 entro il primo anno. Nonostante le nobili ambizioni, ossia pubblicare notizie imparziali e obiettive per contrastare la disinformazione, non tutti sono rimasti colpiti dal suo debutto. E non solo per l’intervista all’ex presidente americano. Molti lettori lo hanno definito “letteralmente illeggibile” per il tipo di notizie riportate, mentre alcuni esperti sostengono che in The Messenger non abbiano idea di cosa stiano facendo.